La notizia che qualcuno avesse avuto l’idea e i finanziamenti per portare sugli schermi il remake di White Men Can’t Jump è sembrato subito qualcosa di curioso e interessante. La presa di coscienza che un remake di White Men Can’t Jump sarebbe stato prodotto e distribuito da Disney+ – in un momento in cui l’attenzione al politically correct si è fatta pervasiva di qualsiasi opera artistica – ha però destabilizzato perché Chi non salta bianco è, titolo italiano del film del 1992 diretto da Ron Shelton e con protagonisti Woody Harrelson e Wesley Snipes, è irriverente e senza limiti.
Era un film indipendente – diremmo oggi – quello originale, un prodotto a basso budget e destinato a un pubblico di appassionati a cui sapeva strizzare l’occhio facendoli sentire parte di qualcosa di esclusivo. Come per un inside joke tra una cerchia ristretta di amici, qualcosa che il resto del mondo non riesce a capire, apprezzare e comprendere fino in fondo.
Un bianco, un nero e tanti campi da basket
Il film di Calmatic prende spunto dalla perla di Ron Shelton e cerca di adattarne tematiche e stili ai giorni nostri senza comprenderne la grandezza e i significati. Jeremy (Il Bianco, interpretato da Jack Harlow) è un ex giocatore di college basket che a causa delle sue ginocchia malridotte si è ritrovato ad allenare giovani talenti e a sperare nel successo sulle piattaforme social per arrivare al top.
Mentre Kamal Allen (Il Nero, interpretato da Sinqua Walls) ha vissuto un passato in cui era stato la promessa cittadina ai tempi dell’High School prima che una rissa lo tirasse fuori dal giro della pallacanestro che conta. L’incontro tra i due e lo scontro di caratteri che ne verrà fuori sarà il motore che darà via alla redenzione per entrambi e a un lieto fine tanto scontato da essere amaro.
Nel mezzo c’è un curioso tentativo di ricreare quell’ironia spavalda che pervadeva le discussioni del duo Harrelson – Snipes, senza riuscire però a rendere le dinamiche mai davvero divertenti o verosimili e senza provare in nessun modo a ricreare le atmosfere da campetto di periferia che si assaporano nel film originale (Non bastano, in tal senso, i vari Bro e le ripetizioni della parola con la N). Per quanto riguarda, poi, i ruoli femminili e l’importanza che viene data alle due compagne dei protagonisti si compie un passo indietro a livello culturale e sociale.
Se Gloria e Rhonda erano dotate di carisma e carattere da vendere, capaci di tenere testa ai propri uomini e di immaginare per sé stesse un futuro di cui fossero esse stesse le padrone, nel prodotto diretto da Climatic le fidanzate si riconquistano con la promessa di un anello e le compagne servono a sostenere i ragazzacci di strada nella buona e nella cattiva sorte.
Pregi e difetti di White Men Can’t Jump
Tecnicamente White Men Can’t Jump può vantare una fotografia patinata e ben realizzata e una colonna sonora capace di risultare accattivante e, a tratti, capace di rivisitare il passato. Per quanto riguarda i movimenti dietro la macchina da presa, il lavoro del regista non si fa notare per sperimentazioni stravaganti o per un’ispirazione particolare e difetta maggiormente nei momenti più importanti, quelli relativi al campo e ai gesti atletici dei giocatori.
L’impressione che si ha è che si siano presi attori (in particolare Jack Harlow) che con il basket c’entrino poco o nulla e l’effetto che ne risulta è poco armonioso e incapace di dare gratificazione a chi ami il gioco. Le bellissime scenografie, che riprendono luoghi iconici della pallacanestro di strada e che richiamano il primo film, non bastano da sole a risollevare le sorti di un lavoro che risulta artificioso e incoerente.
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