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Diletta Guglielmi

Intervista a Diletta Guglielmi, un sogno che arriva fino a New York

19 minuti di lettura

La giovane cremasca Diletta Guglielmi, classe 2000, ha raccontato, a noi della redazione di NPC Magazine, la sua coraggiosa e straordinaria storia e siamo qui per condividerla con voi. Diletta, a soli 20 anni, ha dato una svolta alla sua vita e, mossa da una grande ambizione e da tanta intraprendenza, ha deciso di trasferirsi nella Grande Mela, dove adesso vive da tre anni: in questa intervista ha ripercorso gli albori della sua carriera, dalla prima formazione tra Milano e New York fino all’Atlantic Acting School, poi i tanti progetti in teatro e sul set.

Diletta Guglielmi, la storia di una passione

  • Come è nata la tua passione per la recitazione? C’è stato un incontro particolare con qualcosa o qualcuno?

Quando ho iniziato a studiare al Michael Rodgers acting studio, a Milano. Avevo 16 anni e stavo cercando un corso di recitazione professionale dove formarmi. Ero andata a varie lezioni in diversi posti prima di sceglierne uno, ma quello di Michael mi ha conquistata dal primo istante: il livello di attenzione per i dettagli, nell’analizzare i personaggi, la passione e la sensibilità palpabili negli attori, mi hanno trasmesso una sensazione che non avevo mai provato. Così ho iniziato a frequentare, ero la più piccola del gruppo, circondata da tanti attori professionisti da cui ho imparato molto.

E Michael è stato un mentore incredibile. Oltre a saperne più di chiunque altro di teatro e recitazione, il suo potere era quello di riuscire a tirare le leve giuste in ognuno dei suoi attori, per far uscire fuori le migliori interpretazioni, sincere e piene di emozioni e colori diversi.

  • Quando e soprattutto perché hai deciso di stabilirti a New York?

Durante un viaggio a New York per andare a trovare mio papà che si trovava lì per lavoro, ho partecipato come uditrice ad un workshop dell’immenso acting coach Larry Moss, con cui lo stesso Michael aveva studiato per molti anni nel suo periodo americano. Avevo 20 anni, ero piuttosto persa su cosa fare della mia vita dopo il liceo e avevo alle spalle un meraviglioso anno sabbatico in giro per l’Australia. Avevo da poco iniziato l’università a Milano, che sentivo però non fare per me.

Questo workshop mi ha risvegliata e dato la spinta di cui avevo bisogno per provare a intraprendere la carriera di attrice a livello professionale. Chiesi a Larry consiglio, non avendo idea da dove cominciare, e mi consigliò di frequentare un’accademia di arte drammatica. Tra le varie che mi consigliò c’era l’Atlantic Acting School di New York, che ho poi frequentato e dove mi sono diplomata lo scorso Dicembre.

  • Quali sono i problemi maggiori che hai incontrato o incontri nella tua vita professionale e personale a NY?

Una delle maggiori difficoltà che ho avuto e ho ancora è il sentirsi soli. La mia famiglia è in Italia e nonostante sia riuscita a trovare tanti nuovi buoni amici qui, mi capita comunque spesso di sentirmi da sola. Specialmente perché le distanze di New York sono enormi e organizzarsi per una semplice uscita tra amici richiede molto pre-planning. Un’altra difficoltà sono i costi altissimi rispetto all’Italia: dall’affitto, alla spesa, all’uscire a cena o per bersi due drink.

E ancora, a Marzo dello scorso anno, quando sono stata male e ho avuto bisogno di cure mediche: è stato parecchio impegnativo gestire le spese mediche e capire come funziona il sistema sanitario qui.

  • Parlami delle tappe fondamentali della tua formazione come attrice, in Italia e negli Stati Uniti. C’è anche il teatro? Se sì, quanto è importante secondo te nella formazione di un attore?

Sicuramente Michael Rodgers a Milano. Durante il mio periodo australiano ho studiato a Melbourne con la grande acting coach australiana Gabriella Rose Carter. Larry Moss è stato importante per avermi dato quella scintilla di cui avevo bisogno per intraprendere questa strada. E altra tappa fondamentale è stato il conservatorio di arte drammatica di due anni e mezzo full-time, all’Atlantic Acting School di New York, dove ho studiato tanto Chekhov, Shakespeare, Script Analysis, Improvvisazione, Voce, Movimento e molto altro.

Ho studiato recitazione in generale, focalizzandomi principalmente sul teatro realistico contemporaneo. Il teatro per me è stato importantissimo e penso che un attore, per essere completo, necessiti di un training teatrale. Sono convinta che gli attori migliori facciano sia teatro che cinema, e che se sei un bravo attore sul palco sei un bravo attore anche di fronte alla telecamera, ma non necessariamente il contrario.

Ora che ho finito la scuola e sto lavorando come attrice a tempo pieno, voglio lavorare sia nel cinema che nel teatro e per ora ci sto riuscendo. Sto lavorando a diversi cortometraggi e ad una produzione teatrale di una play nuova chiamata Halston’s Amitha, con cui andiamo in scena al Teatro Latea di New York dal 26 Aprile.

Diletta Guglielmi

  • Quali sono le produzioni più importanti a cui hai partecipato finora, quelle che ti hanno lasciato qualcosa dentro, che ti hanno fatto crescere come attrice?

Una delle esperienze lavorative più significative per me è stata recitare a fianco di Blanche Baker (grande attrice americana, nota per il film cult americano 16 Candles) nel cortometraggio Kew Gardens. Io ho interpretato il personaggio di Cynthia, di cui vediamo sia la versione adulta dove è infelicemente sposata con un uomo, che la versione giovane, in una scena romantica e di passione con una donna molto più vecchia di lei, Becky (Blanche Baker). Con Blanche ho avuto una delle mie prime scene di intimità su un set, ma è stata un’esperienza molto professionale e, grazie a Blanche e alla crew sul set, mi sono sentita molto a mio agio e supportata.

Un altro progetto a cui ho preso parte recentemente è un cortometraggio che si intitola Monster. È una storia che tratta principalmente di gelosia, di una gelosia folle, di quelle che ti mandano fuori di testa.

I protagonisti di questo corto sono Joel (Andreas Ktorides) e Ava (interpretata da me), giovane coppia che lavora nel mondo del cinema: lui film-maker, lei attrice. Si ritrovano a lavorare sullo stesso set per girare una commedia romantica, Joel come addetto all’audio e Ava come attrice protagonista. Il dramma scoppia quando Ava deve girare una scena di sesso con il co-protagonista Cole, di cui Joel è gelosissimo, il che porterà la coppia ad una serie di litigi pesanti e ad un violento confronto tra Joel e Cole.

Un altro personaggio che ho amato interpretare è Desire nel corto Burning Desire. Una giovane donna intrappolata in una relazione tossica e infelice con il suo partner Earn, con cui convive. I temi principali sono l’incapacità di comunicare tra i due e l’aggressività passiva che sta lentamente uccidendo la relazione. Desire deve trovare la forza di agire e mettere fine alla sua miseria, lottando per salvare la relazione oppure andandosene per la sua strada.

Ultimo progetto, di cui ho appena finito le riprese, è il corto intitolato 333, girato su pellicola 16mm, scritto e diretto dal regista e attore argentino Santiago Achaga insieme al regista e scrittore argentino Ignacio Casaretto, prodotto da Magenta Film. In questo progetto interpreto il personaggio di Mary, una giovane malata terminale che per mettere fine ai suoi dolori tenta il suicidio. È seguita e protetta però da Ezekiel, interpretato da Santiago Achaga, una sorta di angelo custode che Mary non può vedere, ma di cui sente la presenza, e che la aiuterà nella lotta contro le sue battaglie interiori.

Non è stato facile interpretare un personaggio così complesso e carico di intense emozioni, che deve affrontare un momento di vita così drammatico e complicato, senza alcuna speranza di un futuro felice.

  • Qual è la cosa che cerchi di curare di più quando ti approcci a un personaggio?

È importante per me partire da una profonda analisi del personaggio e dello script. Capire nel dettaglio chi è il mio personaggio, cosa vuole, quali sono i suoi valori, obiettivi, paure, qual è il suo arco, percorso e cambiamento nel corso della storia. Una volta che ho ben chiare tutte queste cose, è importante per me memorizzare bene le mie battute, così che io non debba preoccuparmi di ricordarmele sul set: in questo modo posso focalizzarmi sul vivere la scena, il momento presente, in modo onesto e sincero, seguendo i miei impulsi e il mio istinto.

  • Cosa ti fa meravigliare nell’interpretazione di un attore?

Le interpretazioni che più mi conquistano sono quelle che tramite un piccolo gesto o dettaglio mi comunicano un’emozione: quando anche senza dialogo, con un’espressione o uno sguardo, si capisce esattamente cosa prova o a cosa pensa il personaggio. Una delle mie interpretazioni preferite è quella di Margot Robbie in I, Tonya.

Diletta Guglielmi

  • Ti capita di avere nostalgia della tua vita in Italia? Se sì, di cosa in particolare?

Non troppa. Mi manca la mia famiglia, alcuni amici, i miei gatti, la cucina italiana e i prezzi più bassi. Ma l’energia di New York non la vorrei lasciare mai. Però mi piacerebbe molto lavorare sia in America che in Italia, o in generale in Europa. Vorrei essere un’attrice internazionale e che viaggia molto per lavoro, perché apprezzo sia le produzioni americane che quelle europee.

  • Riesci a ritagliare del tempo dai tuoi impegni di studio e lavoro da attrice? Cosa ti piace fare nel tempo libero?

Lavoro full-time come attrice, le mie giornate le passo o sul set o a fare audizioni o nelle sale prove. Ho avuto un periodo in cui facevo fatica a ritagliarmi del tempo libero, perché avevo voglia di lavorare il più possibile e paura di perdere opportunità, se non mi dedicavo a questo lavoro 16 ore al giorno.

Adesso, pur impegnandomi sempre al massimo e avendo la stessa voglia di lavorare e mettermi alla prova, cerco di staccare di più, di avere dei momenti di riposo, di sfogo e divertimento. Mi piace andare alla palestra di arrampicata dove sono socia, mi piace uscire con i miei amici a giocare a biliardo o andare in locali per ascoltare musica dal vivo… Mi piace andare al cinema Angelika al martedì, quando fa metà prezzo. E adoro andare in giro per New York senza meta e camminare per ore.

  • Consiglieresti a una tua coetanea o a un tuo coetaneo italiano aspirante attore di tentare la tua stessa avventura?

Certo, sono molto contenta delle mie scelte e delle mie esperienze fin ora. New York offre tantissimo a una giovane attrice che ha voglia di fare, specialmente per gli artisti interessati sia al cinema che al teatro. E l’aver scelto di studiare in un’accademia di arte drammatica mi ha insegnato molto e ora mi sento una brava attrice, consapevole del mio strumento e dei miei punti di forza e debolezza.

Ci sono tanti attori che non hanno mai studiato e che imparano facendo, sul set. Da quando ho iniziato a lavorare ho imparato tantissime cose che a scuola non ti insegnano. L’esperienza e la pratica sul set sono fondamentali, ma io personalmente sono contenta di avere avuto una base solida di formazione: studiare recitazione è stato davvero importante. Penso che ci siano mille modi diversi per arrivare ad uno stesso obiettivo e che ognuno abbia il suo percorso unico, di cui è importante fidarsi e godere, senza compararlo a quello degli altri.

Al di là del mio percorso di attrice però, il viaggiare e vivere un’esperienza lontano da casa, uscendo dalla propria zona di comfort, mi ha aiutato tantissimo a crescere, a maturare e diventare la giovane donna determinata e ambiziosa che sono oggi. E questo lo consiglio davvero tanto.

  • Quale cosa consideri in assoluto la più bella del tuo lavoro?

Il mio lavoro è bellissimo, non c’è cosa che amo di più di recitare. Mi piace l’empatia che provo e che si crea tra me e il personaggio che interpreto e la sua vita, capendo le motivazioni delle sue azioni, delle sue vittorie e delle sue sofferenze. Cerco di comprendere a fondo la psicologia del personaggio e trovare punti in comune con la mia persona, per giocare sulle differenze e somiglianze tra di noi.

La mia parte preferita però è proprio quando si gira: dopo aver analizzato bene la storia e il personaggio, dopo aver fatto le prove, con i costumi indosso e sul set pronto con scenografia e luci. Quando il regista grida “Action”. In quel momento la cosa più importante è raccontare la storia del tuo personaggio vivendo nel momento presente, trovando e scoprendo sfumature e dettagli nuovi nella scena, insieme agli altri attori.

Sono bellissimi per me l’energia, l’impegno e la concentrazione nell’aria di un set, quando ognuno ha il suo ruolo specifico e contribuisce a creare la magia del cinema: si lavora e collabora tutti insieme per dare vita ad un progetto artistico comune.

  • C’è un progetto in particolare, un personaggio o un film che vorresti tanto fare, che ti piacerebbe ti proponessero?

Mi sento molto più forte nelle tragedie che nelle commedie. Mi piacerebbe molto lavorare a un film ispirato ad una storia vera, interpretare una donna realmente esistita e onorare la sua storia. Non ho un personaggio in particolare in mente, ma mi piace l’idea di dovere informarmi a fondo e studiare dettagliatamente la vita di una persona, il suo modo di comportarsi, di parlare, di camminare, le sue idee e il suo carattere…

I personaggi che più mi interessa rappresentare in questo momento sono giovani donne che non hanno ancora trovato la loro voce e che devono affrontare un percorso alla scoperta di loro stesse per trovare il proprio valore, la loro forza e indipendenza. Mi piacerebbe tantissimo lavorare con Luca Guadagnino, Wes Anderson, Muccino, Greta Gerwig e molti altri… Tra le mie attrici preferite ci sono Margot Robbie, Phoebe Waller-Bridge, Scarlet Johansson, Emma Stone, Olivia Colman… Sarebbe un sogno lavorare con chiunque tra queste persone.

Giovanna Pasi


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