Il 3 e 4 marzo sarà nelle sale cinematografiche italiane Marianne e Leonard: Parole d’amore, il docufilm diretto da Nick Broomfield che ripercorre le vite del cantautore canadese Leonard Cohen e della sua musa, la norvegese Marianne Ihlen.
Con amore e gratitudine eterni
Leonard e Marianne si conoscono nel 1960 sull’isola greca di Idra; lei ha alle spalle il matrimonio finito con lo scrittore Axel Jensen, da cui ha anche avuto un figlio. Tra i due scatta subito la scintilla ed è Marianne a ispirare a Leonard diverse tra le sue prime canzoni, come So Long, Marianne e That’s No Way to Say Goodbye.
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In un primo momento lui sogna di scrivere romanzi e poesie. È solo alla fine degli anni Sessanta che Leonard inizia a pensare seriamente di dedicarsi alla musica, quando la cantante americana Judy Collins crede nel suo talento. Comincia per lui una nuova vita, in cui purtroppo non ci sarà posto per Marianne: lei prova a vivergli accanto (o meglio, alla sua ombra), ma si sente svilita. Non possono continuare così.
C’è un però. Anche se con gli anni ognuno dei due prende strade diverse e si lega ad altre persone, da qualche parte nel cuore dell’uno resta spazio per l’altra. Vediamo nel docufilm che, a decenni di distanza dal loro primo incontro, Leonard regala a Marianne un biglietto in prima fila per un suo concerto a Oslo. Lei è felice della vita che ha costruito, ma non può fare a meno di guardarlo raggiante.
Il caso vuole che i due muoiano a pochi mesi di distanza l’una dall’altro. Marianne muore di leucemia a giugno 2016, Leonard a novembre dello stesso anno a seguito di una caduta. Poco prima di morire, Marianne riceve da lui una lettera struggente, che in qualche modo chiude il cerchio delle loro vite:
Mia cara Marianne,
Sono poco dietro di te, abbastanza vicino da prenderti la mano. Il mio vecchio corpo si è arreso, così come il tuo.
Non ho mai dimenticato il tuo amore e la tua bellezza. Ma lo sai già. Non ho bisogno di ripeterlo. Fai buon viaggio, amica mia. Ci rivedremo. Con amore e gratitudine eterni.
Tuo Leonard
Una narrazione fedele
Il film regala allo spettatore una narrazione fedele della storia di Leonard Cohen e Marianne Ihlen, grazie soprattutto ai numerosi filmati di repertorio. Non mancano, inoltre, le interviste a persone che sono state loro vicine e li hanno seguiti nei momenti cruciali delle loro esistenze.
Una di queste è proprio lo stesso regista, Nick Broomfield: benché tredici anni più giovane di Marianne, ha avuto anche lui una storia con lei. È proprio per l’affetto che ancora prova nei suoi confronti che ha deciso di realizzare un film che esalti lei e Leonard Cohen.
Si può ancora parlare di muse?
È interessante uno spunto lanciato dallo stesso Broomfield, che nel corso del film riflette sulla figura della musa ispiratrice di un poeta. La definisce una figura piuttosto anacronistica, se non addirittura sessista, vista la maggior consapevolezza dei nostri contemporanei verso la parità di genere.
Sappiamo che Marianne ha sofferto, non perché si sentiva discriminata in quanto donna, ma semplicemente perché accanto a Leonard brillava di luce riflessa. Questo, però, sottolinea Broomfield, non deve togliere nulla al valore delle canzoni che lei ha in qualche modo ispirato. Leonard Cohen le ha reso giustizia riconoscendo l’enorme importanza che lei ha avuto nella sua vita, anche se non sono riusciti a formare una coppia nel senso convenzionale del termine. Forse anche Broomfield, scegliendo di mettere il suo nome prima di quello di Leonard nel titolo del film, ha provato a renderle omaggio.
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