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Vincenzo Mollica, un cronista impressionista, impressionato e impressionabile

Fatica, passione e curiosità di un grande cronista del mondo dello spettacolo

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13 minuti di lettura

“Ho sempre lavorato cercando di mettere insieme tre elementi: fatica, passione e curiosità e questo mi ha permesso di diventare un cronista impressionista e impressionabile“. Così diceva di sé Vincenzo Mollica, critico, conduttore radiofonico e volto storico della Rai alla consegna del Premio Pietro Bianchi nel 2019.

Noto conduttore della rubrica di approfondimento del TG1 DoReCiakGulp dal 1998 al 2020, anno del suo pensionamento dalla Rai, Vincenzo Mollica continua ancora a essere amato e rispettato dai protagonisti del mondo dello spettacolo per la gentilezza e la passione che ha contraddistinto la sua critica che, nonostante sia stata considerata troppo buonista, è segno di grande rispetto verso il lavoro di tanti professionisti.

Chi è Vincenzo Mollica

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Classe 1953 e originario di Formigine, in provincia di Reggio Emilia, Mollica lascia l’Italia ad appena tre mesi di vita per il Canada, dove trascorre gran parte della sua infanzia per poi tornare a sette anni in Italia a Motticella, frazione di Bruzzano Zeffirio, a Reggio Calabria, paese d’origine del padre Pasquale, collaboratore del politico Benigno Zaccagnini. Frequenta il Liceo classico a Locri e si laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Urbino dopo quattro anni di corso legale al Collegio Augustinianum dell’Università Cattolica di Milano.

Nel 1980 approda alla Rai dopo un colloquio con l’allora direttore del TG1 Emilio Rossi. Mollica dimostra fin da subito un grande talento come cronista. Lello Bersani, primo cronista dello spettacolo su telegiornale, gli consegnò addirittura la sua agenda dicendogli: “vedo in te il mio erede. Copia i nomi che ti servono”. Enzo Biagi, invece, lo volle subito a Linea diretta, insegnando a Mollica tutti i trucchi del mestiere, come lui stesso ha dichiarato in una sua intervista a cura di Stefano Lorenzetto per il Corriere della Sera:

Quello che so lo devo a lui. Era uno specialista nell’insegnarti senza insegnare. Il primo incarico fu intervistare Paulette Goddard. Mi diede un numero di telefono. Rispose una donna, credevo fosse la colf: “Di che vorrebbe parlare con la signora Goddard?”. E io: di Tempi moderni, di Charlie Chaplin. Chiacchierammo per un po’. Alla fine m’impietrì: “Non do interviste, il signor Biagi lo sa”. Andai da Enzo con le orecchie basse: è stata lei a fare il terzo grado a me, dice che non parla con i giornalisti e che la cosa ti è nota. “Certo”, rispose Biagi, “ma nelle interviste bisogna cominciare da Dio. A scendere si fa sempre in tempo”.

Da qui in poi Mollica fa da cronista per il mondo del cinema e dello spettacolo, verso cui ha sempre nutrito un profondo interesse. I primi servizi sui personaggi di Walt Disney – di cui era molto appassionato, al punto che il fumetto di Topolino gli ha dedicato il personaggio di Vincenzo Paperica –, su Francesco De Gregori e Nanni Moretti, e la sua partecipazione come inviato speciale alla cerimonia degli Oscar, a Venezia e Cannes. Da non dimenticare sono anche le sue 39 partecipazioni nel dietro le quinte del Festival di Sanremo e la realizzazione di programmi di successo come Prisma, Taratatà e Per fare mezzanotte.

Vincenzo Mollica, un Presidente cronista dello spettacolo

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Quella del Presidente, come i colleghi della Rai chiamavano Vincenzo Mollica per il fatto che il ruolo del presidente della commissione durante l’elezione del Cdr toccava sempre a lui, è stata una carriera animata dalla voglia di conoscere e approfondire il mondo dello spettacolo e i suoi protagonisti, di cui è stato anche grande amico.

Note a tutti, infatti, le sue amicizie con Federico Fellini, Fabrizio De André, Andrea Camilleri e Hugo Pratt, ma anche gli attestati di stima ricevuti da personalità come Maurizio Costanzo, Vasco Rossi e Fiorello, quest’ultimo diventato grande fan del giornalista di Formigine.

Nonostante sia ormai affetto da diabete, Parkinson e patologie degenerative alla vista d’esordio infantile, Vincenzo Mollica non ha mai perso il suo grande entusiasmo, anzi, ha fatto dei suoi problemi di salute un grande punto di forza, dimostrando una certa sensibilità e precisione pari a nessun cronista. Ho fatto un terno incredibile, diabete, Parkinson e glaucoma”, ha spiegato Mollica al conferimento del Pietro Bianchi nel 2019, ma mi ha insegnato che i film si possono anche sentire”.

Il mollichismo come rappresentazione

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Vincenzo Mollica è noto a tutti per la sua gentilezza e per la bontà della sua critica. Quest’ultima è spesso costellata da un abbondante uso di aggettivi superlativi per esaltare gli intervistati, al punto che il giornalista Aldo Grasso ha coniato l’espressione mollichismo per indicare un atteggiamento compiacente verso la stampa:

È un libro parlante, una sola moltitudine di arguzia e sapienza, un’intelligenza acuta che si è fatta TV. Non può neppure immaginarsi di cedere a un giudizio, a un appunto, a un dissenso. Parla sempre bene di tutti.

Nella sua intervista con Nicola Mirenzi per Huffington Post, Vincenzo Mollica ha dichiarato a questo proposito quanto segue:

Io non ho mai seguito la corrente, né mai sono andato contro. Più semplicemente, ho ascoltato il consiglio di mia nonna, che di mestiere faceva la fruttivendola: “Ricordati le cose che rimangono, Vincenzino”. Ho raccontato quello che mi piaceva. Quello che non mi piaceva l’ho escluso. Oppure, se proprio non potevo farlo, ho lasciato a una frase ironica, una battuta, il compito di dire come la pensavo. Mi hanno criticato per questo. Mi hanno detto che parlavo sempre bene di tutti. Il cosiddetto mollichismo, come ricordava lei. Fa parte del gioco. Sicuramente, l’urlo, l’assertività, la ferocia che hanno preso ad andare di moda ultimamente non hanno mai fatto parte del mio alfabeto.

L’atteggiamento di Vincenzo Mollica, dunque, non è da ricondursi all’essere compiacente verso gli altri, bensì a un’idea precisa di cronaca: dare spazio a ciò che è degno di attenzione, che soprattutto piace in primo luogo a chi vuole raccontare una storia. Mollica, inoltre, non si è mai definito critico, ma cronista, uno che amava osservare e mettere in luce chi lo meritava, senza dare giudizi critici o stroncature, ma usando al suo posto l’ironia.

In questo senso è interessante anche l’atteggiamento pacato del giornalista, parsimonioso anche nel litigare con gli altri e nel mandarli al diavolo: “con parsimonia”, afferma Mollica a questo proposito, “però sempre in maniera diretta. Anche perché da Fellini ho imparato che bisogna calcolare bene i tempi di un addio o di un vaffa. ‘Se lo sbagli di un solo secondo, ti si potrebbe ritorcere contro’, mi spiegò Federico”.

Vincenzo Mollica, i grandi del cinema e il suo rapporto con Sanremo

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Nonostante le occasioni mancate, fra cui intervistare Bob Dylan e Mina e chiedere ad Alberto Sordi della genesi della celebre battuta dei Vitelloni “Lavoratoriii!” accompagnata dal gesto dell’ombrello e dalla pernacchia, Vincenzo Mollica ha comunque avuto modo di avvicinarsi ai più grandi protagonisti del cinema e della musica, anche grazie a uno stile che predilige il dialogo e che ha alimentato una grande fiducia nei suoi confronti. “Non le preparo [le interviste]”, ha affermato Mollica, “devo solo sapere tutto su chi ho davanti. Per il resto, basta il dialogo schietto”.

È così che, ad esempio, Federico Fellini, con cui condivideva la passione per i fumetti, lo elesse a suo intervistatore preferito, che Diane Keaton a Cannes gli ha raccontato dettagli inediti sulla sua relazione con Woody Allen, mentre la poetessa Alda Merini gli dettava al telefono i suoi versi. Non si scandalizzò quando intervistò Roberto Benigni a cavalcioni, e nemmeno quando Piero Pelù gli infilò un preservativo al microfono.

Vincenzo Mollica non è stato solo cronista del cinema ma anche della musica, in particolare di Sanremo, che ha accresciuto la sua popolarità di programma nazional-popolare proprio grazie alla sua attività di cronista, conclusasi nell’edizione del 2020 della kermesse musicale dove il pubblico gli ha tributato una grandissima ovazione.

Per Mollica, Sanremo è una festa nazionale al pari del 2 giugno, un’occasione capace di unificare le persone fra musica e polemiche. Secondo il giornalista, il presentatore migliore resterà sempre Pippo Baudo e non sono mancati per lui i momenti storici, dall’esibizione di Bruce Springsteen nel 1996 fino all’intervista a David Bowie nel 1997.

Vincenzo Mollica è stato un cronista gentile e appassionato

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Da ormai due anni Vincenzo Mollica non allieta più i nostri sabato con DoReCiakGulp e dovremo anche abituarci a non vederlo più sul suo balconcino del primo piano dell’Ariston, da cui ci lasciava entrare per osservare più da vicino il Festival di Sanremo, ma una cosa è certa: “la mia canzone preferita di Sanremo”, come lo definì Roberto Benigni, continuerà a cantare anche fuori dagli schermi televisivi, con la sua gentilezza e bontà d’animo, segno di cordialità e rispetto verso il lavoro altrui che oggigiorno sembrano essere stati dimenticati.

Tre sono i pensieri che guidano il mio lavoro.
Il primo è di Vinicius De Moraes e recita: “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”.
Il secondo è di Federico Fellini: “È la curiosità che mi fa svegliare la mattina”.
Il terzo è del sottoscritto: “Nelle pieghe del banale si nasconde l’animale”.

Vincenzo Mollica, da Istantanee (…Prima che dimentichi tutto…)


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Laurea magistrale in Lingue e Letterature Europee ed Extraeuropee presso l'Università degli Studi di Milano con tesi in letteratura tedesca e allievo dell'edizione 2021 del Master "Il lavoro editoriale" della Scuola del Libro.
Crede fortemente nel fatto che la letteratura debba non solo costruire ponti per raggiungere e unire le persone, permettendo di acquisire nuovi sguardi sulla realtà, ma anche aiutare ad avere consapevolezza della propria persona e della realtà che la circonda

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