Dopo il clamoroso successo di The Green Book dell’anno scorso, ritorna sul grande schermo una tematica tanto sentita (soprattutto in America) quanto attuale come la discriminazione razziale. Un argomento per nulla nuovo, ma che è sempre opportuno trattare per ricordarne l’atrocità e l’infondatezza.
Trovare il coraggio di opporsi
Il diritto di opporsi (Just Mercy il titolo originale) è un film basato sulla storia vera dell’avvocato Bryan Stevenson ed è tratto dal libro che ha come autore proprio il protagonista delle vicende. Iniziando la proiezione della pellicola non si può fare a meno di prendere atto della drammaticità dei fatti che ci si appresta ad osservare. Proprio perché realmente accaduti rendono, fin dall’inizio, la visione più cosciente e non possono che far provare un senso di vergogna nei confronti delle terribili azioni che sono state compiute fino a meno di quarant’anni fa.
Siamo in Alabama, uno stato dell’estremo sud degli Stati Uniti, tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta. Il panorama è diviso tra le villette a schiera e i quartieri borghesi delle famiglie benestanti e le case popolari in mezzo alla campagna dove vivono i meno abbienti. Fra questi ultimi la maggior parte sono numerose ed affiatate famiglie afroamericane che cercano di barcamenare la loro umile vita tra continui soprusi ed ingiustizie.
Tra di loro troviamo uno dei protagonisti delle vicende, Walter Mc Millan (Jamie Foxx), che un giorno, durante il rientro a casa da lavoro, viene fermato dalla polizia e accusato di aver compiuto, più di un anno prima, l’omicidio di una giovane ragazza, Ronda Morrison. Walter viene quindi incarcerato, sulla base di una sola testimonianza, e viene rinchiuso nel braccio della morte fino al giorno della sua esecuzione, in data da destinarsi.
Proprio in quel periodo il neo laureato Bryan Stevenson (Michael B. Jordan) giunge in Alabama, convinto di voler aiutare coloro che necessitano assistenza legale, ma non se lo possono permettere. Grazie ai fondi universitari riesce a mettere su un’agenzia che si occupa di casi pro bono che offrono consulenza legale ad alcuni carcerati del braccio della morte. Ed è proprio in questo contesto che il protagonista viene a conoscenza del caso Mc Millan, che desta subito la sua attenzione a causa di molte incongruenze nelle indagini e nelle testimonianze chiave.
Il giovane avvocato decide quindi di battersi contro l’intero sistema giudiziario americano, corrotto e profondamente ingiusto, cercando di dimostrare che l’unico “reato” di cui viene accusato in realtà il suo cliente è quello di avere la pelle nera.
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L’unione e la perseveranza fanno la forza
Sicuramente uno dei punti salienti di Il diritto di opporsi sono le emozioni, profonde e contrastanti, che investono lo spettatore dall’inizio alla fine. Le immagini vengono enfatizzate dall’astuta regia di Destin Daniel Cretton, che sa enfatizzare e dare il giusto spazio alle scene più significative.
Sicuramente è necessario porre l’accento su due dei temi principali che possiamo trovare all’interno de Il diritto di opporsi. Il primo sicuramente è l’ingiustizia: essa viene trattata in maniera più ampia rispetto ad altri prodotti la cui trama si rifà ad episodi di razzismo. Oltre alla questione raziale, che rimane comunque centrale ai fini della narrazione, viene operata una forte critica alla pena di morte, considerata anch’essa un’ingiustizia.
Le scene che riguardano il carcere e le esecuzioni sono volutamente lunghe e pesanti, cariche di tristezza, risentimento e paura. Molto toccanti anche le situazioni che riguardano lo stato psicofisico dei carcerati che si trovano nel braccio della morte. È impossibile non provare empatia per loro, nonostante abbiano commesso errori e crimini durante la loro vita.
Un’uccisione non ne giustifica un’altra: togliere la vita a qualcuno rimane pur sempre una barbarie, anche se si tratta di un carcerato. Un’altra tematica che incontriamo ne Il diritto di opporsi è l’importanza fondamentale della coesione, vista come motore per il cambiamento e il miglioramento. Tutti i personaggi che ci vengono presentati in questo film sono uniti sotto vari punti di vista: troviamo dapprima l’abbraccio della famiglia di Bryan, che supporta il figlio nella sua scelta per nulla facile. In seguito conosciamo la famiglia Mc Millan, formata non solo da parenti, ma anche da amici, disposti a dare tutto per aiutare l’avvocato a scarcerare Walter.
Infine ritroviamo questa coesione così tipicamente umana anche nel triste scenario della prigione, dove i detenuti sembrano avere un legame molto forte, quasi come se fossero fratelli. La detenzione stessa viene rappresentata non solo come sofferenza, ma come una vera e propria possibilità di redenzione, in cui i compagni di viaggio si sostengono vicendevolmente. Forse non sarà una visione particolarmente veritiera, ma è bella l’idea che anche nei contesti più estremi a volte possa rimanere un bagliore di umanità.
Cast e regia: focus sull’intensità
Un’altra impresa in cui la regia di Il diritto di opporsi è riuscita perfettamente è rendere l’atmosfera e le ambientazioni credibili e anch’esse cariche di significato. Sicuramente era tra le intenzioni del regista incarnare attraverso lo Stato dell’Alabama tutti gli aspetti peggiori di quelle pagine della storia degli Stati Uniti. A partire dalla discriminazione razziale, passando ovviamente per la corruzione degli ufficiali di polizia; dall’omertà dei cittadini fino alle condizioni precarie e disperate delle famiglie meno agiate. Da apprezzare anche l’inserimento di alcune immagini e dell’audio delle trasmissioni televisive originali che trattavano del caso.
Questo clima è infine coronato dalle interpretazioni impeccabili degli attori protagonisti e non, tra cui troviamo Jamie Foxx, nel ruolo di Walter Mc Millan, Michael B. Jordan, nei panni del giovane avvocato Bryan Stevenson e l’altrettanto talentuosa Brie Larson, che interpreta la giovane e scaltra Eva Ansley. Inoltre è sicuramente degno di nota anche Rob Morgan che riesce a sviluppare in maniera più che brillante il personaggio di Herbert Richardson, veterano del Vietnam con evidenti traumi legati alla guerra, anch’egli condannato all’elettroesecuzione. Proprio Morgan è il protagonista delle scene più drammatiche, che fanno commuovere e riflettere sull’orrore della morte, sia che essa prenda il volto della guerra o che sia mascherata da giustizia.
La scelta del regista di porre l’accento sulle questioni etiche più che sul mistero che sta dietro ai fatti non risulta pedante, ma più che azzeccata. Un po’ come se Cretton avesse voluto utilizzare il caso di Walter Mc Millan come un pretesto per poter parlare di temi più intimi e profondi, incentrando la narrazione più sulla critica sociale che sul caso giudico vero e proprio. Ne risulta una pellicola scorrevole, piacevole sotto ogni punto di vista e che riesce nel suo intento di formazione. Ogni vita ha un valore e Il diritto di opporsi ce lo vuole ricordare.
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