Proprio come L’impero del solletico (Tickled, in lingua originale), Bikram: Guru dello yoga, predatore sessuale è un docu-dramma targato Netflix che svela come un mondo in apparenza innocente possa nascondere terribili segreti.
Le similitudini con il documentario del 2016 diretto dagli neo-zelandesi David Farrier e Dylan Reeve non finiscono qui. Anche Bikram: Guru dello yoga, predatore sessuale inizia in maniera spensierata, quasi naïve, ma si trasforma improvvisamente in un incubo, tanto per gli spettatori quanto per molti degli intervistati.
La trama di Bikram: Guru dello yoga, predatore sessuale
Bikram inizia raccontando la storia di Bikram Choudhury, un uomo di origine indiana che ha introdotto e popolarizzato il mondo dello yoga negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Trasferitosi in una lussuosa villa in California con la moglie ventenne, il 65enne guru dello yoga ha introdotto in America il concetto del pop-yoga alla fine degli anni ‘90: durante 9 settimane di intense sessioni di allenamento, Bikram Choudhury prometteva ai suoi studenti una vita migliore, priva di fastidi fisici e stress. Ma non finisce qui: il guro indiano chiedeva 10.000 dollari a lezione e, in cambio, preparava i suoi studenti a diventare maestri di yoga loro stessi, offrendo la possibilità di aprire scuole di yoga nel nome di Bikram.
Negli Stati Uniti, Bikram Choudhury divenne una vera e propria star. Il guru si trasformò in personaggio televisivo, andando in onda nei principali talk show e mostrando a tutta l’America che lo yoga avrebbe potuto cambiare la vita di chiunque in meglio. Ricchi imprenditori, produttori cinematografici e attori non avevano problemi a spendere centinaia di migliaia di dollari per ascoltarne il verbo. Ovviamente, tante donne giovani e attraenti frequentavano i corsi di Bikram con la promessa di poter aprire una loro scuola di yoga dopo le 9 settimane di training. Quello che non appariva nel contratto, però, era il fatto che Bikram Choudhury avrebbe molestato sessualmente molte delle sue studentesse in cambio del diritto di aprire la loro scuola di yoga. Se avessero osato parlare di ciò che succedeva dietro al palco, sarebbero state cacciate in malo modo e non avrebbero più potuto perseguire il loro sogno.
Informazione e suspense
La regista Eva Orner, già vincitrice dell’Oscar per Miglior Documentario con Taxi to the Dark Side (2007), ancora una volta riesce a scovare una storia originale e disturbante, che merita di essere guardata e ascoltata con attenzione. Tanto più che Bikram Choudhury, ancora oggi, prosegue indisturbato la sua attività di guro dello yoga (e, presumibilmente, anche quella di predatore sessuale), in diverse parti del mondo. La vera forza di Bikram: Guru dello yoga, predatore sessuale risiede nella quantità di materiale reperito per il documentario di Netflix. Ci si trova di fronte ad un docufilm che viene presentato e diretto come una specie di thriller, come un racconto pieno di suspense e di rivelazioni inaspettate. Infatti, per quanto le interviste a vittime e conoscenti di Bikram siano dense di emozioni e di significato, Eva Orner ha deciso di scavare ancora più a fondo.
Con un lavoro di ricerca meticoloso e, sicuramente, complicato, la regista è andata a scavare nel passato di Bikram, a ricercare ogni dettaglio raccontato dal guru dello yoga per verificarne l’attendibilità e la veridicità. Ciò che spaventa e disturba a livello emozionale in questo docufilm è la capacità di un solo uomo di costruirsi un’immagine talmente mitologica da riuscire a ingannare chiunque, comprese persone in ruoli governativi. Eva Orner cattura perfettamente questa sensazione, grazie ad una regia in grado di far rivivere allo spettatore quello che le vittime di Bikram devono aver provato negli ultimi anni, da quando è emerso lo scandalo sessuale.
Un protagonista tra tanti personaggi
Al centro di Bikram: Guru dello yoga, predatore sessuale c’è, ovviamente, lo stesso Bikram Choudhury. Un personaggio che viene definito «diabolico» da una delle donne intervistate, per la capacità di mostrare una personalità tanto magnetica da far dubitare le vittime del fatto che siano davvero state abusate. Il “sistema Bikram” emerge come una strategia estremamente subdola e disgustosa, ma al contempo è impossibile per lo spettatore prendersela con coloro che hanno tenuto la bocca chiusa. Lo yoga del protagonista di questo docufilm è qualcosa di paragonabile alla Chiesa di Scientology. Tramite la promessa di salute e libertà mentale, Bikram come la setta di Scientology lega i propri “adepti” con patti che è impossibile rompere.
Proprio per questo trasmettono tante emozioni le interviste a quelle vittime che hanno avuto il coraggio di parlare con i media, di denunciare i soprusi che accadevano dietro le quinte. Sarah Baughn e Larissa Anderson, due tre le tante vittime del guru dello yoga, hanno deciso di esporsi e di denunciare i disturbanti soprusi sessuali subiti da Bikram. Il loro coraggio è la ragione per cui questo docufilm esiste, il motivo per cui tante persone nel mondo sono, ora, a conoscenza del vero Bikram Choudhury. Tuttavia, Bikram: Guru dello yoga, predatore sessuale dimostra quanto astio le vittime di crimini sessuali debbano affrontare in contesti simili: non solo Bikram e i suoi avvocati hanno contrattaccato con veemenza, ma anche tanti altri studenti e studentesse del maestro dello yoga hanno ostracizzato le vittime, accusandole di essere nulla più che approfittatrici.
Una lezione da interiorizzare
Oltre ad analizzare e ad informare su una vicenda oscura, Bikram: Guru dello yoga, predatore sessuale riesce davvero a colpire lo spettatore nel proprio intimo. Grazie ad una narrative più simile a un’opera cinematografiche che a un documentario, questo docufilm lascia lo spettatore con una giusta sensazione di amaro in bocca. Non tanto per quanto viene rivelato prima dei titoli di coda, ma per la facilità con cui vicende di questo tipo possano accadere e per la forza che certe forme di lavaggio del cervello riesca ad avere.
Al di là dei primi 15 minuti, che potrebbero risultare ripetitivi, Bikram: Guru dello yoga, predatore sessuale è un altro documentario eccezionale realizzato da un’eccezionale documentarista. Non si tratta solamente di un docufilm che merita di essere visto, ma di un’opera che deve essere ascoltata e imparata nel più profondo senso della parola.