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Women Talking: quando religione, filosofia e moralità si incontrano

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8 minuti di lettura

L’8 marzo è sbarcato nelle sale italiane Women Talking – il diritto di scegliere, il film della regista canadese Sarah Polley candidato agli Oscar 2023 nelle categorie Miglior sceneggiatura non originale e Miglior film. Il film è tratto dal romanzo Women Talking di Miriam Toews, che a sua volta prende spunto dai fatti realmente accaduti nella colonia Manitoba in Bolivia.

La vera storia di Women Talking

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Un po’ di contesto storico: i fatti di cronaca in Women Talking, che presero piede in una comunità mennonita di cristiani anabattisti, in un periodo compreso tra il 2005 e il 2009, hanno fermato le lancette dell’orologio al diciannovesimo secolo. Vennero messe al bando la tecnologia, l’alcol e l’istruzione (ovviamente solo per le donne); in un breve lasso di tempo, nella comunità, definita “utopica”, fu istituita una demarcazione sociale precisa, ottenendo come risultato la classificazione tra persone di serie A e serie B: rispettivamente gli uomini e le donne.

L’isolamento dal mondo portò a utilizzare la religione cristiana come strumento di potere. In questo scenario, svariate donne si svegliavano alla mattina doloranti e sanguinanti, cosparse di ferite su tutto il corpo. Talvolta dopo alcuni mesi scoprivano di essere incinte, ma, dato che era per loro inaccessibile avere un qualsiasi tipo di rapporto con gli uomini, ricorrevano alla religione per giustificare gli accaduti (per esempio, il fatto che a metterle incinta fosse niente poco di meno che Satana in persona). Una notte, però, un gruppo di donne catturò uno dei responsabili, scoprendo che per anni un gruppo di uomini soleva, tramite un potente sedativo per tori, narcotizzare e stuprare le donne della comunità.

Women Talking parte da questo punto: gli stupratori sono in prigione, ma entro 48 ore verranno rilasciati su cauzione e faranno ritorno alla comunità. Restare e far finta di niente? Restare e combattere? O andarsene?

La posta in gioco in Women Talking

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Da questa domanda cruciale, la cui risposta segnerà il destino delle donne nella comunità, si dipana l’azione di Women Talking. La posta in gioco è alta, ogni scelta ha pro e contro. Quasi tutto il film è strutturato sui discorsi, le considerazioni e le argomentazioni riguardo a questo dubbio, inframmezzato da brevissimi flashback che mostrano ciò che è successo nei mesi precedenti. E così, passiamo la maggior parte del tempo nel fienile, vedendo lo scorrere delle ore attraverso la luce che si riflette sui volti delle protagoniste. Women Talking, a proposito, dispone di un cast stellare, da Rooney Mara (Salomè), Claire Foy (Ona) e Frances McDormand (“Scarface” Janz), a Ben Whishaw, nell’unico ruolo maschile, quello di August.

Women Talking, esprimere concetti senza (ab)usare le definizioni

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Tre generazioni di donne, discutono di una triplice scelta in un ventaglio di molteplici argomentazioni morali, religiose, filosofiche, etiche e psicologiche. È forse questa l’unica nota stonata di Women Talking: il fatto che delle contadine quasi analfabete (la polizia boliviana ha raccontato che alcune non sapevano nemmeno nominare le parti del corpo) possano esprimere concetti in modo così lineare e approfondito, utilizzando oltretutto un linguaggio colto, lascia perplessi. Tuttavia, Women Talking fa di questa scelta azzardata il suo mezzo per parlare alle persone di oggi, raggiungendole, come fanno le protagoniste, attraverso argomentazioni su più livelli.

La storia e i dialoghi di Women Talking non sono mai banali, ma sempre efficaci, pur non facendo mai uso delle parole “femminismo”, “discriminazione”, “parità di genere” e “patriarcato”, le più inflazionate al giorno d’oggi. I traumi della violenza, nati da un unico seme, affondano e si manifestano nella psiche di ognuna in modo diverso.

Non è il solito film politicamente corretto: tra di loro, queste donne, sono scorrette (si pensi a quando Mariche accusa Mejal di attirare l’attenzione su di sé facendosi venire apposta attacchi di panico), si accusano e si sovrastano mentre discutono, per poi arrivare al punto di non ritorno in cui si rivedono negli occhi e nel cuore l’una dell’altra, come in uno specchio. È lì che, avvicinandosi silenziosamente o intonando un canto, madri, figlie e amiche si abbracciano e si stringono in una sorellanza capace di valicare ogni difficoltà.

Figli e figlie di una società marcia

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Nella morale di Women Talking, gli uomini di questa storia non sono cattivi o marchiati da un peccato connaturato: sono semplicemente figli di una comunità marcia che li ha educati alla sovrastazione violenta fin da piccoli (si veda la scena nella quale i bambini maschi, su una balla di fieno, lanciano paglia alle bambine sotto di loro, impedendogli di salire). È da qui che deriva la faticosa riconciliazione con l’altro genere, quando ogni tipo di perdono pare impossibile.

Così come questo, arriva anche il perdono delle donne verso le loro stesse sorelle, quando tante volte hanno preferito il silenzio all’aiuto reciproco e alla protezione. Quando le donne e i bambini se ne vanno dalla comunità, l’unico incaricato della guarigione di quella società malata è August, uomo buono e puro, esiliato dalla comunità, ma che poi vi ha fatto ritorno per amore di Ona. È un messaggio forte e chiaro alla nostra realtà, nella quale la presa di coscienza delle disparità tuttora presenti debba avvenire da parte di tutti.

In ogni film, alla fine dei conti, la voce della generazione più giovane che prende parola, in questo caso della quindicenne che fa da voce narrante, è la più lucida di tutte. Quando Autje, infatti, scende da una trave e la sua amica del cuore le chiede come ci sia salita, lei risponde “è stato un miracolo di Dio”, ridendo a crepapelle con la compagna. Insieme, poi, si legano le trecce formandone una sola e stanno insieme per tutto il tempo, non separandosi mai, aspettando solo il momento in cui anche le loro madri e le loro nonne avrebbero capito che la cosa giusta è andarsene, unendo le forze e superando le paure.


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Scheda personaggio, stagione 1 - in corso: classe 1998, ha studiato cinema e storytelling, al momento è in costante tensione tra il voler fare la donna in carriera e scappare in Costa Rica.
Punti di forza: competenze di produzione e sceneggiatura.
Fatal flaw: guarda Too Hot To Handle.

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