Cai Shangjun torna al Lido di Venezia quattordici anni dopo l’ultima volta, dove vinse il Leone d’Argento alla Miglior Regia grazie a People Mountain People Sea.
Con The Sun Rises On Us All (in Concorso a Venezia 82 per il Leone d’Oro) Shangjun tratta una storia drammatica che si rivela scena dopo scena attraverso la psicologia dei suoi due protagonisti. Il film è valso la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile a Xin Zhilei.

Credits Andrea Avezzù, La Biennale di Venezia – Foto ASAC
The Sun Rises On Us All, una vita apparentemente normale
Meiyun (Xin Zhilei) vive la sua vita con il sorriso. Lavora, usa i social, frequenta un ragazzo. Tutto appare normale fino a quando non incontra Baoshu (Zhang Songwen), un uomo dalla cupa presenza scenica che preoccupa visibilmente la protagonista. Iniziano sequenze di non detto tra i due, con Baoshu sempre più invadente nella vita di Meiyun. Ad un tratto quest’ultima riceve in casa Shi Qifeng (Feng Shaofeng), il ragazzo che sta frequentando, ma nell’abitazione vi è anche Baoshu che inizia a confidarsi con lui, rivelando quindi la sua natura.
L’uomo dice di essere l’ex compagno di Meiyun. Poi dichiara di essere appena uscito di prigione. Cinque anni di reclusione. Il motivo: ha fatto del male a qualcuno. L’atmosfera è sempre più tesa, Baoshu appare sempre più pericoloso. Poi precisa: è stato un incidente automobilistico. Nella scena successiva un’altra rivelazione: alla guida c’era Meiyun, Baoshu si è addossato la colpa.
In The Sun Rises On Us All Shangjun gioca con la tensione e con la mente dello spettatore, caratterizzando in maniera definita il buono e il cattivo di questa storia, poi ribalta tutto, e lo fa con piccole rivelazioni. Meiyun non è più sorridente come prima, il senso di colpa dà un freno alla vita normale che si è costruita privando l’amante della sua libertà.
Il vittimismo empatico di The Sun Rises On Us All

Shangjun in The Sun Rises On Us All riflette in modo interessante sulla dicotomia tra bene e male. Presenta prima una protagonista positiva, poi un misterioso ma inquietante antagonista del passato, infine inverte i ruoli ed è immediata l’empatia (e la simpatia) per Baoshu in quanto vittima. Privato di cinque anni della sua vita, privato del suo amore, privato di un ultimo saluto alla madre – morta con la convinzione della sua colpevolezza.
Il regista gioca sporco, utilizza dei grandi drammi come strumento per forzare l’empatia dello spettatore; lo fa fin da subito, ancora prima delle rivelazioni di Baoshu, tramite la figlia di Shi Qifeng in ospedale, per poi riproporsi in maniera estremamente drammatica in un finale totalmente fuori dai binari di una storia a cui sarebbe bastato poco per emozionare.
Il lavoro fatto sulla psicologia dei personaggi funziona a metà, passando dalla delicatezza del non detto e del fuoricampo alla disperata tragedia urlata. In mezzo non mancano grossi problemi etici, come un’effettiva scena di stupro presa troppo alla leggera – un atto breve e visibilmente non violento, ma non consenziente – commesso dalla vittima, dal personaggio con il quale lo spettatore sta empatizzando maggiormente.
The Sun Rises On Us All, un film bipolare
Alla fine dei conti The Sun Rises On Us All è un film in grado di creare un certo impatto nella mente dello spettatore, restandoci anche giorni dopo la fine della visione. È ragionevole continuare a pensarci, continuare a riflettere sulle scelte estreme e discutibili messe in atto dai personaggi scritti da Cai Shangjun e Han Nianjin (moglie di Shangjun). È però complesso trovarci un senso logico, le azioni diventano comprensibili nell’ottica dell’estrema disperazione in cui si trovano – eppure difficili da contestualizzare in maniera realistica per una sovrabbondanza di episodi drammatici.
Credits J. Salvi, La Biennale di Venezia – Foto ASAC
The Sun Rises On Us All è un film che predilige provocare una reazione istintiva nello spettatore che subisce la sua visione, ma il dramma, quello vero, quello scritto e realizzato con criterio, sa commuovere con semplicità. Non c’è niente di più emozionante di una storia sincera che attraversa i drammi della vita di tutti i giorni. Quando si tende ad esagerare, l’empatia viene meno e lo spettatore non ci crede più. Il resto è solo show del dolore.
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