Sbaglieremmo, e di grosso, se pensassimo di poter parlare di Sotto il sole di Riccione (disponibile su Netflix dal 1 luglio) usando gli schemi tradizionali del giudizio razionale. Così come sbaglieremmo anche se volessimo scriverne una recensione critica, per analizzarne la regia, la fotografia, la sceneggiatura e la recitazione degli attori. Con Sotto il sole di Riccione bisogna uscire dalla dimensione del razionale per addentrarsi in quel fantastico mondo che è l’universo della cinematografia per adolescenti, in cui le categorie logiche tradizionali cadono miseramente all’apparir del vero, come la Silvia di Leopardi.
Leggi anche la nostra recensione del trailer
L’avvincente trama di «Sotto il sole di Riccione»
Proprio per i motivi sopra indicati, l’unica cosa di cui possiamo parlare a proposito di Sotto il sole di Riccione è la trama. E, strano ma vero, la trama del film è quanto meno banale: fin dai primi fotogrammi, già si capisce come andrà a finire il film.
Riccione, estate. Un gruppo di ragazzi, intorno ai 20 anni di età, chi più e chi meno, si ritrova a trascorrere insieme le vacanze al Bagno 66. Non è ben chiaro in che momento dell’estate ci troviamo, né quanto durino queste vacanze; probabilmente, da alcuni indizi, possiamo immaginare una settimana verso la fine di agosto. Ma non ha molta importanza, in fin dei conti. No?
Dicevamo: amici al mare che si divertono e fanno le cose che fanno i ragazzi in vacanza al mare. Ridono, scherzano, bevono, si innamorano. Così, in questo film corale in cui non c’è un vero e proprio protagonista, abbiamo Marco (Saul Nanni) – faccia pulita da bravo ragazzo, capelli ben pettinati e occhiali rotondi alla Hermann Hesse, simpaticamente soprannominato Flemma dagli amici per la sua mollezza – che si trova a condividere una stanza con Tommy (Matteo Oscar Giuggioli), autodefinitosi «lo schiacciatore» (ma non vi diciamo di cosa), capelli lunghi e canne, che si esprime biascicando a suon di fra bro zio. Ma che è anche colui che ci ha rubato il cuore, sicuramente tra i motivi per cui vale la pena di vedere il film. Marco è innamorato di Guenda (Fotinì Peluso), che però lo vede solo come un amico. A Tommy, insieme a Gualtiero (Andrea Roncato) – ex bagnino sciupafemmine, padrone di casa dei due ragazzi – l’ingrato compito di aiutare Marco a conquistare Guenda. Ci riuscirà? Ai posteri l’ardua sentenza.
Marco ha alcuni amici in spiaggia, conosciuti negli anni precedenti. Oltre a Guenda, c’è la disinibita Mara (Giulia Schiavo) e il povero Furio (Davide Calgaro) che nessuna se lo fila. Poi c’è Vincenzo (Lorenzo Zurzolo), ragazzo cieco che appena arrivato fa amicizia con Furio e viene introdotto nella compagnia. «Le ragazze sono come la carbonara, ci sono quelle con la panna e quelle senza» – questo il profondo insegnamento che Furio impartisce a Vincenzo, subito prima di iscriverlo a un’app di dating dove fa la conoscenza di Camilla (Ludovica Martino). Quest’ultima in realtà è già impegnata in una relazione, ma il rapporto con il partner si è incrinato e in Vincenzo trova «lo psicologo» cui aggrapparsi. Ma non solo…
Alla compagnia si aggiunge – non si capisce bene perché – anche Ciro (Cristiano Caccamo), scugnizzo del sud arrivato in Romagna per sfondare come cantante ma rimasto come bagnino e dove ritrova Emma (Claudia Tranchese), migliore amica della sua fidanzata, anche lei in Romagna per lavoro. Quello che succede tra Ciro e Emma non ve lo diciamo, non per evitare spoiler ma perché ci sarete sicuramente già arrivati. Infine ci sono gli adulti: oltre al già citato Gualtiero, c’è Irene (Isabella Ferrari), l’apprensiva madre single di Vincenzo, che finisce subito, ma non senza difficoltà, tra le possenti braccia di Lucio (Luca Ward), bodyguard di un locale.
Insomma, tutti questi personaggi intrecciano le loro vite in una settimana a Riccione, tra serate passate a ballare, tornei di beach volley in spiaggia, l’immancabile gioco della bottiglia e tutta una serie di sottotrame che servono a distrarre lo spettatore dalla pochezza della trama principale. Fino ad arrivare all’evento clou del film: il concerto di fine estate di Tommaso Paradiso, nei panni di se stesso, la cui canzone Riccione dà il titolo al film (e molte altre canzoni dei Thegiornalisti, da Sold Out a Completamente a La fine dell’estate, fanno da colonna sonora al film). Il concerto è decisamente il momento catartico di Sotto il sole di Riccione ed è propedeutico alla risoluzione di tutti i (deboli) intrecci tra i personaggi.
Un film sublime
Durante l’ora e quaranta circa di durata del film, si provano sentimenti contrastanti. A partire dal sentimento del cringe, o vergogna vicaria, di cui avevamo già parlato a proposito del trailer, al «ma chi me l’ha fatto fare»; dal «ma che davero?» al «mah!».
Ma allora, perché guardare Sotto il sole di Riccione? Il filosofo Immanuel Kant, nella Critica del Giudizio, sosteneva che tra le caratteristiche del sublime vi è quella di produrre attrazione e insieme repulsione in chi guarda. Ecco, ci perdonino i kantiani puristi per il paragone azzardato, ma con Sotto il sole di Riccione siamo davanti a qualcosa di sublime: sai che è un filmaccio, ma non puoi fare a meno di guardarlo.
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