Robert Zemeckis, uno dei registi più importanti di Hollywood negli ultimi 40 anni, spegne oggi 69 candeline. Il regista classe 1952 durante tutta la sua carriera ha sempre portato innovazioni tecnologiche e rivoluzionarie nell’industria cinematografica, firmando alcuni tra i film più iconici di sempre: dalla trilogia di Ritorno al Futuro a Chi ha incastrato Roger Rabbit, da Forrest Gump a Polar Express. Negli anni 2000 ha sperimentato e perfezionato sempre più la tecnica della motion capture, ormai diventata una delle più usate nei blockbuster americani e non solo.
Zemeckis ha cambiato il modo di fare cinema in America come pochi altri registi hanno saputo fare, ma mentre i suoi film più iconici sono noti a tutti, nessuno parla mai dei suoi primi due film: 1964 – Allarme a N.Y. arrivano i Beatles! (titolo originale I Wanna Hold Your Hand, 1978) e La fantastica sfida (Used Cars, 1980). Scritti a quattro mani insieme al collega e amico Bob Gale, e prodotti da Steven Spielberg, in questi due film si possono già ritrovare i primi accenni stilistici e narrativi autoriali tipici di Robert Zemeckis, che lo accompagneranno lungo tutta la sua carriera futura.
I Wanna Hold Your Hand, la Beatlemania come evento storico
Nella primavera del 1978 esce nelle sale americane il primo lungometraggio di Robert Zemeckis, I Wanna Hold Your Hand, una commedia adolescenziale che anticipa in un certo senso le commedie teen di John Hughes che hanno imperato negli anni ’80. Nel cast troviamo molti volti nuovi e qualche faccia conosciuta, ma tutti alle prime armi: tra i più noti vi è una giovanissima Nancy Allen, protagonista qualche anno dopo nel film di Brian De Palma Dressed to Kill e nel RoboCop di Paul Verhoeven. Troviamo anche Wendie Jo Sperber e Marc McClure, ricorrenti in molti altri film di Zemeckis, tra cui Ritorno al Futuro e il successivo Used Cars.
La trama è tanto semplice quanto ricca di gag: è il 1964, un gruppo di sei amici decidono di partire per New York per assistere al celeberrimo primo concerto dei Beatles in America, al The Ed Sullivan Show. Ognuno ha i propri motivi: Grace (Theresa Saldana) vuole scattare un’esclusiva foto della band per lanciare la sua carriera giornalistica, Larry (McClure) vuole fare colpo su Grace accompagnandola, Pam (Allen) vuole passare un’ultima giornata di libertà prima del suo matrimonio, Susan (Janis Goldman) vuole boicottare la band britannica perché è troppo popolare e toglie importanza ad altri giganti della musica pop, Tony (Bobby Di Cicco) vuole fare colpo su Susan, arrivando ad ossessionarsi al pensiero di distruggere il successo dei Beatles, e infine Rosie (Sperber) è follemente innamorata di Paul (“Paul who?” “Paul! Paul McCartney!“). Nonostante gli esilaranti imprevisti, ognuno riuscirà a raggiungere i Beatles, in modi inaspettati e imbattendosi in molte sorprese.
Seguirà una serie di situazioni folli e incastri narrativi, gestiti con notevole bravura dall’esordiente cineasta. Robert Zemeckis fu comunque supportato da Spielberg, che per accordo con la Universal avrebbe preso in mano il progetto personalmente, nel caso in cui il giovane Zemeckis non fosse riuscito a fare un buon lavoro. Ma non fu questo il caso, anche se, nonostante avesse ricevuto un’accoglienza esaltatissima alla prima proiezione, alla fine fu un insuccesso al botteghino. Il film è stato comunque accolto molto bene dalla critica sin dall’esordio, lodando la ricostruzione storica e la rappresentazione della Beatlemania, fenomeno culturale che ha avuto un impatto rivoluzionario nel campo musicale e non solo.
A posteriori, è interessante analizzare il primo film di Robert Zemeckis andando a cercare gli stilemi tipici del regista. La prima cosa che salta all’occhio è sicuramente l’escamotage visivo di come abbia mascherato i Beatles: ovviamente non poteva chiamare gli originali, e certamente non poteva ricrearli in motion capture, come avrebbe fatto in futuro. Invece ha ingaggiato degli attori di cui non si vede mai il volto, ripresi sempre da lontano, o inquadrando solo parte dei loro corpi (come quando Pam è nascosta sotto il letto della loro suite d’albergo, e sviene vedendo le gambe dei suoi idoli). Sentiamo solo le loro voci con un accento caricaturato britannico.
Ma la trovata più geniale è nella scena del concerto: Robert Zemeckis adotta abili giochi di inquadrature, utilizzando video di repertorio del concerto originale, e sfruttando un’ottima sincronizzazione con i movimenti dei body doubles della band. Possiamo già vedere quindi il gusto di Zemeckis nel ricreare e modificare momenti storici, come farà 16 anni dopo nella celebre sequenza di Forrest Gump, in cui il protagonista interpretato da Tom Hanks siede accanto a John Lennon e stringe la mano a Nixon. Nel 1994 ovviamente aveva a disposizione i mezzi tecnologici adeguati con cui “giocare” e realizzare questi momenti con brillante originalità e maestria.
Used Cars, la satira nera con Kurt Russell
Il secondo lungometraggio di Robert Zemeckis (terzo, se contiamo anche 1941 di Spielberg, scritto proprio da Zemeckis e Gale) è Used Cars, una satira sul sogno americano, notevole per l’umorismo cupo e cinico, insolito per lo stile del regista a cui siamo abituati (forse in Roger Rabbit possiamo ritrovare un senso dell’umorismo simile, anche se portato agli eccessi data l’ambientazione cartoonesca). Nel cast troviamo Kurt Russell (noto soprattutto per le sue collaborazioni con John Carpenter in La Cosa, 1997: Fuga da New York e Grosso Guaio a Chinatown), Deborah Harmon, Gerritt Graham e Jack Warden, nel doppio ruolo di due fratelli rivali. Troviamo anche un giovanissimo Michael McKean, conosciuto per il suo ruolo di Chuck McGill nella serie tv Better Call Saul. Tornano anche McClure e la Sperber.
Rudy Russo (Russell) lavora in una concessionaria di macchine usate gestita da Luke Fuchs (Warden), che sta proprio di fronte alla concessionaria del fratello Roy Fuchs (sempre Warden). La concessionaria di Roy rischia di essere demolita per far spazio ad un’autostrada, e per salvarsi decide di pianificare la morte del fratello, per incassare l’assicurazione ed ereditare la concessionaria. Rudy e Jeff (Graham) non riescono a salvare Luke, e per evitare di perdere il lavoro decidono di sotterrare il cadavere, mentendo a tutti dicendo che Luke è partito per Miami. L’arrivo di Barbara (Harmon), la figlia di Luke, porterà altri scompigli. Questa è solo la premessa, ed è già squisitamente ironica. Inutile dire che la trama prenderà un sacco di curve, con i protagonisti imbroglioni che ne combineranno di tutti i colori, e che dovranno sbrogliarsi da mille problemi.
Il finale è glorioso: per risolvere l’ennesimo inghippo, Rudy e compagnia devono far arrivare una cinquantina di macchine alla concessionaria per vincere una causa legale. In una sequenza che ricorda i leggendari Mad Max di George Miller, vediamo un esercito di macchine sfrecciare nella prateria della Mesa mentre Roy e i suoi scagnozzi sparano e saltano da una macchina all’altra per fermare i nostri eroi, mentre Jeff per arrivare in tempo fa saltare la sua macchina sopra un treno in corsa. Glorioso.
Qui sono meno presenti artifici ingegnosi e illusioni visive, ma si può comunque notare il gusto di Robert Zemeckis per il sensazionalismo, le sequenze over-the-top e la presenza di personaggi stravaganti e sopra le righe, come ad esempio la doppia interpretazione di Jack Warden, che interpreta i due fratelli rivali in maniera molto caricaturale e umoristica. Kurt Russell è sempre stato familiare con i ruoli ironici, e anche qui ci regala un personaggio simpatico e sornione, con ottimi tempi comici e una fisicità sempre elastica. In generale tutto il cast fa un ottimo lavoro per calare i personaggi in un’atmosfera surreale ed esagerata. Il lavoro della macchina da presa è, come sempre nei film di Zemeckis, molto movimentato e complesso, a partire dalla tradizionale carrellata iniziale, sempre presente nei film del regista (è presente anche in Forrest Gump, Ritorno al Futuro, e persino in I Wanna Hold Your Hand).
Il marchio di fabbrica di Robert Zemeckis: la carrellata iniziale
In quasi tutta la sua filmografia infatti è presente una carrellata (tracking shot in inglese) all’inizio del film, di solito durante i titoli di testa, che presenta allo spettatore tutti gli elementi e gli indizi del film che sta per vedere. In Used Cars ad esempio, la carrellata inizia dall’auto appesa a mo’ di insegna della concessionaria, e prosegue scendendo fino ad arrivare a Rudy che aggiusta una macchina, presentandoci in mezzo tutta la concessionaria piena di catorci e automobili semi arrugginite. Con questo movimento di macchina Robert Zemeckis ci ha già detto tutto del film che stiamo per vedere: ci ha presentato l’ambientazione, il protagonista, e il mood generale del film.
Per fare un paragone, I Wanna Hold Your Hand inizia con un dettaglio della transenna della polizia, e si allarga per mostrarci l’entrata dell’Ed Sullivan Theatre, in cui si svolgerà lo storico concerto. In questo modo ci ha già presentato il periodo storico e l’evento principale del film. In Forrest Gump c’è la famosa ripresa della piuma, che dal cielo finisce ai piedi del protagonista sulla panchina; in Ritorno al Futuro esploriamo la camera di Marty McFly e tutti i suoi complessi marchingegni; in Contact, anche se è tutto ricreato in CGI, vediamo una carrellata del nostro sistema solare. Insomma, sin dai suoi esordi Robert Zemeckis ha sempre adoperato questa tecnica di ripresa come introduzione ai suoi film.
Il cinema è cambiato molto dall’uscita del suo primo film, in parte anche grazie al lavoro di Zemeckis stesso: dai film che hanno contribuito a dare forma alla cultura pop degli anni ’80, ai grandi film drammatici degli anni ’90, fino all’esplorazione tecnologica della CGI e della motion capture degli anni ’00. Cosa aspetta adesso Robert Zemeckis? Attualmente sta girando il remake live-action Disney di Pinocchio, riunendosi con il veterano Tom Hanks per la quarta volta, qui nel ruolo di Geppetto, e il film dovrebbe uscire per l’anno prossimo. In cantiere ha anche un film storico sul primo re delle Hawaii, con Dwayne Johnson nel ruolo del Re Kamehameha.
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