tsai ming liang fotografato da stephanie cornfield, a venezia 82 arriva con Hui Jia (back home)
Tsai Ming Liang, a Venezia 82 con Back Home, qui fotografato da Stephanie Cornfield. Credit: Stephanie Cornfield

Venezia 82 – Hui Jia (Back Home), un minimalismo sempre più radicale

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6 minuti di lettura

Fuori concorso all’82ª edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il nuovo film di Tsai Ming-liang: Hui Jia (Back Home). Un altro tassello di una filmografia artisticamente sempre più libera e minimale, eccessiva ma anche unica nel suo genere.

Hui Jia, Tsai Ming-liang e l’arte di raccontare la solitudine per immagini

Per apprezzare a pieno Hui Jia è forse necessario contestualizzarlo all’interno di quest’ultima parte di carriera del suo autore. Fin dai suoi primi film Tsai Ming-liang si è posto l’obiettivo di raccontare per immagini – meno con i dialoghi – la solitudine, e spesso l’auto-alienazione dal mondo circostante. Ambienta le sue opere in scenari urbani, affollati, seguendo il silenzio dei suoi protagonisti. Nel suo capolavoro Vive l’amour (quest’anno nella categoria Venezia Classici) riesce ad analizzare tre diversi personaggi soli che si incrociano. Una solitudine condivisa che resta tale.

Tsai Ming-liang, regista di Hui Jia (Back Home) fotografato da Stephanie Cornfield. Il regista è in un ambiente pieno di chiaroscuri, guarda alla sua sinistra.
Tsai Ming-liang, regista di Hui Jia (Back Home) fotografato da Stephanie Cornfield.
Credit: Stephanie Cornfield

Recentemente invece, in Days (il suo ultimo lungometraggio fiction), rende la reale malattia del suo attore feticcio Lee Kang-sheng uno strumento per parlare di un isolamento forzato, della depressione e della noia; lo fa attraverso lunghe inquadrature fisse ed eterni silenzi, tipici della sua regia. Nel cast di Days anche Anong Houngheuangsy, qui protagonista (se così può esser definito), in quanto il ritorno a casa dichiarato nel titolo è il suo.

Le immagini di Hui Jia

Forse è proprio a causa della malattia di Lee Kang-sheng (l’attore che ha accompagnato Tsai per tutta la sua carriera) che lo stile del regista è diventato sempre più radicale. Non è più tempo di personaggi, di finzione, di film convenzionali. Tsai Ming-liang ha parlato tanto della solitudine, e intanto è come se a sua volta il suo cinema fosse diventato solo. Privato del suo volto principale, adesso la protagonista dei suoi film è effettivamente la solitudine collettiva.

Tsai ming-liang durante la proiezione del suo film Hui Jia (Back Home) in sala grande a Venezia 82
Tsai Ming-liang durante la proiezione del suo film Hui Jia (Back Home) in Sala Grande a Venezia 82.
Credits: Andrea Avezzù La Biennale di Venezia – Foto ASAC

Hui Jia è un film composto da inquadrature fisse e scorci di campagna. Lo spettatore adesso è lontano dai contesti urbani a cui l’autore lo aveva abituato, quindi ancora più alienato dalla società. Tsai inquadra case vuote, ogni tanto qualche animale, raramente qualche persona (con dialoghi non sottotitolati). Lo spettatore è abbandonato a se stesso: gli animali attraversano le immagini e vanno via, così come le automobili che percorrono le strade che vengono inquadrate, ma la scena non finisce, e lo spettatore resta sul ciglio della strada, con il mezzo cinematografico che lo obbliga a restare fermo.

È alienazione totale, una solitudine immutabile perfettamente rappresentata dalla scena del cane alle giostre. Un cane intrappolato al centro di una giostra che gira attorno a lui. Vorrebbe uscirne ma non può, fa dei tentativi, ma non ha il tempo di inserirsi nello spazio tra un sedile e l’altro. Va tutto troppo veloce, è tutto troppo caotico e pericoloso, quindi resta lì, intrappolato, da solo.

Hand-sculpted cinema

Tsai Ming-Liang crede nel cinema libero, non vincolato da regole filmiche o industriali. Con Hui Jia (Back home) fa quello che viene definito hand-sculpted cinema. Anche se spropositatamente minimalista, il suo film riesce ad esporre interessanti riflessioni sull’immagine, sullo sguardo e sull’empatia che nasce da esso. L’autore abbandona la sceneggiatura e si lascia trasportare dal mondo che lo circonda, riprendendolo così com’è, puntando gli occhi dello spettatore sulle banalità a cui non fa caso nella vita di tutti i giorni.

La delegazione del film Hui Jia (Back Home) al photocall di Venezia 82. Al centro il regista Tsai Ming-liang.
Tsai Ming-liang e la delegazione del film Hui Jia (Back Home) durante il photocall a Venezia 82.
Credits: Aleksander Kalka La Biennale di Venezia – Foto ASAC

Hui Jia è arte moderna, e come tale sa essere eccessiva e provocatoria nei confronti del consueto. Quindi aspramente criticabile da chi predilige uno sguardo istintivo e definito, senza la voglia o l’interesse di approfondire, contestualizzare e metabolizzare un’idea di cinema diversa da quella a cui è abituato. Non è un limite, né una colpa dello spettatore, ma è quello a cui va in contro Tsai Ming-liang nelle sue ultime opere, sempre più in caduta libera verso un’espressione artistica totale, priva di compromessi, lontana da tutto e tutti, ovvero sempre più sola.


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Classe 1997, appassionato di cinema di ogni genere e provenienza, autoriale, popolare e di ogni periodo storico. Sono del parere che nel cinema esista l'oggettività così come la soggettività, per cui scelgo sempre un approccio pacifico verso chi ha pareri diversi dai miei, e anzi, sono più interessato ad ascoltare un parere differente che uno affine al mio.

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