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Yara

Yara, su Netflix lo scarno riassunto di Marco Tullio Giordana

Un film non incisivo e semplificatorio

10 minuti di lettura

Yara è l’ultimo film a firma di Marco Tullio Giordana uscito per Netflix lo scorso 5 novembre. Il film da una parte cavalca l’onda dell’interesse sempre vivo del pubblico per i casi di crimine, gli omicidi con un forte riscontro mediatico e punti misteriosi irrisolti, dall’altra si posiziona all’interno della filmografia di Giordana che punta spesso il suo sguardo a vicende della storia italiana di cronaca, di politica o di interesse sociale, contraddistinte da verità a cui è difficile, se non impossibile, arrivare.

L’omicidio di Yara Gambirasio

L’omicidio di Yara Gambirasio avvenuto tra il 26 novembre 2010 (data della sua scomparsa) e il 26 febbraio 2011 (data del ritrovamento del cadavere) è uno dei fatti di cronaca italiana che ha ricevuto maggior eco mediatica e ancora oggi riscuote interesse sul web. La sentenza ha dichiarato colpevole dell’omicidio, condannandolo all’ergastolo, Massimo Giuseppe Bossetti che continua, però, a dichiararsi innocente.

L’interesse per il caso è dovuto non solo al fatto che la vittima era una ragazzina di tredici anni, quindi riconosciuta come simbolo di purezza e innocenza, ammantando di tinte crudeli e perverse la tragedia, ma anche, soprattutto, per i numerosi punti oscuri e mai spiegati che costellano l’indagine e di fatto anche l’accusa definitiva: poche sono le prove certe oltre il dna di Bossetti, il movente appare plausibile ma non esauriente ed è assente una ricostruzione esaustiva della vicenda oltre che il riconoscimento e ritrovamento dell’arma del delitto. Inoltre è stato il caso italiano costato di più, con una ricerca e raccolta di campioni di dna che è arrivata a contare 20.000 prelievi. Un dispendio di risorse ed energie indefesso per la ricerca della verità a tutti i costi.

Chi è Marco Tullio Giordana e perché ha diretto Yara

Il cinema di Giordana può essere definito come cinema dell’impegno civile vista la sua volontà di portare sullo schermo ricostruzioni di vicende che hanno segnato in maniera indelebile e profonda la storia passata dell’Italia, si pensi anche solo a Pasolini, un delitto italiano (1995), I cento passi (2000), Romanzo di una strage (2012).

La rappresentazione di vicende specifiche del passato italiano ancora oggi irrisolte aiuta Giordana a delineare un ritratto dell’Italia fumoso, ambiguo, infelice, portando alla luce soprattutto le contraddizioni e le spaccature proprie della nostra società, fornendo allo stesso tempo un retroterra necessario per poter guardare con maggior consapevolezza anche all’oggi.

Caratteristica del modo di fare cinema di Giordana è sempre stata quella di non fornire finali definitivi e, seppur la sua posizione sia stata sempre intuibile, ha cercato di far emergere tutti i possibili schieramenti, le varie idee e le differenti tesi.

L’interesse di Giordana è spesso rivolto agli anni ‘70 con le stragi, il terrorismo, i complotti, gli omicidi e a spiccare sono personalità significative per la cultura e la storia italiana come Peppino Impastato, Giuseppe Pinelli, ma soprattutto Pier Paolo Pasolini che, oltre ad essere il protagonista del film del 1995, è una figura di riferimento per Giordana, per il suo pensiero, la sua riflessione e il suo cinema.

La veridicità dei fatti trasposti è una delle caratteristiche principali del suo modo di fare cinema, ma l’approccio realista risulta commisto ad altri generi, in modo tale da ottenere prodotti la cui italianità è evidente non solo per le tematiche affrontate, ma anche, e forse soprattutto, per il modo in cui vengono rappresentate.

L’innesto dell’elemento emotivo nella ricostruzione oggettiva dei fatti è un altro aspetto ricorrente nei film di Giordana (in alcuni più che in altri) ed è utile per creare un coinvolgimento nello spettatore che si sente in questo modo molto vicino ai personaggi condividendone le esperienze e i sentimenti.

Com’è Yara

Si è detto come Giordana abbia più volte mostrato il suo interesse per le trame inafferrabili della storia italiana, le vicende irrisolte, incompiute, ma dalla grande risonanza mediatica, fatti in cui vicende sociali si incontrano con questioni politiche, non sorprende quindi la scelta di realizzare un film su uno degli omicidi più chiacchierati ed enigmatici della cronaca italiana.

La vicenda è caratterizzata da un’infinità di diramazioni, di storie secondarie, di punti oscuri e sono questi elementi che ancora alimentano il dibattito pubblico, l’interesse sempre vivo sul web e il proliferare di articoli, video e documentari.

Giordana, però, decide di realizzare una ricostruzione lineare, distaccata, aproblematica della tragedia, della sua indagine e del processo, con un film dalla durata di 91 minuti a cui qualcuno in più avrebbe forse giovato per un approfondimento maggiore, se non di tutte le tematiche in ballo, almeno di qualcuna.

Yara porta in scena solo i momenti utili alla ricostruzione che termina con la condanna di Bossetti (Roberto Zibetti) rimuovendo le questioni più ambigue e incerte, che hanno però avuto un peso rilevante in fase di processo e ancora oggi sono motivo di discussione nell’opinione pubblica da sempre divisa tra colpevolisti e innocentisti.

La vicenda è controversa, ma Giordana la epura da ogni zona d’ombra proponendo in definita un riassunto scorrevole e privo di dubbi, senza approfondimenti psicologici o emotivi, sfornita altresì di un focus preciso.

La trasposizione dell’omicidio di Yara (Chiara Bono) poteva, per esempio, essere lo spunto per una riflessione sull’interferenza della macchina mediatica nelle indagini, poteva essere occasione di approfondimento sul peso del web (e quindi della società) in rapporto a vicende di cronaca, si poteva puntare l’enfasi sui primati positivi conseguiti dall’indagine, sulla quantità delle risorse impiegate per arrivare a risultati mai raggiunti prima, invece anche questi aspetti vengono soltanto accennati da brevi frasi.

Il pm Letizia Ruggeri (Isabella Ragonese) è la vera protagonista della storia e sarebbe stato interessante vedere approfondite la sua personalità e le sue intenzioni, esaminate le pressioni politiche, mediatiche e quelle interne alla polizia che di sicuro ha subito, rimane invece tutto superficiale.

Giordana non è solito sottoporre i suoi personaggi a indagini psicologiche approfondite, ma riesce sempre a far emergere la loro personalità, la loro ambivalenza, che non permette di giudicare nessuno di questi personaggi come completamente buono o cattivo, ma farne in un certo senso gli emblemi delle vicende a cui partecipano.

Basti pensare, a titolo di esempio, al commissario Calabresi in Romanzo di una strage, quanta differenza nel trattamento che Giordana ha riservato ai due personaggi, Calabresi visto da più parti come il nemico è in realtà a sua volta vittima di macchinazioni e istinti di rivolta, tanto da risultare proprio lui il protagonista della vicenda. Nulla di questa complessità e ricchezza è presente nel pm Ruggeri come è stato delineato da Giordana, ed è un peccato.

Anche lo stile registico appare stanco e annoiato senza elementi degni d’interesse in un film che in definita risulta non così significativo quanto si sarebbe sperato. Giordana ha sempre abituato il suo pubblico a prodotti di più alto spessore politico, etico, sociale, emotivo,Yara invece risulta privo di qualsiasi approfondimento e di uno scopo se non quello di realizzare un riassunto scarno di una vicenda tragica ancora aperta.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

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