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«After Life», una sana seconda stagione

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5 minuti di lettura

Dopo il successo della prima stagione, Ricky Gervais torna su Netflix con il seguito di una serie TV che, apparentemente, sembrava essersi già conclusa: After Life. Ma la nuvolaccia fantozziana torna ad attanagliare Tony con il giusto carico di dolorosi ricordi, rivelando così nuove drammatiche ed esilaranti situazioni e una breve previsione di quelle in arrivo.

Ricky Gervais e Netflix, la coppia che non delude

After Life

Per chi ancora non lo conoscesse, Ricky Gervais è un comico britannico di fama internazionale, noto per il suo humor nero piuttosto tagliente. Non è la prima volta che l’attore e regista inglese collabora con la piattaforma americana, sulla quale possiamo trovare appunto tutti i film da lui (in parte) diretti. A questo proposito, ci teniamo a consigliare alcune delle perle, più divertenti che ben riuscite, per strapparvi una risata e colmare una lacuna comica abbastanza grave: dalla stand-up comedy intitolata Humanity alla serie Derek o il meno fortunato, ma comunque spiritoso, Special Correspondents con Eric Bana.

Chi invece ha già avuto modo di addentrarsi nel provocatorio mondo della sua battuta, sa con certezza che la recente conduzione della 77ª edizione dei Golden Globe Awards non era altro che una versione visivamente svogliata ed “edulcorata” di alcuni temi principali che da sempre permeano il suo umorismo, talvolta eclissato da un’intima malinconia. Il già citato Humanity è infatti un esempio lampante di come coniugare il suo black humor al perenne dramma della vita.

After Life, il pudore dei sentimenti

After Life

Tony, interpretato dallo stesso Gervais, è un uomo di mezza età afflitto da una profonda depressione, causata dalla prematura scomparsa della moglie Lisa a causa di un tumore improvviso. Il suo unico rifugio è rappresentato dal pc, con cui riguarda costantemente vecchi video ricordi riguardanti il suo passato con la moglie, ma ovviamente è costretto a ricredersi. È chiaro come il presente rappresenti per lui l’after life, un limbo in cui deve fare i conti con un passato da giocherellone ed un futuro da uomo ancora speranzoso. Questa seconda stagione però, a differenza della precedente, dipinge Tony in modo quasi secondario, spronandolo a riallacciare non più i suoi rapporti ma quelli degli altri.

After Life è un prodotto sano e genuino. Una serie televisiva come non se ne vedeva da tempo, priva di tecnicismi inutili o ambizioni velleitarie, lontana dalla maggior parte delle produzioni in grande stile, spesso scambiate per film mancati. Il suo potere comunicativo nasce dalla semplice interazione dei personaggi che circondano il mondo di Tony, in alcuni casi goffi e grotteschi, comunque profondamente realistici. Per quanto riguarda il fronte tecnico, come già anticipato, ci si trova davanti ad una chiara e limpida messinscena, eccessivamente condita da una fotografia Tumblr, chiaramente sostitutiva dell’unico strumento moderno di cui questa serie si priva: il social network, rimpiazzato da un becero giornale locale.

In attesa della terza stagione?

After Life

Questo capitolo della “nuova vita” di Tony sembra pienamente concludersi, anche se in modo alquanto sospetto. Ovviamente, la curiosità per il seguito di una delle opere più riuscite di Ricky Gervais divora chiunque abbia finito con piacere quest’ultima stagione di After Life, caldamente consigliata a tutti gli amanti delle serie televisive.

leggi la recensione di After life 3, l’appassionante stagione conclusiva

Una cosa è certa, After Life non è per tutti… o forse sì. Non ci assumiamo la responsabilità di consigliare ad un pubblico infantile un prodotto che, seppur covi un messaggio di importanza vitale e costruttiva, affronta temi adulti e presumibilmente inappropriati. Ricky Gervais non tralascia però il mondo dell’infanzia, un tema ben presente nei suoi shows, adottando una scrittura teneramente schietta e credibile. Basti pensare alla prima interazione tra Tony ed il piccolo nipote, una delle scene chiave della prima stagione.

Nell’ipotetico caso in cui, citando la battuta finale di questo dialogo, il bambino che è in noi dovesse richiedere a gran voce, strillando e sbraitando, perchè mai Ricky Gervais non abbia più intenzione di proseguire una serie così amata e coinvolgente, ecco che forse la voce tuonante del garante produttivo risponderebbe con un secco e sonoro: «Perché è un stronzo».


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