Grazie a I Wonder Classic, la divisione di I Wonder Pictures dedicata alla riscoperta dei classici d’autore, torna nelle sale dal 20 febbraio, rimasterizzato in 4K, e poi disponibile sulla piattaforma IWONDERFULL.IT, il film del 1993 di Derek Jarman, Wittgenstein. Il film è stato premiato con il Teddy Bear Award come Miglior film a tematica LGBTQ+ del Festival di Berlino del 1993 e questa è l’occasione per riscoprire l’opera di Jarman, regista indipendente inglese militante LGBTQ+ da sempre vicino all’ambiente punk.
Chi era Derek Jarman?
Derek Jarman è stato un regista, scrittore, scenografo, pittore e attivista britannico, noto soprattutto per il suo lavoro all’interno del cinema indipendente. La sua opera è fortemente influenzata dalla cultura punk degli anni ’70 e dalla riflessione sulla libertà di genere e la sensibilizzazione alla tematica dell’AIDS. Jarman si ammalerà intorno alla metà degli anni ’80, nel 1986 annuncia pubblicamente la sua sieropositività e muore nel 1994.
Il lavoro di Jarman è considerato politico e a tratti sovversivo, permeato com’è da quella carica provocatoria e dissacrante propria dello spirito punk inglese; a voler tracciare un excursus attraverso i suoi film, partendo da Sebastiane del 1976 per finire con Blue del 1993, si può notare un forte impegno per la diffusione di un pensiero più libero e non condizionato da vincoli e restrizioni imposti dalla società. Possiamo anzi dire che il lato politico di Jarman traspare proprio da quella sua carica antiborghese pienamente inserita all’interno di un impegno nel mondo queer e nel mondo punk. Jarman si presentava quindi come doppiamente eversivo, dissidente sociale per scelta e per vocazione.
I film di Jarman non esauriscono però il loro interesse soltanto nella carica provocatoria dei temi che decide di affrontare, sono infatti lavori che si contraddistinguono per una vasta e varia sperimentazione artistica, visiva e sonora, dall’utilizzo del Super 8mm fino a tutta una serie di modifiche realizzate in post-produzione che rivelano un modo di trattare l’immagine cinematografica intendendola a volte come un quadro pittorico. L’apice di questo percorso di sperimentazione è la sua ultima opera, Blue, film in cui l’astrazione dell’immagine raggiunge il livello massimo: Jarman rinnega qualsiasi attuazione visiva a favore di un unico fotogramma blu, la centralità la rivestono le parole, quelle recitate fuori campo che vertono sui temi di sempre, l’omosessualità, la morte, la malattia.
Derek Jarman, una filmografia
Oltre al lavoro nel cinema, Jarman realizzerà videoclip per alcuni dei gruppi più significativi degli anni ’70 e ’80 tra cui: Smiths, Pet Shop Boys e Sex Pistols.
Il suo esordio cinematografico è da datare al 1976 con il film Sebastiane, recitato interamente in latino, mette in scena una versione apocrifa della vita di San Sebastiano che diventa per Jarman l’occasione per realizzare una delle prime opere cinematografiche apertamente omosessuali.
La sua carriera continua con Jubilee del 1978, una sorta di manifesto visivo surreale del movimento punk, ciò che cerca di rappresentare e trasmettere maggiormente è il sentimento più estremo e nichilista del movimento, un inno all’anarchia e alla distruzione al grido dello slogan “no future”.
Passano nove anni ma ecco che Jarman torna in sala con The Last of England (1987), considerato un punto di svolta politico del regista, data la sua aperta critica alla politica thatcheriana. È un film estremamente sperimentale e fuori dal comune, senza una trama lineare ma composto da varie sequenze (girate in Super 8 e 16mm) giustapposte allo scopo di trasmettere lo sconforto e la rabbia del regista nei confronti della prima ministra Thatcher.
Caravaggio del 1986 e Edoardo II del 1991, sono film, invece, molto diversi l’uno dall’altro ma con alcuni elementi in comune: entrambi i film parlano di personaggi controcorrente che si scontrano con le convenzioni della loro epoca, utilizzati da Jarman per esplorare la sua esperienza personale e la lotta della comunità LGBTQ+ contro la discriminazione e l’intolleranza. Inoltre con questi due film introduce un genere nuovo all’interno della sua filmografia: quello della biografia, genere che viene in un certo senso decostruito e affrontato in un modo sempre diverso e concettuale da Jarman. Questo procedimento è il medesimo che supporta la realizzazione di Wittgenstein.
Wittgenstein, il film
Ludwig Wittgenstein è stato un filosofo noto soprattutto per gli studi sulla filosofia del linguaggio. In generale affronta la questione del significato del linguaggio e dell’esperienza umana, cercando di mostrare come il nostro modo di pensare e parlare sia influenzato dal nostro ambiente culturale e sociale. Di Wittgenstein sono state pubblicate solo due opere: il Tractatus Logico-Philosophicus, pubblicata nel 1921 con una prefazione del filosofo e logico matematico Bertrand Russell e Ricerche filosofiche, pubblicata solo dopo la sua morte.
Con questo film Jarman sperimenta un nuovo tipo di approccio alla materia cinematografica realizzando un prodotto che si discosta da tutti quelli che lo hanno preceduto. Pur essendo possibile avvicinarlo a Caravaggio e a Edoardo II si differenzia notevolmente da questi, dal momento che non si tratta di una biografia vera e propria ma del tentativo di Jarman di realizzare una trasposizione cinematografica del pensiero filosofico di Wittgenstein. Ciò che vuole fare è rappresentare le teorie del filosofo viennese, mettere in scena i suoi studi e i concetti contenuti nelle sue opere.
Siamo ancora lontani dall’estremo atto visivo di Blue, ma ciò che concepisce Jarman per questo film è altrettanto sorprendente e singolare: il film non presenta un impianto narrativo ma è composto da una successione di scene in sé autonome che si svolgono tutte in un non-spazio. Jarman infatti fa muovere i suoi attori in una scenografia d’impianto teatrale caratterizzata dal fondo nero che annulla la concezione spaziale. Con questa semplice e apparentemente banale trovata, il regista riesce a realizzare un film dal budget contenuto ma dal fortissimo impatto visivo, l’importanza data alle parole recitate e decantate dai personaggi assumono una rilevanza che altrimenti non avrebbe avuto.
Protagonista è, come ovvio, Ludwig Wittgenstein (Karl Johnson) che vediamo da bambino fino al momento della sua morte, spesso impegnato a recitare, spiegare, declamare le sue teorie filosofiche rivolgendo lo sguardo direttamente in macchina e quindi a noi spettatori, espediente, questo, che aumenta il nostro coinvolgimento e conferisce all’opera il significato di lezione divulgativa, senza però risultare ostica o inaccessibile. La straordinarietà di Wittgenstein è infatti quella di riuscire a essere un film divertente e di facile fruizione nonostante sulla carta potrebbe apparire come un esercizio intellettualistico o virtuosistico da parte di Jarman.
Wittgenstein e il teatro
È possibile tracciare un parallelismo tra il riferimento teatrale messo in atto in Wittgenstein e la tecnica teatrale propria di un importante autore come Bertolt Brecht. Nella concezione di Brecht il teatro era uno strumento per coinvolgere il pubblico e farlo riflettere su tematiche sociali e politiche. Per attuare il suo proposito si avvale di vari espedienti come, per esempio, uno spazio scenico povero, essenziale in modo tale da attribuire la maggior importanza possibile alla parola. Oltre a questo possiamo ricordare la presenza di un narratore che ha il ruolo di commentare e guidare l’azione.
Sono tutti espedienti che hanno lo scopo di creare un cortocircuito nella rappresentazione che rivela i suoi artifici mostrandosi per quello che è e non per una copia fedele della realtà, ma allo stesso tempo hanno il merito di riuscire a coinvolgere in maniera attiva lo spettatore e riuscire a far nascere in lui una riflessione critica.
Questi accorgimenti brechtiani si possono ritrovare in Wittgenstein e sono quelli che riescono a fare dell’opera una piacevole, non scontata e preziosa visione. La sperimentazione di messa in scena di Jarman è sempre di qualità molto alta, anche quando il regista è molto debilitato dalla malattia, non rinuncia all’arte e fa della creazione una sfida.
Wittgenstein e il tema dell’omosessualità
Wittgenstein si distanzia dai film precedenti anche per l’assenza della rabbia e del forte impegno politico, caratteristiche che invece hanno segnato le altre sue opere. Ma nonostante questo rimane importante la riflessione sociale e personale di Jarman che riguarda la tematica dell’omosessualità, qui affrontata con una delicatezza del tutto nuova.
Wittgenstein è rappresentato come uomo gay, ma anche come figura che ha lottato contro le convenzioni sociali e i pregiudizi del suo tempo. Di lui viene messo in evidenza soprattutto la forza e la determinazione nel difendere la propria individualità e la propria libertà.
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Grazie Chiara. Lo studio e la diffusione dei linguaggi nuovi, film nuovi, pensiero filosofico e scientifico nuovi sono fondamentali per capire come potrà essere il nostro futuro e perchè ciascuno a modo suo contribuisca a tracciarne la strada priva di pregiudizi e con una visione profonda della vita.
Grazie a te Claudio per aver letto questo articolo. Credo sia importante cercare di diffondere la visione di film non scontanti e banali che possono aiutare a formare un pensiero critico autonomo mostrando un altro mondo possibile, un altro modo di pensare, di affrontare le discriminazioni. L’arte è anche, e soprattutto, questo, uno strumento per allargare la nostra visione e il nostro pensiero.