Viene direttamente dall’Australia Babyteeth, dolce ed emozionante film diretto da Shannon Murphy, al suo debutto alla regia, basato sull’omonima opera teatrale del 2012 di Rita Kalnejais, anche autrice della sceneggiatura.
Come gli stessi produttori, anche Alberto Barbera, direttore della mostra del cinema di Venezia, dove Babyteeth venen mostrato in anteprima nazionale, ammette di aver visto qualcosa di unico in questo film che nonostante il tema della malattia riesce a costruire il racconto di un’irrefrenabile adesione alla vita. Ora, a sale riaperte, Babyteeth arriva nei cinema dal 13 maggio e si prepara a emozionare.
Babyteeth: la trama
Milla Finlay (Eliza Scanlen) è una brava e diligente studentessa e musicista però gravemente malata di cancro. La sua vita cambia quando incontra Moses (Toby Wallace), scapestrato tossicodipendente che la trascinerà in una serie di inaspettati eventi che la faranno sentire finalmente viva.
Babyteeth racconta l’epico e, allo stesso tempo, tragico percorso di una giovane donna che proprio nel momento in cui la vita sembra fiorire dentro di lei va invece verso la malattia e la morte.
Ciò che contraddistingue Babyteeth è la capacità di raccontare la malattia senza limitarsi al punto di vista del paziente malato ma analizzando l’universo umano che ne ruota attorno, tra insicurezza, frustrazione e senso di colpa. Il mondo di Milla è un mondo pieno di imperfezioni che mettono in evidenza le fragilità dell’essere umano che di fronte a fenomeni naturali più grandi di lui disperato si chiede “cosa possiamo fare per salvarla?”
La malattia come alternativo percorso di formazione
All’inizio del film, alla stazione del treno troviamo una Milla ancora bambina, timida, con la divisa scolastica, una frangetta e una coda di cavallo bionda. La stazione è solo il punto di partenza di quel “viaggio” dentro se stessa che la porterà a scardinare le convenzioni in cui la famiglia l’ha richiusa per proteggerla.
Il film si articola in brevi capitoli che racchiudono le tipiche tappe dello sviluppo adolescenziale e che si sovrappongo a quelle della malattia e della relativa cura. La perdita dei capelli, le numerose assenze da scuola, la nausea, le medicine vanno di pari passo in un percorso di formazione parallelo e opposto alla malattia, con la trasformazione di Milla da bambina a donna.
Dipendenza e pregiudizi, segno di un mondo imperfetto
Oltre ad analizzare i tratti salienti di una straordinaria crescita personale il film strizza anche l’occhio ad alcune problematiche sociali intrinseche nel sistema in cui vive la protagonista. Le contraddizioni infatti di un sistema che tende prima di tutto a classificare piuttosto che conoscere diventano assurde e prive di fondamento nel momento del confronto con la vera battaglia per la vita.
Il ragazzo di cui si innamora Milla, Moses, è un tossicodipendente e per questo viene considerato dai genitori negativo per la ragazzina. Il problema della dipendenza si gioca in questo film sul labile confine tra legale e non legale, mettendo a confronto la dipendenza che i due genitori sviluppano per i farmaci con la droga. Le loro dipendenze hanno caratteristiche molto simili e, nel film, essere drogati e essere assuefatti dai calmanti e ansiolitici vuol dire la stessa cosa?
Babyteeth: La forza vitale della ribellione
Nel corso della narrazione, è chiaro per lo spettatore quale sia l’intento del film, ovvero mostrare come vivere la normalità sia spesso più difficile che convivere con la malattia.
Murphy infatti non ci mostra mai il vero volto della malattia di Milla, fa solo un breve accenno alle sofferenze fisiche ed emotive che la giovane quattordicenne deve subire. Il film preferisce focalizzarsi su quei pochi ma intensi momenti di normalità che per qualche istante ci fanno pensare che la malattia sia sconfitta.
Il rapporto con Moses nasce principalmente come atto di ribellione a una famiglia oppressiva che soffre con lei e che non riesce immediatamente a capire quali siano le vere esigenze della piccola. La paura della morte della figlia, il timore del vuoto affettivo si sovrappone in questo caso al tema più generale della paura della crescita dei figli e dello stesso tipo di vuoto che lasciano quando se ne andranno di casa.
Il taglio di capelli della ragazza indica un cambio di personalità radicale e l’emergere di un spirito vitale e di uno spontaneo senso di ribellione in lotta contro la morte e la gabbia dell’infanzia.
La presa di coscienza del corpo, la scoperta della propria femminilità e il contatto con taboo come l’alcol (che a lei è sempre stato vietato per via delle medicine), la droga e il sesso maschile (Milla studia infatti in una scuola femminile) stigmatizzano la malattia rendendo l’adolescenza di Milla in fin dei conti non troppo diversa da quella dei suoi coetanei.
L’emancipazione dalla malattia e dalla propria infanzia
Il film culmina nel superamento dell’ultima tappa dell’adolescenza prima dell’entrata nell’eta adulta, simbolizzata dalla perdita di uno dei denti da latte di Milla e, quindi, della sua verginità. Attraverso un surreale dialogo dalla forte carica erotica, Milla chiede a Moses di soffocarla con un cuscino, convinta che il suo corpo sia “sbagliato” e per questo inutile. Il giovane innamorato si rifiuta di assecondare questa volontà e alla fine i due consumano finalmente il loro amore, segno della finale riconciliazione della ragazza con il proprio corpo. La vita e la malattia di Milla che fino a quel momento procedevano su due binari paralleli si incrociano opponendo il sesso, il più semplice e spontaneo atto di vita, alla morte della protagonista.
Finalmente diventata adulta, Milla è infatti pronta ad accettare il suo destino e a riconciliarsi con un male che abita dentro di lei uccidendola. Svegliandosi nel sonno per l’ultima volta, il film ci mostra una metafora della stessa Milla che esce di casa, il cosiddetto “nido materno”, per rincorrere gli uccelli e fondersi in quel cielo “di cui non mi dispiacerebbe far parte”. La libertà in questo caso coincide con la morte perché entrambi conseguenza di un processo personale di liberazione e di sofferenza.
Milla però non è un supereroe, ma incarna la battaglia che migliaia di famiglie e di bambini vivono ogni giorno. Mostrando la complessità di una quotidianità tutta da conquistare, il film di Murphy spiega le grandi difficoltà per chi è malato di trovare non solo la forza di sopravvivere ma soprattutto il coraggio di vivere quando non si ha nulla da perdere.
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