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Cento anni di Doris Day, Il letto racconta ancora

6 minuti di lettura

Il 3 aprile 1922 nasceva negli Stati Uniti Doris Day, una delle figure più influenti in campo cinematografico (e non solo) degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Spesso chiamata con l’appellativo di fidanzatina d’America, Doris Day era molto più di un semplice soprannome; tra il 1948 e il 1968 ha preso parte alla realizzazione di lungometraggi sia di genere drammatico sia commedia, dimostrandosi un’abile attrice.

Nel corso della sua carriera è stata insignita di molti premi, tra cui quattro Golden Globe e un Grammy alla carriera nel 2008. Di notevole importanza fu però la sua candidatura al Premio Oscar nel 1960 come miglior attrice protagonista per Il letto racconta, film in cui divide la scena con Rock Hudson. A vincere però fu Simone Signoret per La strada dei quartieri alti di Jack Clayton.

Il letto racconta, una tipica commedia americana

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Uno scapolo spensierato, una nubile testarda e molto humor sono gli ingredienti principali di questa pellicola, che insieme ad una serie di situazioni surreali creano la ricetta perfetta a rendere il lungometraggio il tipico prototipo di commedia americana.

La trama verte attorno alle vicende di Jan Morrow (Doris Day), una giovane arredatrice, che ha la linea telefonica in comune con Brad Allen (Rock Hudson), affascinante e corteggiatissimo. Nonostante non l’abbia mai incontrato, Jan odia Brad; quest’ultimo allora decide di spacciarsi per Rex Stetson, e di corteggiare Jan che ne è molto felice. Le cose cominciano a prendere una piega diversa quando Jan scopre la vera identità del suo corteggiatore.

Il regista Micheal Gordon mette in scena un lungometraggio ricco di allusioni sensuali, facendo del gioco amoroso il perno della narrazione, alla vigilia degli Anni Sessanta dove risultava ancora impensabile poter mostrare scene più spinte o ambiziose, diventando in tal proposito uno dei lavori più avanguardistici di quegli anni. La sceneggiatura, curata da Russel Rouse e vincitrice del premio Oscar, è abile, curata e divertente, consapevole che la presenza di Doris Day e di Rock Hudson l’avrebbe senza dubbio migliorata.

Doris Day e l’impronta del suo personaggio

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Doris Day è la combinazione perfetta di sofisticazione e innocenza, prototipo della donna indipendente e sicura di sé che in quel periodo stava cominciando a farsi strada nella rappresentazione cinematografica, e che poi vedrà la luce durante gli anni Sessanta con l’emancipazione femminile e la conseguente ricerca di una propria libertà, annessa di innumerevoli battaglie che vedranno proprio le donne uscire come trionfatrici. Jan e Brad sono due poli opposti; la prima sembra non sapere nulla sull’amore, mentre Brad è simbolo della virilità maschile.

Al centro della narrazione sta la presunta castità della giovane Jan che crede ancora nell’esistenza di gentiluomini, insieme alla sua voglia di libertà e indipendenza dalla figura maschile. Nonostante la conclusione del lungometraggio sia prevedibile, interessante è studiare ciò che sta nel mezzo di esso. Jan è la maggiormente analizzata ed elaborata; incarnando i valori di libertà e indipendenza, facendo valere le proprie decisioni e opinioni senza mai farsi influenzare dalla volontà maschile, Jan è un personaggio tremendamente attuale bloccato in un’epoca in cui valori simili erano inimmaginabili. Questa è la risposta che può essere data alla questione Oscar e la sua mancata vincita: un ruolo troppo all’avanguardia in un mondo non preparato a recepirlo.

Il letto racconta, la metamorfosi di Jan

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Doris Day e Rock Hudson

Interessante è anche la metamorfosi che Jan attraversa durante il minutaggio attribuitogli nella pellicola. È un processo complesso ma estremamente affascinante, non consueto per l’epoca, in cui viene analizzato il lato caratteriale di Jan e l’integrazione che lei compie verso sé stessa, abbracciando nuovi lati della sua personalità. Dapprima focalizzata solo sul lavoro, sulla cura di sé stessa e del proprio benessere, e in attesa di un uomo che sappia soddisfare i suoi requisiti, alla fine della narrazione la troviamo profondamente cambiata ma al contempo bilanciata.

Jan riesce a cambiare prospettiva sull’amore senza andare però mai a perdere il suo io. È una donna matura e intelligente, che integra alla sua vita la sua nuova concezione amorosa, senza dimenticarsi di ciò che desidera per sé stessa. Riesce a mescolare e bilanciare perfettamente la sua carriera e la sua vita privata. Doris Day e la sua Jan si dimostrano così come una delle figure capostipiti dell’emancipazione femminile al cinema.


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Rebecca, classe 2000. Scrivo da che ne ho memoria e da ancora più tempo guardo film. Ho troppi film preferiti, sono innamorata del cinema in tutte le sue forme, vorrei vivere all'interno di una sala cinematografica e aspetto il Festival del cinema di Venezia come fosse Natale.

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