Nell’ottantesimo della sua morte, Maria Cvetaeva è stata riscoperta, riletta, amata. Le sue poesie sono lo specchio della sua anima esule.
Era una esule, Marina Cvetaeva. Esule dalla Russia e anche dalla vita. «I poeti sono tutti ebrei», scriveva. La sua storia ha il profumo della tragedia, si apre il sipario e il dolore entra in scena. Marina Cvetaeva si inchina davanti alla sofferenza, è un’adesione volontaria al dolore, la sua. Una chiamata alle armi accolta a testa alta.
Alla Rivoluzione del 1917 seguirono tempi duri, il cibo non bastava per tutti e la poeta fu costretta a scegliere tra la figlia maggiore e quella minore, Irina, che morì in orfanotrofio. Si dice che la bambina sbattesse la testa per terra per […]
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