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Boo, Bitch è l’emblema della TV senza arte né parte

5 minuti di lettura

Disponibile dall’8 luglio su Netflix, Boo, Bitch è una miniserie comica con protagoniste Lana Condor (la nota Lara Jean Covey di Tutte le Volte che ho Scritto Ti Amo) e Zoe Margaret Colletti, creata da Tim Schauer, Kuba Soltysiak, Erin Ehrlich e Lauren Iungerich. Analizziamo in breve le caratteristiche dell’ennesimo prodotto che sfrutta l’etichetta “adolescenziale” per mascherare una serie di mancanze e banalità.

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La trama di Boo, Bitch

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Lana Condor e Zoe Margaret Colletti in una scena di Boo, Bitch

Dopo quattro anni di liceo trascorsi nell’anonimato, Erika e Gia (Condor e Colletti, rispettivamente) partecipano alla festa privata di un coetaneo deciso a divertirsi il più possibile prima che la scuola finisca e tentando, per l’ultima volta, di scalare la piramide sociale.

La mattina dopo le due scoprono il cadavere di Erika, schiacciata da un alce, ma ciononostante la ragazza può essere vista, sentita e toccata: che il raggiungimento della tanto agognata popolarità faccia parte delle sue faccende in sospeso?

Perchè Boo, Bitch è una serie che non funziona

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Lana Condor e Mason Versaw in una scena di Boo, Bitch

Quando si dice “un titolo, una garanzia”. Fin dal primo minuto di visione, infatti, Boo, Bitch si dimostra l’ennesimo prodotto mediocre creato unicamente per accrescere l’audience, ma che fallisce sia dal punto di vista didascalico che da quello del puro intrattenimento per tanti motivi, primo fra tutti la presentazione di scenari visti e rivisti.

In otto puntate da venti minuti effettivi, la serie presenta il novanta per cento dei cliché caratteristici dei film per teenager, a partire dalla protagonista posizionata alla base della piramide sociale, proseguendo con la diva della scuola che la bullizza senza motivo: elementi fin troppo svalutati per essere presi sul serio da chiunque non sia più un teenager, o che sia già entrato a conoscenza delle rom-com degli anni ’90. Il risultato non è commovente, divertente ancora meno, capace di intrattenere solo fino a un certo punto.

Tra le altre cose, la serie esibisce con spiccata nonchalance una sceneggiatura decisamente banale, ma che cerca di spacciarsi per valida per il solo fatto di aver inserito l’elemento paranormale; un elemento, tra l’altro, dimenticabilissimo, e quasi del tutto inutile ai fini dello sviluppo della trama.

Ciononostante Boo, Bitch colpisce nel segno, piazzandosi al nono posto fra i contenuti più visti di Netflix, forse perché il pubblico è attratto da protagonisti con cui si può facilmente identificare. Siamo stati tutti ragazzini, dopotutto, motivo per cui è piuttosto semplice apprezzare questa serie tornando con la mente ai tempi in cui il liceo era tutto il mondo e apparire cool una priorità.

La TV banale e dimenticabile

Boo, Bitch sfrutta la voglia crescente dei giovani di occupare il tempo in modo non impegnativo (comprensibile, d’altronde, visti i tempi che corrono), cercando di nascondere la mancanza di idee ed esperienti con una morale di base solida ma banalissima, nulla di non reperibile in una qualsiasi rom-com.

Non si può dire, tuttavia, che sia una serie incoerente. Semplicemente, Boo, Bitch fa parte di quel ricco insieme di prodotti che si rivolgono di proposito ad una fetta di pubblico ben precisa, quella abbastanza cresciuta da apprezzare il tema fantasmi ma al contempo non abbastanza pronta per qualcosa di impegnativo.

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Lana Condor e Zoe Margaret Colletti in una scena di Boo, Bitch

C’è da chiedersi se la distribuzione di contenuti tanto privi di spessore quanto di inventiva sia la risposta ai gusti della nuova generazione, o il risultato di una visione distorta dell’industria; nel frattempo, lasciamo che Netflix continui ad approfittare del fatto che il pubblico sia facilmente abbindolabile, quando si parla di gioventù e primi amori, ma soprattutto del ballo di fine anno.


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Classe 1996, dottoranda in Ingegneria Industriale all’Università di Napoli Federico II, il cinema è la mia grande passione da quando ho memoria. Nerd dichiarata, accanita lettrice di classici, sogno di mettere anche la mia formazione scientifica al servizio della Settima Arte. Film preferito? Il Signore degli Anelli.

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