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Le migliori serie TV del 2024, secondo noi

Il riassunto del 2024 in serie TV

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22 minuti di lettura

Il 2024 delle serie TV è sinonimo di varietà. Un anno che è stato scandito da alcuni attesissimi ritorni sul piccolo schermo, come l’ennesima stagione di successo di The Bear e la seconda stagione della celeberrima produzione sudcoreana, Squid Game. Videogame e prodotti videoludici ormai costituiscono un bacino al quale l’industria cinematografica non smette di attingere, come la seconda stagione di Arcane, la serie ispirata a League of Legends, e Fallout con le sue atmosfere retrofuturistiche.

Non sono mancati nemmeno curatissimi ri-adattamenti seriali, come lo splendido Ripley interpretato da Andrew Scott. Parecchio discussi anche i titoli true crime, genere tra i più prolifici degli ultimi anni, primo fra tutti Baby Reindeer e il secondo capitolo della serie antologica creata da Ryan Murphy, MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez. E poi ancora: la grande riscoperta della fantascienza con Il problema dei 3 corpi, l’epopea feudale narrata in Shōgun, il caotico aldilà animato di Hazbin Hotel. Ecco la nostra selezione delle migliori serie TV del 2024, con una menzione speciale dedicata ad alcuni titoli italiani particolarmente divisivi che hanno scandito il nostro anno.

Baby Reindeer

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Miniserie originale Netflix ispirata ad eventi realmente accaduti, Baby Reindeer è uno dei titoli più chiacchierati, controversi ma anche più riusciti di questo 2024 seriale. I sette episodi indagano, infatti, in modo totalmente atipico una storia che solitamente viene ritratta sullo schermo in un modo completamente differente: per la prima volta il carnefice è insicuro, e la vittima è imperfetta. La narrazione è cruda, alcuni degli episodi sono faticosi da portare a termine, ma è proprio questo modus operandi che permette una maggiore identificazione sia con il protagonista che con la storia, che ha bisogno di essere raccontata per come è realmente.

Il problema dei 3 corpi

il problema dei 3 corpi serie tv

La serie Netflix hard sci-fi, Il problema dei 3 corpi, è una storia di invasione aliena e ci racconta come una possibile civiltà possa cercare di conquistarci attraverso il plagio delle nostre menti su larga scala utilizzando una tecnologia molto simile alla nostra. Grazie a questo kolossal fantascientifico televisivo assistiamo alla rivalsa di uno dei generi più divisivi e al tempo stesso amati di sempre.

La narrazione, densa e ferrata, risulta fortemente legata alla scienza moderna, facendo ampio uso di conoscenze e teoremi legati alla fisica, biologia, ingegneria e matematica. Centrale, come da manuale, l’interpretazione contemporanea del rapporto che intercorre tra umani e altre forme di vita aliene: è ancora una volta l’ambiguità nella comunicazione a rappresentare la vera minaccia.

Shōgun

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Ambientata nel Giappone di inizio anni ‘600, Shōgun è una vera e propria epopea capace di immergersi all’interno della cultura nipponica, raccontando una storia di conflitti sanguinari e politici. Efferata ma anche eccezionalmente elegante nella messa in scena, Shōgun rivela una fascinazione per la cultura giapponese feudale, da un concetto di onore tipicamente orientale fino alla morte come nobilitazione dell’anima. Impeccabile a livello produttivo, nella serie TV ideata da Rachel Kondo e Justin Marks, ogni immagine è fortemente evocativa, intrisa di un’epicità e di una tensione palpabile che si respira a pieni polmoni. Un progetto sensazionale, visivamente e narrativamente. Una maestosa epopea dal sapore d’Oriente.

Fallout

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L’anno scorso, in questa lista delle serie TV migliori dell’anno, era inevitabilmente presente The Last of Us. Quest’anno vale lo stesso principio per Fallout, a dimostrazione di quanto le trasposizioni videoludiche si stiano affermando come alcuni dei prodotti audiovisivi più rilevanti. Esattamente come la serie TV ideata da Neil Druckmann e Craig Mazin, uno dei pregi più evidenti di Fallout è la sua capacità di adattare la narrazione videoludica trovando il coraggio di osare, rimanendo fedele all’identità del videogioco, ma senza rinunciare tuttavia a trovare la propria, servendosi del materiale originale per creare un prodotto più complesso e stratificato.

Fallout è un progetto ambizioso, un adattamento che riesce a far immergere lo spettatore nelle atmosfere anni ‘50 e retrofuturistiche del videogioco, lasciandosi andare anche ad alcune riflessioni sulla società odierna e sulla natura intrinseca del genere umano.

Ripley

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Miniserie in 8 puntate tratta dal romanzo Il talento di Mr. Ripley di Patricia Highsmith, Ripley viaggia sui binari della maestria e dell’eleganza, discostandosi notevolmente da quella che era stata la rappresentazione prediletta del personaggio all’interno dell’omonimo film del 1999. Andrew Scott, che interpreta Ripley, si dimostra all’altezza del ruolo superando tutte le aspettative, ipnotizzando e catturando lo spettatore con il suo modo di fare composto e calcolatore. Nonostante le vicende siano narrate con lentezza, la storia rimane comunque avvincente e la tensione è crescente.

Hazbin Hotel

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Dal web al piccolo schermo, prende vita l’Inferno animato nato dall’idea originale di Vivienne Medrano. Hazbin Hotel aveva già attirato l’attenzione di un’ampia fanbase con un pilot rilasciato su YouTube nel lontano 2019. Le animazioni grezze e l’umorismo senza filtri hanno poi conquistato anche l’interesse della casa di produzione A24, che a gennaio 2024 distribuisce su Prime Video la prima effettiva stagione della serie.

Charlie Morningstar, figlia del celeberrimo Lucifero, è dotata di una instancabile speranza nei confronti del suo popolo di peccatori che si impegna a redimere grazie al suo hotel. Il risultato è un musical psichedelico (con sedici canzoni inedite, due a episodio) dal ritmo narrativo serrato, costellato di grotteschi personaggi e caotici scontri tra angeli e demoni.

Abbiamo inserito questa serie anche nella lista dei migliori prodotti d’animazione del 2024.

The Penguin

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Tra le serie TV di successo di quest’anno va sicuramente menzionata The Penguin. Acclamata sia dal pubblico che dalla critica, la serie ambientata nel prolifico universo narrativo di Batman, è riuscita dare uno scrollone all’arrancante genere degli adattamenti fumettistici sul piccolo schermo. The Penguin ricostruisce gli equilibri di potere del mondo criminale di Gotham, e lo fa con una scrittura eccelsa che si ispira piacevolmente ai grandi prodotti crime del passato per la scrittura dei suoi personaggi iconici. Sono proprio le personalità che abitano i bassi fondi della celeberrima metropoli a dare risalto a questo adattamento seriale: non ci sono figure realmente positive e la loro evoluzione si muove tra poche luci e molte ombre.

The day of the Jackal

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Serie tv Sky Original composta da dieci episodi, disponibile integralmente in streaming su Sky e Now, The day of the Jackal è una delle serie più sorprendenti di questo 2024. Con Eddie Redmayne, Lashana Lynch e Ursula Corbero, la serie, narrata in chiave contemporanea è tratta dall’omonimo romanzo di Frederick Forsyth e dal lungometraggio del 1973. Districandosi tra innumerevoli paesaggi e ambientazioni diverse, il fulcro narrativo della storia si sviluppa sempre partendo dal suo protagonista, il freddo e calcolatore sciacallo della quale vengono mostrati i diversi, e improbabili, lati. Il bilanciamento tra toni drammatici e toni più thriller permette un maggiore aumento della tensione e un maggiore coinvolgimento in una storia ricca di azione e colpi di scena.

Only murders in the building

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Giunta alla quarta stagione Only murders in the building si conferma una delle serie più divertenti e intelligenti degli ultimi anni, dopo una terza stagione un po’ stanca, l’ultima riprende in mano le redini e risulta una delle più riuscite. La linea principale è sempre la stessa: Charles (Steve Martin), Oliver (Martin Short) e Mable (Selena Gomez) devono investigare su un omicidio commesso all’Arconia, questa volta, però, la vittima è una persona a loro molto vicina, Sazz Pataki (Jane Lynch), controfigura e grande amica di Charles. Ci sono poi diverse trame secondarie ad arricchire la sceneggiatura e deviare le indagini: l’adattamento hollywoodiano del podcast e l’introduzione di nuovi vicini che risiedono nell’edificio di fronte dell’Arconia.

Questo consente di arricchire il cast di nuovi personaggi e ancora una volta Only murders in the building sorprende per i nomi delle new entry: Eva Longoria, Zach Galifianakis, Eugene Levy, Melissa McCarthy, Kumail Nanjiani, oltre a confermare i grandi nomi delle stagioni passate come Meryl Streep e Paul Rudd. Questa stagione dimostra la capacità della serie di rinnovarsi restando sempre fedele a sé stessa, l’indagine, ovviamente, è al centro della trama, ma molti sono i temi che vengono affrontati con la solita ironia e comicità.

C’è, poi, una parte del tutto metacinematografica che ricopre una posizione sempre più
importante, a cominciare dai titoli che sono tutti riferimenti a vecchi film, per arrivare alla costruzione vera e propria di alcuni episodi (tra tutti l’episodio 6 realizzato montando registrazioni eseguite con diversi supporti, da telecamere nascoste a smartphone). Come di norma l’ultimo episodio introduce quello che sarà l’omicidio al centro della prossima stagione e non possiamo che attenderne il rilascio.

From

from serie tv

Dopo aver debuttato sul piccolo schermo all’inizio del 2022, From è arrivata nel 2024 con la sua terza stagione, disponibile in Italia su Paramount+ a partire dal mese di ottobre. Già rinnovata per una quarta stagione, che non vedrà la luce prima del 2026, con questa terza From alza la posta in gioco, aumentando notevolmente la quantità di misteri e suspence già consueti per una serie di questo genere. Nonostante il versante horror della serie sia andato a scemare in favore di altre narrazioni, la tensione rimane alta all’interno di un discorso narrativo dove da un lato le domande aumentano, ma le prime risposte cominciano a palesarsi sia al pubblico che ai protagonisti.

Menzione speciale: serie TV italiane più interessanti del 2024, secondo noi

Hanno ucciso l’uomo ragno – La straordinaria storia degli 883

hanno ucciso l'uomo ragno serie tv

La più grande sorpresa del 2024 è stata Hanno ucciso l’uomo ragno – La straordinaria storia degli
883
, serie tv prodotta da Sky Studios e Groenlandia. Oltre ai millenial, fan della prima ora degli 883 di Max Pezzali e Mauro Repetto, pochi erano coloro che effettivamente riponevano grandi aspettative nella serie creata e prodotta da Sydney Sibilia, ma, fin dai primi due episodi, tutti si sono dovuti ricredere. Hanno ucciso l’uomo ragno è la storia della nascita degli 883 fino alla pubblicazione del primo album e il grandissimo successo, ma è soprattutto la storia dell’amicizia di Max e Mauro, due ragazzi di Pavia che si conoscono tra i banchi di scuola.

La serie riesce a raccontare una generazione intera, il lavoro di worldbuilding è incredibile, non è semplicemente facile effetto nostalgia, è perfetta riproposizione di un mondo che non esiste più, che c’è stato ma che forse avevamo dimenticato. Il vero punto di forza della serie è lo stesso delle canzoni degli 883, raccontare in modo sincero e onesto la provincia italiana fatta di noia e nulla mettendo al centro la storia di ragazzi normalissimi, anche un po’ sfigati, in cui tutti si possono riconoscere.

Essenziale alla riuscita della serie è anche la scelta del cast a cominciare da Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli, passando per Edoardo Ferrario fino a Angelo Spagnoletti che interpreta Lello, personaggio apparentemente secondario ma centrale alla narrazione, perfetto contraltare dei protagonisti che esemplifica la sconfitta e il fallimento che il più delle volte vive chi è nato e cresciuto in quella stessa provincia.

Qui non è Hollywood

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Altra serie, altro scandalo e questa volta tutto italiano. Presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma con il titolo Avetrana-Qui non è Hollywood, la miniserie in quattro episodi diretta da Pippo Mezzapesa, è stata per questo al centro di innumerevoli polemiche che hanno visto la rimozione di “Avetrana” dalla denominazione ufficiale. Basata sul libro Sarah. La ragazza di Avetrana di Carmine Gazzani e Flavia Piccinni, la serie racconta l’omicidio della giovane Sarah Scazzi e il caso mediatico scaturito da esso.

Per la prima volta vengono realizzati ritratti introspettivi e psicologici complessi dei protagonisti della vicenda, attraverso una narrazione fredda e cruda che pone al centro la “pornografia del dolore” delineata dalla tv italiana dell’epoca. Una serie quasi inquietante per certi versi, ma che brilla per il modo rispettoso e attento che ha di raccontare questa delicata vicenda.

Supersex

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Supersex racconta la vita controversa del divo del porno nostrano, Rocco Siffredi, fedelmente interpretato da Alessandro Borghi. La vita del celeberrimo attore è costellata da continui scontri con il fratello e con il mondo del cinema a luci rosse. Se da un lato l’industria lo ha reso una star importante, dall’altro lato ha accentuato le difficoltà nel saper gestire la parte più animalesca di se stesso, portandolo a dover rinunciare alla famiglia, all’amore e alla possibilità di avere una vita equilibrata.

In Supersex traspare il ritratto più sincero, sebbene a tratti romanticizzato, di un uomo che non ha mai ceduto dinanzi alle critiche ed è sempre stato coerente con le sue scelte, anche se ha comportato dover scendere a compromessi.

Call my agent – Italia 2

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Il diktat di Call My Agent-Italia, non prendersi sul serio, rinsalda il temperamento comico dei suoi protagonisti e delle immancabili guest in una seconda stagione che non perde colpi. Il sipario si apre davanti a uno spettacolo in cui tutto è concesso e in cui vediamo noti attori, registi e performer dello spettacolo italiano indossare maschere comiche, sempre però restando fedeli al loro modo di essere. Una nuova stagione implica una nuova sfida produttiva, più ambiziosa, più sagace, ma con l’impronta di una scrittura fedele al registro del primo capitolo e votata alla contemporaneità. Così Call My Agent-Italia 2 resta ancorata al racconto meta-testuale che Boris ha proiettato sul mercato italiano e lo rimodella in una narrazione dell’oggi.

Dostoevskij

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Di Dostoevskij si può leggere su carta, come si può vedere su piccolo schermo (su Sky, dal 27 novembre) ma anche su grande schermo in due parti (uscite al cinema l’11 e il 17 luglio, ed ecco perché lo trovate anche nella nostra lista dei migliori film italiani del 2024). D’altronde, l’ultima opera dei Fratelli D’Innocenzo è un corale abbraccio nostalgico e liminale, thriller poliziesco a metà tra l’esserci e il vedere.

Enzo Vitello (Filippo Timi) è un poliziotto investigativo abbandonato a sé stesso, soprattutto da amici (che non ha) e dalla ridottissima famiglia che gli è rimasta (la figlia Ambra, interpretata da una bravissima Carlotta Gamba); nella sgangherata provincia che sa di Pianura Padana – ma può essere tranquillamente anche la campagna fuori Roma, come l’entroterra pugliese – è sulle tracce di un serial killer alla “Jack lo squartatore” che si diverte a lasciare come indizi lunghe lettere dove descrive i dettagli delle sue uccisioni dimostrando un’abile destrezza poetica.

Da lì il nomignolo di Dostoevskij, come anche quello della miniserie, opera quarta dei genietti D’Innocenzo. Sebbene non possiamo certo distanziarci, per affetto soprattutto, dal Favolacce (2020) che li ha resi famosi, i due fratelli romani mettono nella nuova serie un po’ tutto il loro repertorio di schemi narrativi, creando, se non un compendio, un’autentica storia d’innocenziana tra le migliori finora distribuite. L’antieroismo, la solitudine, il rapporto conflittuale tra generazioni, padri e figlie, ma non solo (si pensi all’incontro tra la giovane coppia che vuole comprare la casa di Vitello), la campagna italiana, che fa da sfondo con i suoi soliti non-luoghi.

Lo spettatore è annegato, abbandonato, in una sostanza che non lascia spiragli e che, anzi, lo rinchiude nella gabbia mentale dei personaggi; costretto così a famigliarizzare e a interagire con essi per la totalità di tutti i 6 episodi (dalla durata di 50 minuti ciascuno) in un coinvolgimento asfissiante e turbinoso. Forse non vi abbiamo convinto, ma ciò che è certo è l’unicità di un prodotto simile in Italia: panorama in decadimento, dove i Dostoevskij si nascondono nei tuguri di provincia, assassini del contemporaneo.


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Classe 1996, laureata in Filosofia.
Aspirante filosofa e scrittrice, nel frattempo sognatrice e amante di serie tv, soprattutto comedy e d'animazione. Analizzo tutto ciò che guardo e cerco sempre il lato più profondo delle cose. Adoro i thriller psicologici e i film dalla trama complessa, ma non disdegno anche quelli romantici e strappalacrime.
Pessimista cronica e amante del dramma.

Rebecca, classe 2000. Scrivo da che ne ho memoria e da ancora più tempo guardo film. Ho troppi film preferiti, sono innamorata del cinema in tutte le sue forme, vorrei vivere all'interno di una sala cinematografica e aspetto il Festival del cinema di Venezia come fosse Natale.

Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

Sono Filippo, ho 22 anni e la mia passione per il cinema inizia in tenera età, quando divorando le videocassette de Il Re Leone, Jurassic Park e Spider-Man 2, ho compreso quanto quelle immagini che scorrevano sullo schermo, sapessero scaldarmi il cuore, donandomi, in termini di emozioni, qualcosa che pensavo fosse irraggiungibile. Si dice che le prime volte siano indimenticabili. La mia al Festival di Venezia lo è stata sicuramente, perché è da quel momento che, finalmente, mi sento vivo.

Studente alla Statale di Milano ma cresciuto e formato a Lecco. Il suo luogo preferito è il Monte Resegone anche se non ci è mai andato. Ama i luoghi freddi e odia quelli caldi, ama però le persone calde e odia quelle fredde. Ripete almeno due volte al giorno "questo *inserire film* è la morte del cinema". Studia comunicazione ma in fondo sa che era meglio ingegneria.

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