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Il Pianeta Selvaggio

Il pianeta selvaggio, 50 anni dopo

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7 minuti di lettura

50 anni fa usciva il lungometraggio d’animazione del regista parigino René Leloux, La Planète Sauvage. Il Pianeta Selvaggio venne creato nel 1963 dal regista assieme a Roland Topor, disegnatore, ma rimase nei loro cassetti per un decennio prima di vedere la luce il 6 dicembre 1973. Considerato uno dei primi film d’animazione a rovesciare la classica prospettiva secondo la quale la razza umana sia quella più evoluta, Il Pianeta Selvaggio può avere numerose chiavi di lettura e risulta attuale in qualunque epoca lo si voglia trasporre.

In viaggio sul pianeta Ygam

In un futuro non ben precisato, su un pianeta chiamato Ygam vive una specie composta da umanoidi blu chiamati Draags, esseri enormi che vivono di spiritualità, ricercando la pace interiore. Gli umani, chiamati Oms (modellato sul francese Hommes), vengono accuditi dai Draags come fossero dei veri e propri minuscoli animaletti da compagnia. È questo il caso di Terr, strappato a sua mamma quando era ancora un neonato, e diventato il cucciolo di Tiwa, la sua padrona Draag. Tiwa non si separa mai da lui e prova un profondo amore per Terr, che invece cova dentro di sé un forte sentimento di ribellione nei confronti di quella che lui reputa essere la sua carceriera.

Non tutti gli Oms vengono ammaestrati, alcuni infatti riescono a vivere nascosti dai Draags sopravvivendo grazie a piccoli furti, sperando che un giorno possa esserci finalmente la loro rivalsa. Quella rivalsa che il popolo degli Oms riuscirà ad ottenere grazie a Terr e alla sua intelligenza, lui è infatti riuscito ad arrivare alla conoscenza delle arti e delle scienze e può fornire ai suoi simili gli strumenti per uscire da questo stato di sottomissione.

Ma cos’è il Pianeta Selvaggio?

Il Pianeta Selvaggio, che dà il nome al film, è un satellite del pianeta Ygam. La sua esistenza è strettamente legata all’esistenza dei Draags poiché è il posto in cui le loro menti si recano durante le loro lunghe ore di meditazione. È qui che incontrandosi con esseri di altri universi ottengono la forza vitale per riprodursi e mandare avanti la specie.

Per i Draags la riproduzione è una danza, è purezza, è forza e vitalità e la procreazione richiede un lungo periodo. Gli Oms vengono percepiti come un pericolo perché si riproducono a una velocità impressionante e sembrano essere così tanti ormai da rendere impossibile un loro censimento. Gli Oms ammaestrati vanno bene, gli Oms liberi e selvaggi sono pericolosi e vanno sterminati.

Così è il rapporto tra Oms liberi e Draags: una guerra continua tra una popolazione che ha risorse e strumenti per sottomettere e una popolazione che vive alla giornata e ha pochi mezzi per sostentarsi e farsi valere. Una guerra che ha, fin da subito, decretato un vincitore e un vinto.

Uno stravolgimento si ha grazie a Terr, un moderno Prometeo che porta la conoscenza in mano agli uomini sotto forma di un dispositivo che si connette al cervello, facendogli assorbire informazioni come per osmosi. Quando anche gli Oms arrivano a padroneggiare le arti e la scienza a tal punto da poter rivaleggiare con i loro carnefici, arrivando a uccidere un Draag, l’opinione pubblica è sotto shock, tutte le certezze sono crollate di punto in bianco.

Una tregua è necessaria, è necessario patteggiare. È quindi possibile ottenere quella tanto agognata libertà: un nuovo satellite in cui poter vivere, lontani dai Draag, ma condividendo la conoscenza e le nuove scoperte future, collaborando pacificamente.

Un ritratto di un mondo in continua stasi

Il Pianeta Selvaggio è uno splendido ritratto di come il mondo non evolva mai. Lo si può interpretare come un’allegoria del colonialismo, c’è chi ci vede un parallelismo con l’Olocausto, chi lo vede come la tendenza che la modernità ha nel fagocitare tutto ciò che la circonda. Lo si può guardare sotto un’ottica animalista e leggerlo sotto la chiave del maltrattamento animale, non sbaglieremmo neanche così. Potremmo osservarlo con uno sguardo ancora più contemporaneo e ci verrebbero alla mente i recenti conflitti tra Russia e Ucraina o la questione Israelo-Palestinese.

La verità è che Il Pianeta Selvaggio cattura perfettamente quella che è la natura umana sebbene, paradossalmente, si serva di creature non umane per farlo. C’è quel timore della diversità che è propria dell’uomo, c’è il bisogno di controllo e il bisogno di quantificare tutto ciò che gli passa sotto gli occhi, c’è quel desiderio di fuga che qui vediamo materializzarsi con la meditazione, c’è il voler imporre la sua opinione sui suoi discendenti, c’è il volersi credere sempre e comunque invincibile, per poi trovarsi spiazzato di fronte a quella che è la più vera delle verità: non lo è.

Inoltre il viaggio sul pianeta Ygam procede tra suoni di mellotron e clavicembali a opera di Alain Goraguer, compositore francese scomparso a Febbraio 2023. Con vari riferimenti ai Pink Floyd, Goraguer condensa l’anima e lo spirito dei ribelli anni ’70, creando quello che è stato definiti dai critici “un fluttuante viaggio sci-fi indotto dal fumo di marijuana“.


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Classe 2000, nato nel primo pomeriggio di una pigra domenica romana. Sogno una vita con lo zaino in spalla diretto verso orizzonti lontani e se “andare” è l’anagramma del mio nome, mi basta andare, ci penserò poi alla destinazione.

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