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I Tuffatori

I Tuffatori, sospesi in aria per intensi secondi | TSFF 2021

5 minuti di lettura

I Tuffatori è il film di debutto del regista romano Daniele Babbo. Della durata di 74 minuti il lungometraggio è stato presentato in anteprima al Torino film festival e successivamente alla 32° edizione del Trieste film festival nella sezione premio corso Salani. Il regista attraverso questo documentario, che ha preso vita grazie a riprese durate 4 anni, è riuscito ad entrare nelle vite dei tuffatori che, alla ricerca del salto perfetto, sono simbolo della città Bosniaca di Mostar. Il regista riesce a restituirci luoghi e storie interessanti. Al centro ritroviamo due protagonisti fondamentali: il ponte, quindi la città, e la comunità dei tuffatori,  le cui vicende sono legate da una connessione che dura nel tempo e che è destinata a perdurare.

«Alcuni dei tuffatori portano sul corpo e nella mente i segni del conflitto, mentre i più giovani, alla ricerca del gesto perfetto, pensano al futuro»

Daniele Babbo

Lo Stari Most

«Il ponte è fatto per collegare le persone»

uno dei tuffatori riferendosi al ponte

Nelle prime immagini del documentario rimaniamo estasiati davanti a questa bellissima immagine dello Stari Most, ponte vecchio della città che fa ad arco sul fiume Narenta; questo è il luogo dove è stata girata la maggior parte del documentario. Lo Stari Most e la città in sé  portano sulle loro spalle e per le strade il segno di un passato  difficile e fin troppo recente, un passato segnato dalla guerra in Bosnia (1993-2004), che colpì duro su Mostar distruggendo l’unità interna della città e l’emblema di questa unità: il ponte, simbolo di unione e connessione tra le persone. Il ponte fu ridotto in macerie da un bombardamento e ricostruito alla fine del conflitto. Per tutta la durata del film vediamo la storia dei tuffatori intrecciarsi con quella del ponte.

Sospesi in aria con I Tuffatori

«Il tempo lo renderà quello di prima»

un tuffatore riferendosi al ponte

La tradizione dei tuffatori è una tradizione che risale a molti secoli fa, probabilmente ha avuto inizio attorno al 1600. Questa usanza, oggi diventata un’ attrazione turistica che permettere di far conoscere il nome della città al di fuori della Bosnia, vede un gruppo di giovani locali, esperti ed allenati, tuffarsi dal ponte vecchio in un pericolosissimo tuffo che ha una caduta di 24 metri e che si conclude con un impatto forte nell’acqua gelida del fiume Narenta.

E così questi uomini di differenti età, ogni volta che salgono sul ponte, sentendo l’adrenalina e la paura scorrere nelle vene, cercano il salto perfetto e quei pochi secondi che stanno sospesi in aria percepiscono di nuovo la speranza.  Le immagini della guerra e le prospettive di un futuro incerto in una terra rotta spariscono dalla loro mente, e si ritrovano a catturare il momento, per poi ritrovare l’impatto risvegliante con la vita. Guardando il ponte con amore da lontano pensano che, ancora una volta, questo gli ha permesso di superare al meglio le loro paure. Molti dei tuffatori lo sono stati anche prima della guerra, e il ponte per questi uomini è come una costante, un punto di congiunzione tra com’era la vita e come potrebbe, con il tempo, tornare ad essere quella di prima. Attraverso i tuffi questi ragazzi si riscattano trasmettendo la loro passione e l’amore per la propria Mostar.

La nostalgia e l’emigrazione de I Tuffatori

«Lo so a che luogo appartengo»

Igor

La storia di Igor è la più toccante nonché quella raccontata in maniera più intima. Difatti il regista documenta la sua vita, la sua famiglia, i suoi pensieri e alla fine l’emigrazione dalla città che tanto ama per cercare delle prospettive migliori per il futuro di suo figlio. La vicenda di Igor è molto delicata e toccante: fin da piccolo, sognava di diventare un tuffatore, sogno realizzatosi grazie a intere estati a saltare dal ponte. Un ponte che, purtroppo, ha dovuto lasciarsi indietro, portando con sé un senso di nostalgia e mancanza. Con la storia di Igor si conclude il film, lasciandoci arricchiti, ma con una sensazione dolce amara.


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Giulia, classe '98, milanese ma con radici ben salde nella mia Campania. In generale mi piace definirmi una persona molto curiosa e che si appassiona facilmente alle cose. Mi affascina tutto ciò che regala un' emozione, scrivo per vedere i miei pensieri e poter sviluppare un mio punto di vista sulle cose.