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Una still presa da Homegrown, film documentario di Michael Premo; l'opera è stata presentata in concorso alla 39a Settimana della Critica, svoltasi nel contesto della Mostra del cinema di Venezia 2024

Venezia 81 – Homegrown, il ritratto dell’America trumpiana

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8 minuti di lettura

Dall’arrivo della direttrice generale Beatrice Fiorentino e del suo team, la Settimana Internazionale della Critica (SIC), sezione parallela della Mostra d’arte cinematografica di Venezia dedicata alle opere prime provenienti da tutto il mondo, si è imposta come una delle sezioni più interessanti e vivaci della kermesse veneziana in quanto capace di intercettare le nuove tendenze e voci del cinema contemporaneo proponendo titoli che spaziano nei generi e nelle forme, che instaurano un dialogo col reale con grande intelligenza. Proprio all’interno di questo panorama vivace si inserisce Homegrown, opera prima documentaria del giornalista e artista visuale statunitense Michael Premo, che racconta l’America di Trump ai tempi del COVID e dell’assalto a Capitol Hill.

Homegrown, il profilo dell’americano nell’era di Trump

frame di Homegrown

Al centro di Homegrown vi sono tre suprematisti bianchi che, nel corso della campagna elettorale di Trump del 2020, organizzano a livello locale (homegrown, appunto) piccoli eventi affiliati ad associazioni estremiste come i Proud Boys per promuovere il programma dell’ex presidente degli Stati Uniti. Il contesto di riferimento qui sono gli USA segnati dalla pandemia di COVID-19 e dal Black Lives Matter.

I tre di Homegrown non si conoscono, operano in stati diversi e hanno visioni diverse della politica: Thad, newyorkese diventato complottista dopo aver visto Fahrenheit 9/11, film del 2004 di Michael Moore, intraprende un percorso per avvicinarsi alle frange del movimento BLM locale; Chris è un patriota del New Jersey che decide di avviare azioni di protesta violenta (tra cui la vandalismo ai danni di graffiti dedicati al BLM) mentre sta per diventare padre; infine Randy, carismatico leader di piccole associazioni politiche del Texas, si muove tra le proteste pro-Trump dal carattere populista.

Personaggi, quelli ripresi da Michael Premo, mossi da un forte sentire per il pensiero conservatore di Trump, il quale tuttavia per l’intera durata della pellicola non viene mai ripreso: la sua persona viene evocata dalle bandiere, da poster e sticker che ne evocano l’ideologia e il pensiero, persino da un imitatore per le strade durante una manifestazione anti-BLM. Una figura fantasmatica, dai contorni quasi divini, al cui dettame i personaggi rispondono come fosse un atto di fede verso un pensiero superiore cui iscriversi e in cui credere ciecamente.

un frame di Homegrown

Vedere gli Stati Uniti dalla prospettiva di questi tre uomini costringe lo spettatore a confrontarsi con un lato dell’America difficilmente approfondito o indagato a fondo dai media tradizionali: la camera di Premo, infiltrata nelle fila dei membri dell’estrema destra americana, restituisce il ritratto schietto e diretto di un’intera realtà politica e sociale estrema, reazionaria e violenta, spesso ritratta in maniera semplicistica e banale dai media, che ne ignorano la componente reale e umana e banalizzano così il fenomeno.

Michael Premo, tuttavia, non scende a compromessi né a semplificazioni: il regista di Homegrown, infatti, racconta i suoi protagonisti mostrandone anche il lato umano e quotidiano, inquadrandoli dunque come esseri umani e non figurine, persone con famiglie, amici; come una parte integrante vera e propria del tessuto sociale statunitense. Homegrown stesso si apre con uno dei protagonisti, Chris, che tre giorni dopo l’assalto del Campidoglio del 6 gennaio 2021 si trova nella sua nuova casa a costruire una libreria per il primogenito che sta per nascere.

È proprio in questa sua dimensione osservazionale, attenta ma sempre distante, che Homegrown dimostra di avere grande sensibilità documentaria e capacità di saper indagare il reale in maniera attenta, stratificata.

L’Assalto al Campidoglio visto dall’interno

assalto a capitol hill nel film documentario Homegrown

Gli Stati Uniti ritratti in Homegrown sono l’America del white trash, dei furgoncini pieni di striscioni e di sticker a supporto di Trump, delle camere segrete piene di fucili e munizioni, dalle casette a schiera costruite da zero dal patriarca di famiglia, delle tutine in poliestere a stelle e strisce. Una sottocultura che noi spettatori europei siamo abituai a vedere nel cinema di Harmony Korine e di John Waters, in una forma dunque molto enfatizzata, caricaturale. Nel documentario di Premo, questa estetica viene presentata nella sua forma naturale, come espressione vera e autentica di cultura statunitense; viene vista proprio come parte integrante del mondo dei supporter di Trump.

Questa estetica finisce per dominare anche nelle diverse iniziative promosse dai tre protagonisti a supporto dell’ex presidente: bandiere, striscioni, grandi parate di moto e furgoni, in cui i partecipanti rinnegano i principi antifascisti (Fuck Antifa!) e si inneggia alla violenza contro minoranze razziali e sessuali, in un’escalation di violenza prima verbale, poi sempre più fisica – a danni non solo di oppositori politici, ma anche di semplici passanti vessati perché colpevoli di non appoggiare i loro principi.

Questo crescendo di violenza culmina negli ultimi minuti del film, in cui Homegrown racconta l’assalto al Campidoglio avvenuto il 6 gennaio 2021 come forma di ribellione alla vittoria elettorale di Joe Biden alle elezioni del 2020 organizzata da mesi e sostenuta dallo stesso Trump. Seguendo nello specifico Chris, il futuro padre di famiglia, Premo riesce a riprendere e a documentare direttamente il tentativo di Golpe, mostrando gli scontri tra assalitori e polizia, gli spray urticanti spruzzati sulla folla, i feriti lasciati sullo spiazzale senza assistenza e i soldati che cercano di mantenere l’ordine in una situazione di caos.

Queste immagini di un attentato alla democrazia statunitense che esplodono in tutta la loro forza e prorompenza – coronate alla fine dalle celebrazioni degli attentatori con un barbecue di festeggiamento per le strade di Washington DC, sono sicuramente tra le più potenti e indimenticabili dell’81a Mostra del cinema di Venezia, e si presentano come un monito non solo per l’America del presente, ma per l’Occidente tutto in cui gli estremismi, le destre e l’intolleranza si fanno sempre più presenti.

Fondamentale in un momento storico e politico come quello attuale per gli Stati Uniti (e non solo), Homegrown è un film che riesce perfettamente a inquadrare il presente. Quello di Premo è sia un cinema di monito per il presente, sia di documentazione per il futuro per la sua lucidità di visione degli eventi e della società; proprio in questa sua lucidità riesce ad affermarsi come uno dei gioielli più “nascosti” (a fronte di film di maggiore attrattiva per il pubblico) presentati alla Mostra, oltre che un altro successo per la SIC.


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Classe 2001, cinefilo a tempo pieno. Se si aprissero le persone, ci troveremmo dei paesaggi; se si aprisse lui, ci troveremmo un cinema. Ogni febbraio vorrebbe trasferirsi a Berlino, ogni maggio a Cannes, ogni settembre a Venezia; il resto dell'anno lo passa tra un film di Akerman, uno di Campion e uno di Wiseman.

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