Da A24 (Hereditary – Le radici del male, Midsommar – Il villaggio dei Dannati, The Witch, The Lighthouse), il nuovo horror di Ti West è una promessa terrificante. Il regista (e sceneggiatore) pluripremiato (The House of Devil, Sacrament) trasforma l’America rurale del Texas in un affresco di violenza nutrendosi degli stereotipi dello slasher per rigettarli poi in una crasi vincente tra vecchio e nuovo.
Girato in Nuova Zelanda, X – A Sexy Horror Story vede come protagonista una Mia Goth in stato di grazia: luce e oscurità, sacro e profano, vergine e peccatrice, il doppio ruolo affidato all’attrice (con un sensazionale trucco prostatico che la rende irriconoscibile ad una prima visione) aggrava l’atmosfera tensiva, trascinando l’orrore su un piano più semantico. Non doppio, ma nemesi e antitesi l’una dell’altra, Maxine e Pearl incarnano – in prospettiva diacronica – origine ed epilogo dell’umanità, avvalorando il decadimento del corpo e della mente come condizione d’esistenza, tacitamente consensuale, dell’essere umano nella sua finitezza.
Con Mia Goth e Jenna Ortega, X – A Sexy Horror Story è al cinema dal 14 luglio con Midnight Factory.
X – A Sexy Horror Story: l’estasi pornografica di Ti West si scrive sugli anni ’70
Texas, 1979. L’aspirante produttore Wayne Gilroy (Martin Henderson) mira alle luci della ribalta con una troupe eclettica pronta a girare un film a luci rosse: The Farmer’s Daughters. Protagoniste della pellicola sono la sua fidanzata Maxine (Mia Goth) e Bobby-Lynne (Brittany Snow), le figlie del contadino che irretiscono Jackson Hole (Scott Mescudi). Ad accompagnare sul set il regista, l’accanito cinefilo RJ (Owen Campbell), è la fidanzata Lorraine (Jenna Ortega) in veste di fonica, affascinata e terrorizzata dalle scene di sesso conturbante che i protagonisti mettono in scena senza troppa fatica.
All’estasi delle riprese fa da contraltare l’inquieto atteggiamento di Pearl, l’anziana moglie di Howard, padrone della fattoria: la donna, in gioventù ballerina esaltata dai piaceri della vita e dal desiderio che era in grado di suscitare negli uomini, nutre una profonda ossessione per Maxine, una necessità morbosa di recuperare, anche con il sangue, le virtù un tempo possedute. L’orrore è appena iniziato.
Un corpo sfiorito non è porno: la bellezza salva o uccide?
Lo capiamo dal prologo, quella lunga sequenza d’apertura che dalla cantina sussurra e suggerisce una scena raccapricciante, che siamo di fronte ad una messa in onda rinnovata degli anni ’70. X – A Sexy Horror Story non si assopisce nella nostalgica emulazione dello slasher più proprio, ma ne recupera la gloria attraverso una mise en scène degna dei maestri del genere. La diva del Bayou Burlesque, Maxine, è “una cazzo di sex symbol”, Venere dell’X-factor, promiscua e vergine, magnete sessuale e divinità panteistica, fuoco generatore, unità di tutti i contrari.
È in lei che si esalta e realizza la contraddizione del doppio, nell’unione antinomica di gioventù e vecchiaia, desiderio e indifferenza, carne e corpo spento dal tempo. Come un alligatore, puntuale nel morso, la senilità sopraggiunge e con lei l’orrore di perdere tutto ciò che si è avuto, o si è stati. La scena del lago in cui Maxine (Mia Goth) galleggia a filo d’acqua, mai raggiunta dal predatore, ne è un esempio esplicativo: è nel tempo che decadrà il corpo, e fortunati saranno coloro che conserveranno l’istinto oltre la resa della carne.
Ti West costruisce una tensione crescente, districando – in un vincente slow burn – spirito e traiettorie dei suoi protagonisti, non più icone abusate e declinate secondo il medesimo cliché, ma vivide figure che l’occhio allenato riesce a scorgere dietro l’apparente patina di semplificazione: l’attricetta disinibita Bobby-Lynne (Brittany Snow) incanta nella sua versione di Landslide, la timorata assistente interpretata da Jenna Ortega stupisce all’esordio nella lussuria umana, ma ancor di più nella geniale mano del regista che la ascrive all’elenco delle final girls per poi negarle l’accesso.
La sessualità disinibita – causa motrice della sanguinosa vendetta propria del cinema di genere degli anni ’70/’80 – lascia, nostalgica, il testimone alla dirompente giovinezza, mitizzata, adorata, invidiata da una fisiologica transizione generazionale: la pellicola di West succhia il nettare di un’epoca definita e ammirata, istituendo – nell’incantesimo di fusione tra orrore e dolcezza (il montaggio alternato amplifica il contrasto) – un conflitto per la supremazia tra il “vecchio” al tramonto (un’industria cinematografica orientata al declino, la disaffezione per la sala, la progressiva digitalizzazione) e il “nuovo” destinato, in prospettiva, alla medesima sorte, ma ancora immerso in un tempo propizio.
Esplosione di sussurri, danza di corpi, coreografia di dolori strazianti, X – A Sexy Horror Story è un disperato grido d’amore che respira nell’intersezione delle sue linee, un bacio mortifero tra soggetto amante e oggetto amato che ambisce a situare, nello sfiorire del corpo, l’orrore dissennato del declino.
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