Non chiamiamola versione italiana del teen drama. La nuova stagione di Baby è qualcosa di più, ma con un non so che di irrisolto. Dipenderà dal contrasto tra aspettative dello spettatore e realtà in scena. Visto che la serie è liberamente ispirata alla storia delle baby-prostitute del quartiere Parioli, ci immagineremmo uno sprofondamento nel proibito. Non accade, non del tutto. Quasi fosse indecisa, la serie ondeggia tra buio e tipiche storie adolescenziali. Si muove sulla scia della prima serie in cui Chiara (Bendetta Porcaroli), una ragazza di 16 anni della Roma Bene con evidenti problemi famigliari che si riflettono sul suo vissuto sociale, incontra Ludovica (Alice Pagani) che frequenta la sua stessa scuola, l’istituto Collodi, e che, in casa, vive una conflittualità apparentemente diversa ma in realtà molto simile. Due solitudini, antitetiche solo esteticamente (la mora, la bionda), si cercano e si trovano. Insieme, per gioco, entrano in un giro di prostituzione. Da questo gioco nato nella prima stagione, figlio del disagio e ancora titubante, inesperto e poco convinto, si passa a qualcosa di più serio nella seconda che porta a conseguenze di difficile gestione.
Adolescenza: certe scelte cambiano tutto
All’inizio della prima serie la voce fuori campo (che scopriremo essere quella di Chiara) dice che ai Parioli si è immersi in un acquario bellissimo, sognando il mare, che per sopravvivere nel migliore dei mondi c’è bisogno di una vita segreta. In questo esordio c’è il filo conduttore della vicenda che la seconda serie sviluppa: fin dalle primissime battute, sempre di Chiara, si tratteggia l’adolescenza. «Una scoperta continua: non ci rendiamo conto che le nostre scelte cambieranno tutto». Si parla proprio di scelte e delle relative conseguenze. Lo ricorda indirettamente, e non a caso, il nuovo professore di Ludo (Thomas Trabacchi), citando Søren Kierkegaard: dalla libertà assoluta deriva una responsabilità assoluta. Tutto ha una conseguenza che spesso si scopre quando è ormai troppo tardi.
Motore dell’azione
A spingere le ragazze nel vortice degli incontri segreti non può esserci solo la noia e nemmeno la volontà un po’ banale di difendere qualcosa di caro, che sia l’amicizia o l’amore, ma, come ricorda ancora Chiara, il fatto che certe scelte ti fanno sentire onnipotente.
Potremmo aggiungere: diversamente da quanto accade a scuola e a casa. Nella seconda si è sempre in balia di genitori instabili, per certi versi incapaci di amarsi e amare; tra i corridoi e le aule della prima dei bulli di turno (uno su tutti Brando –Mirko Trovato– che poi, in realtà, è il più infelice di tutti), di amiche diventate nemiche (Sastre Gonzalez alias Camilla), delle maldicenze, di delusioni e voglia di scomparire.
Molti temi per una adolescenza complessa
Mancanza di comunicazione in famiglia, sentimenti che vanno e vengono, omofobia, droga, bullismo, problemi economici (sì, anche nel quartiere Parioli), essere/apparire. I temi trattati nelle poche puntate delineano un quadro complesso, l’adolescenza è sempre un guazzabuglio. Sono tutti presenti e si intrecciano lungo le strade della Capitale (che in realtà si vedono ben poco), tra case lussuose, locali ed edifici pubblici, senza che nessuno prenda il sopravvento.
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Nella vita di un adolescente niente è solo bianco o solo nero. Al di là della tanto sbandierata libertà di scelta, questi ragazzi possono avere ben poca colpa per la loro incapacità di reagire e di ricercare il meglio per loro. La responsabilità vera andrebbe rintracciata all’interno delle case, in famiglie di fatto incapaci di dare quello che dovrebbero. C’è parecchia ipocrisia che, unita alla scarsa comunicazione, genera frustrazione e malessere.
L’amore come sottofondo
Tra i tanti temi l’amore che, con la scoperta della sessualità, colora le piccole storie che scorrono in sottofondo, a volte estremizzate ma non lontane dalla realtà. Il sentimento ricambiato di Damiano per Chiara che gli chiede di guardarla per come è, e quindi nella sua doppia identità; quello annebbiato di Ludo per Fiore (Giuseppe Maggio), il “cattivo” di turno; quello di Fabio (Brando Pacitto) per un ragazzo più grande e poi per un coetaneo; l’infatuazione proibita di Niccolò (Lorenzo Zurzolo) per l’insegnante e il legame altalenante con Virginia (Federica Lucaferri) che ha un epilogo non meno “malato”.
Protagonisti che convincono e doppia regia
Nelle 6 puntate rimangono intatti, anzi se possibile si rafforzano gli sguardi penetranti e i tratti drammatici dei personaggi centrali, in particolare delle due protagoniste, Chiara e Ludovica, e pure di Damiano (Riccardo Mandolini). Tra le ragazze sembra ci sia un’inversione di ruoli: ora è quasi Chiara a incarnare la ribelle, perché Ludo è frenata dalla paura.
Ed è proprio la regia, che nella seconda stagione raddoppia (accanto ad Andrea De Sica c’è Letizia Lamartire), a valorizzare questi tratti e a dare una convincente nota patetica e intensa alla vicenda: trasforma le emozioni in ripresa. Sono frequenti i cambi di inquadratura. Primi e primissimi piani, dettagli ancor più ravvicinati, meno frequenti i campi. A dominare i piani in cui la figura umana è protagonista e prevale rispetto all’ambiente, influenza dal linguaggio social o volontà di tradurre visivamente la mancanza di stabilità? Non sarà un caso se di soggettive se ne trovano poche; a volte pur di bypassarle la telecamera fa movimenti quasi innaturali: ad esempio si appoggia sulla spalla del protagonista per inquadrare l’interlocutore, quasi a rimarcare la distanza tra i due. Come nel dialogo tra Chiara e sua madre a proposito di Brando, giudicato un buon partito perché figlio di gente che frequenta il circolo, «come papà». È inevitabile che scatti la ribellione.