Mistress Dispeller – La cacciatrice di amanti di Elizabeth Lo è un viaggio affascinante e ironico nel mondo dell’amore e delle relazioni nel contesto della società cinese. Il film di Lo approda a Venezia 81 nella sezione Orizzonti, rivelandosi fin da subito uno dei lavori più interessanti dell’anno. A metà tra documentario e fiction, Mistress Dispeller si serve dello stile e degli artifici del cinema di finzione per raccontare la storia vera di un matrimonio in crisi.
Cosa fare se si scopre un tradimento? Chiama la mistress dispeller
L’amore è un groviglio di sentimenti difficili da districare, soprattutto per chi ci si ritrova dentro. Lo sa bene la moglie protagonista di Mistress Dispeller: il marito è distratto, assente, esce sempre più spesso tornando a casa a orari improbabili e riceve sms troppo intimi per essere quelli di un’amica.
La moglie è delusa e ferita, ma sente di dover salvare il suo matrimonio: l’unica soluzione è contattare un’allontanatrice di amanti, una professionista che ha il compito di interrompere la relazione tra il coniuge e l’amante e ristabilire l’armonia all’interno del legame matrimoniale. L’allontanatrice ha una funzione di guida e di mediazione all’interno della coppia: far emergere la radice del problema, affrontarlo e risolverlo.
La figura dell’allontanatrice di amanti è ambigua e forse anche poco comprensibile per gli spettatori occidentali: c’è chiaramente un certo grado di inganno e di manipolazione nel lavoro della dispeller volto al rinsaldamento della coppia di coniugi.
Elizabeth Lo contestualizza il ruolo di Zhenxi tenendo presente il legame con la società che lo ha creato, quella cinese: «A livello personale trovo problematico il suo lavoro e il livello di inganno che ne consegue. Ma, come lo spiega lei, se andasse da una famiglia e dicesse «Sono una terapista e vi aiuterò a risolvere i vostri problemi coniugali», verrebbe respinta. Questo perché in Cina la vergogna domestica non dev’essere resa pubblica. Ha bisogno di usare un travestimento, non può essere diretta, quindi quello che fa ha una sua funzione».
Wang Zhenxi, l’allontanatrice protagonista di Mistress Dispeller, viene introdotta in maniera organica all’interno della famiglia: né il marito né l’amante possono venire a conoscenza della sua vera identità. Guadagnando la loro fiducia e facendosi confidare i loro pensieri e stati d’animo, Zhenxi assume il ruolo di psicologa e cerca di capire i bisogni e i desideri di tutte le parti coinvolte.
Liberandosi delle sovrastrutture del giudizio, la dispeller arriva alla radice del problema: invitando la sua apprendista a liberarsi delle «questioni di morale», Zhenxi le pone una domanda: «Ci sono tre persone: il marito, la moglie e l’amante. Tra queste tre persone, chi credi che sia a soffrire di più?».
Uno sguardo empatico e antiretorico sulle relazioni
Il triangolo amoroso tra la moglie, il marito e la giovane amante, con aggiunta della figura dell’allontanatrice, crea, dentro Mistress Dispeller, un quadro complesso e dinamico che riporta le sfumature e le difficoltà di un rapporto romantico alle prese con la quotidianità.
In contrasto con le narrazioni dominanti di amori intensi e idilliaci in cui il confine tra giusto e sbagliato è sempre netto ed è la morale a prendere le redini del racconto, Mistress Dispeller fornisce una versione più composita della questione amorosa e del matrimonio come istituzione sociale.
È possibile amare due persone in modo diverso? Cosa cerchiamo nella persona che amiamo? Quali sono le mancanze che ci guidano? Cosa immaginiamo quando cerchiamo una persona da amare? Quand’è che l’altro diventa invisibile? Come cambia l’amore nel tempo, e quali sono le promesse che possiamo mantenere?
Sono tutte domande a cui un’allontanatrice d’amanti non può certo rispondere, né tantomeno Mistress dispeller che ne mette in scena l’operato, ma sono proprio le domande che non abbiamo il coraggio di farci e che possono venire a galla grazie a uno sguardo esterno.
Forse, se non di una vera e propria mistress dispeller, abbiamo bisogno di narrazioni così limpide e poetiche, che con un principio di praticità riescono a svelare delle verità su noi stessi, più o meno sgradevoli, su ciò che amiamo. Che raccontino le nostre debolezze, le nostre paure e i nostri sentimenti più infantili e puerili, svelando quanto di noi scommettiamo quando si tratta d’amore.
L’amore ci illumina sulla nostra imperfezione; non è altro che quel movimento sovrannaturale della nostra coscienza che mette a confronto due termini disuguali, da una parte tutta la perfezione, la pienezza dell’oggetto amato, dall’altra tutta la miseria, la sete, l’indigenza di noi stessi e, nel voler unire a tutti i costi questi due termini così lontani riempiendo il vuoto dell’uno con la pienezza dell’altro, si compie il miracolo, la perfezione scende in noi quando colui che è amato si dà, lascia che la sua pienezza entri liberamente, generosamente in contatto con la sete di colui che ama. – Roland Barthes
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