Con non poche polemiche e una serie di problematiche legate sia alla produzione che alla distribuzione e alla successiva promozione del film, Biancaneve, il live-action del classico Disney del 1937 diretto da Marc Webb, è arrivato nelle sale cinematografiche italiane dal 20 marzo scorso. Nei panni della sfortunata (sia fuori che dentro allo schermo) principessa Biancaneve c’è Rachel Zegler, mentre Gal Gadot presta il volto alla Regina Cattiva, completano il cast Andrew Burnap, Ansu Kabia, Hadley Fraser e Lorena Andrea.
Biancaneve, o come non fare un live-action

Biancaneve (Rachel Zegler), una giovane principessa buona e leale, vede la sua vita cambiare radicalmente dopo la morte di sua madre e il conseguente matrimonio di suo padre con un’altra donna, la bellissima ma terribile Regina Cattiva (Gal Gadot). Dopo la morte di suo padre per mano della Regina, Biancaneve è ormai delegata a serva nel castello, nonostante di diritto le spetti il trono.
Gelosa della sua bellezza, sia esteriore ma soprattutto interiore, la Regina Cattiva ordina la morte della giovane ragazza, che viene però risparmiata e costretta a fuggire nei boschi. Qui farà la conoscenza di sette nani e un’improbabile banda di fuorilegge, tra cui l’affascinante Jonathan (Andrew Burnap), che la aiuteranno a sconfiggere la Regina.
Si sa, riadattare un grande classico per il grande schermo non è mai impresa facile, ma realizzare un live-action di uno dei cartoni animati Disney più iconici e amati di sempre come Biancaneve, è un’impresa ancora più ardua e all’apparenza impossibile. Dopo i recenti flop (uno su tutti Il Re Leone e il divisivo Mufasa), anche questa volta la casa di Topolino non centra il bersaglio, e realizza un lungometraggio con più difetti che pregi, scialbo, poco coinvolgente e con una storia che è andata incontro a non pochi cambiamenti. Ma quindi, che cosa non ha funzionato nel complesso?
Biancaneve e la Regina Cattiva, un dualismo mancante

Da un lato un’anima pura, gentile e bella, sia dentro che fuori, dall’altro un’anima malvagia e cattiva. Biancaneve e la Regina Cattiva (Grimilde, nel cartone originale), questo l’eterno dualismo che accompagna tutta la narrazione nel classico della Disney, una costante lotta tra il bene e il male che arriva a conclusione solo al termine delle vicende, e che costituisce il fulcro narrativo dell’amatissima storia. Tematica forte e centrale che si perde però in questo live-action, soprattutto a causa di una sceneggiatura che predilige altri elementi, costituendo per tale motivo una delle grandi mancanze.
La Biancaneve di Rachel Zegler brilla, mostrando tutta la sua bontà d’animo e dolcezza, la sua forza ma soprattutto la sua determinazione nel voler far sentire la sua voce. Nel suo complesso si tratta di una Biancaneve molto diversa rispetto a quella della versione animata; più consapevole di sé e dei suoi desideri, una principessa sempre pronta a lottare per ciò in cui crede e nei suoi ideali. D’altro canto, la sua nemesi, la temibile Regina Cattiva, non gode di questo privilegio. Piatta e senza caratterizzazione, l’antagonista della storia non riesce a prendere un posto preponderante in questa vicenda, risultando poco convincente e a tratti finta, complice l’interpretazione più che patinata e troppo forzata di Gal Gadot.
Biancaneve, che cosa non ha funzionato
Un film godibile ma non troppo, poco fedele alla tradizione e che per questo rischia, decidendo di apportare delle modifiche dove sarebbe stato più opportuno rimanere fedeli al prodotto originale. Tra i tanti lati negativi si trova anche il comparto tecnico; la CGI, soprattutto quella utilizzata per realizzare i sette nani (creati interamente a computer), rende più artificiosa la narrazione, così come i costumi e le scenografie, poco convincenti e molto innaturali. La sceneggiatura procede spedita anche nei punti in cui si dovrebbe dedicare più attenzione a tematiche come la corruzione, la lotta per il bene e l’uguaglianza, creando così innumerevoli buchi di trama.
La scelta di rimodellare la figura del Principe ha funzionato? A metà. Se da un lato l’introduzione della figura di Jonathan (Andrew Burnap), che non è un Principe ma un ladro, poteva giovare alla storia rendendola più accattivante e leggermente più originale, cade nella banalità con un personaggio privo di alcuna caratterizzazione e profondità. In sintesi, l’ennesima falla in un lavoro già pieno di lati negativi e condannato già sul nascere, complici le numerose polemiche che da sempre hanno aleggiato sulla produzione di questo lungometraggio.
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