Il canto del pavone è il nuovo film del regista singalese Sanjeewa Pushpakumara, una produzione Sri Lanka-Italia tanto cruda quanto reale, uscito nelle sale il 19 Ottobre.
Lo Sri Lanka è un Paese in mano ai potenti cinesi e indiani, una terra di mezzo in cui il mercato di neonati è il protagonista di questo toccante racconto.
Nel mondo del giovane Amila
Attraverso gli occhi del giovane Amila osserviamo un Paese in contraddizione con sé stesso: gli alti grattacieli di Colombo fanno da contrasto alla povertà che dilaga per le strade della città. Un Paese per ricchi, un Paese in cui solo chi ha il denaro può permettersi le spese mediche; un Paese in cui gli ultimi sono destinati a morire per primi o a vendere la loro anima al miglior offerente.
È questa la storia di Amila, un giovane ragazzo scappato dal suo villaggio natale con i fratelli al seguito, speranzoso di poter offrire loro una vita migliore in seguito alla morte della madre. Ma la vita non è mai facile e sembra sempre piovere sul bagnato, la grave malformazione cardiaca richiede tantissimo denaro per poter essere curata e Amila dovrà sacrificare i propri valori per farsi strada in un mondo che ha fame e morde.
Il canto del pavone, una fotografia vivida
Per riuscire a pagare le cure della sorella, Amila accetta un’offerta di lavoro da parte di Malani (Dinara Punchihewa), che gli promette ingenti somme di denaro per la sua collaborazione e il suo silenzio.
Il giovane ragazzo si vedrà catapultato in un anti-inferno in cui l’empatia non esiste. Qui è normale strappare i figli dalle proprie madri per guadagnare profumatamente, con la scusa di donare loro un futuro migliore lontano dalla povertà singalese.
Il canto del pavone è la fotografia del mondo in cui viviamo, che risponde a un’unica e universale legge: la legge del denaro. Amila cerca di non piegarsi a questa spietata logica e cerca di tirarsi fuori da questo crudele mondo, anche grazie ai sentimenti che inizia a sviluppare per una delle ragazze madri presenti nella clinica.
Per mezzo della potente fotografia e della scenografia curata nei dettagli sembra quasi di respirare insieme ad Amila l’aria torbida di Colombo; sembra di poter toccare il sudore che bagna la sua fronte corrugata, di poter quasi assaporare il sale delle sue lacrime amare.
Niente è come sembra ne Il canto del pavone
Incuriosisce molto la figura di Malani, la donna che gestisce il traffico umano. A prima occhiata può sembrare un essere senza cuore, divorata dal desiderio di denaro e successo, per poi scoprirla invece divorata dal senso di colpa e nascosta dietro una cortina di glacialità che non le appartiene veramente. Malani è, tutto sommato, una donna di cuore che si è affezionata ad Amila e sembra, per la prima volta, voler fare del bene senza chiedere nulla in cambio.
Il canto del pavone è, come già si diceva, un film pieno di contraddizioni: un Paese stupendo come lo Sri Lanka è lasciato a sé stesso, a sguazzare nella povertà e sporcizia; uomini e donne che potrebbero fare del bene, scelgono di fare il male per debolezza; un ragazzo così giovane come Amila è già così avvezzo alla sofferenza della vita.
Sono proprio le contraddizioni a dare il titolo a questo racconto. Il pavone è un animale elegante, scenografico, prezioso, eppure ha un canto sgraziato e poco piacevole. Quasi a ricordarci che la natura è fondamentalmente crudele, niente e nessuno può essere al cento per cento orgoglioso di quello che ha e quello che è.
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