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Unfrosted, un'overdose di zucchero e comicità

Unfrosted, un’overdose di zucchero e comicità

5 minuti di lettura

Disponibile su Netflix a partire dal 3 maggio, Unfrosted – Storia di uno snack americano segna il debutto dietro la macchina da presa del comico americano Jerry Seinfeld, anche protagonista della pellicola insieme a un cast d’eccezione, composto su tutti da Melissa McCarthy, Amy Schumer, Jim Gaffigan, Max Greenfield, Hugh Grant e Peter Dinklage. Scritto da Seinfeld e dal suo team di sceneggiatori, Unfrosted racconta “una storia di ambizione, tradimento, zucchero e minacciosi lattai”, portando sul piccolo schermo – in chiave umoristica e satirica – la guerra all’ultimo granello di zucchero tra Kellogg’s e Post, le due aziende più influenti nel mercato dei prodotti per la colazione.

Quello attuato da Seinfeld è un esperimento anche piuttosto interessante. Potremmo definire Unfrosted come un “film di Schrödinger”, perché è un film a tutti gli effetti, e tuttavia al tempo stesso – influenzato da una scrittura che mette inevitabilmente le proprie radici nel mondo dello stand-up comedy – sembra essere essere piuttosto una lunga serie di sketch. In un film in cui tutto è volutamente paradossale e parodistico, si comprende a un certo punto quanto l’unico intento di Seinfeld sia strappare una risata allo spettatore, e non resta che accettare Unfrosted per quello che effettivamente è: un’overdose di zucchero e comicità.

Unfrosted: i cereali conquisteranno il mondo

Melissa McCarthy, Jerry Seinfeld e Max Greenfield in un'immagine di Unfrosted

Siamo a Battle Creek, nel 1963. Kellogg’s e Post dominano il mercato dei prodotti per la colazione – prevalentemente cereali – ma proprio quando i primi sembrerebbero essere sulla cresta dell’onda, un nuovo rivoluzionario prodotto potrebbe cambiare le gerarchie. Quella raccontata da Unfrosted è la storia – decisamente romanzata – di come siano nati i Pop Tarts, uno dei prodotti dolciari più amati dagli americani, il primo riscaldabile e ripieno di gelatina, quello che sostanzialmente ha rivoluzionato il mercato.

Per raccontare questa storia, Seinfeld crea un mondo perfettamente aderente a quella che è la comunicazione della Kellogg’s, una realtà parallela e infantile fatta di mascotte, adulti demenziali che ragionano come bambini e bambini in giacca e cravatta che giocano a fare gli adulti. Quello di Unfrosted è un mondo in cui i cereali sono la cosa più importante che esista, dove cinque famiglie decidono le sorti del settore in grottesche riunioni che scimmiottano le tresche mafiose, e i dirigenti aziendali si lasciano andare a frasi come “abbiamo scisso l’atomo della colazione”.

C’è evidentemente una certa teatralità nella messa in scena del film e, soprattutto, nella recitazione di tutti gli attori che si avvicendano di fronte alla macchina da presa, tornando proprio a quella sensazione di assistere a una serie di sketch comici piuttosto che a una narrazione coesa e coerente. Se a questo aggiungiamo il fatto che a far sorridere, spesso e volentieri, è prettamente l’assurdità del mondo in cui veniamo catapultati, anziché una comicità fin troppo demenziale, e per giunta sterile, non possiamo non sottolineare quanto Unfrosted finisca per essere un film più divertito che divertente.

L’America e il capitalismo

Un'immagine di Unfrosted, disponibile su Netflix

Unfrosted mette radici profonde all’interno della società americana. È chiaro che quello sia il pubblico di riferimento, perché d’altronde è la storia stessa ad essere fortemente legata agli Stati Uniti. L’approccio di Seinfeld è quello di rappresentare il capitalismo americano attraverso una satira che attinga a piene mani dall’iconografia degli anni ‘60, destrutturandola e prendendosi gioco, almeno in teoria, del mito capitalista. Con Unfrosted Seinfeld rappresenta i dirigenti d’azienda come bambini nel corpo di adulti, dissacrando quelle figure che, come si suol dire, “hanno fatto grande l’America”.

Il vero grande problema del film è che questa critica sostanzialmente non esiste, perché la sensazione è che non ci sia realmente l’intento di fare satira, che manchi purtroppo e sorprendentemente quella scorrettezza tipica degli stand-up comedy. Unfrosted è in fin dei conti, come sottolineavamo precedentemente, una sequela di sketch che soffre inevitabilmente di un’inesistente coesione narrativa, e nonostante gli appena 90 minuti di durata, riesce purtroppo ad essere ridondante. Una pillola che non va giù nemmeno con tanto zucchero.


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Sono Filippo, ho 22 anni e la mia passione per il cinema inizia in tenera età, quando divorando le videocassette de Il Re Leone, Jurassic Park e Spider-Man 2, ho compreso quanto quelle immagini che scorrevano sullo schermo, sapessero scaldarmi il cuore, donandomi, in termini di emozioni, qualcosa che pensavo fosse irraggiungibile. Si dice che le prime volte siano indimenticabili. La mia al Festival di Venezia lo è stata sicuramente, perché è da quel momento che, finalmente, mi sento vivo.

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