Cosa succede quando uno dei film più attesi dell’anno non incontra le aspettative del pubblico? Aspettative che sono state montate e caricate da quasi un anno grazie al geniale e criptico marketing ideato da Neon. È quello che è successo a Longlegs, il nuovo film di Oz Perkins, che gli amanti degli horror e delle detective stories attendono in fibrillazione. Longlegs ha creato molto chiacchiericcio soprattutto per la presenza (e l’apparenza) di Nicolas Cage nel ruolo del serial killer che dà nome al film; l’attore, infatti, sfoggia un misterioso trucco lo rende quasi irriconoscibile e, ovviamente, terrorizzante.
Il team marketing dietro a Longlegs ha fatto tutto il possibile per non far trapelare nulla sulla trama o sul volto di Longlegs, alimentando un’atmosfera inquietante di mistero. Ma forse il lavoro è stato fin troppo elusivo.
Un marketing efficace ma depistante
Al giorno d’oggi è difficile parlare di un film senza prima parlare dell’hype preparatorio alla visione: spesso il dibattito su un film inizia ben prima della sua uscita e si conclude poco dopo la stessa. Si potrebbe fare un discorso molto lungo su come i social influenzino questo tipo di discussioni, sul calo di interesse e sul conformismo che imperano su internet e nella realtà. Sta di fatto che di Longlegs si è parlato a lungo nei mesi che hanno preceduto il suo debutto: prima ancora di vederlo, c’è stato chi l’ha paragonato a Zodiac, a True Detective, a quei thriller anni ’90 in cui si dà la caccia a uno spaventoso serial killer.
I teaser e i trailer del film di Oz Perkins non confermavano né smentivano questi confronti: immagini criptiche e vagamente nostalgiche, un codice da decifrare per carpire i messaggi del serial killer Longlegs (che ricorda appunto l’alfabeto del reale Zodiac o del Riddler di The Batman), scene di ricerca e investigazione. Il tutto accompagnato da un magistrale lavoro sul suono, che lasciava presagire un’atmosfera horror. Un marketing virale e coinvolgente come non se ne vedevano da anni. Da qui è nata la fascinazione e il mistero di Longlegs.
Anche le prime recensioni del film che citavano film come Il Silenzio degli Innocenti hanno contribuito ad alimentare le aspettative che Longlegs sia un film sulla caccia ad un serial killer piuttosto che un genuino film horror. In realtà si è trattato di un (involontario?) depistaggio che ha portato alla delusione e all’incomprensione di uno degli horror più interessanti e non convenzionali degli ultimi anni.
Cosa è realmente Longlegs?
Se si lasciano andare tutte le aspettative e si entra in sala a mente vuota, è evidente sin dalle prime inquadrature che Longlegs sia in tutto e per tutto un horror. Perkins imbastisce un’atmosfera accattivante e ipnotica, e introduce subito, nei primi minuti, un elemento sovrannaturale che a una prima impressione sembra stonare con le ambientazioni suburbane e realistiche del contesto scenico. Ma anche quelli che sembrano dei “buchi di trama” si rivelano essere ingranaggi di un orologio svizzero per gli amanti dell’horror.
Longlegs è una storia molto contenuta, con molti meno protagonisti e molte più sorprese di quanto possa sembrare. In realtà, più che ai thriller/horror degli anni ’90, Longlegs sembra ispirarsi a quegli horror degli anni ’70 incentrati sul panico satanista, visto che il killer titolare è dichiaratamente un adoratore del Diavolo, e che le atmosfere spaventose del film derivano da questo fattore: Longlegs è una presenza costante per tutto il film, anche quando non appare fisicamente, è un’ombra che incombe e si insidia nei personaggi coinvolti, soprattutto in Lee Harker, la protagonista detective interpretata magistralmente da Maika Monroe, che con piccoli movimenti riesce a trasmettere la forte determinazione e contemporaneamente la paralizzante insicurezza di un’agente alle prime armi.
Paradossalmente, il personaggio di Harker risulta quasi più interessante e memorabile rispetto a quello di Longlegs, soprattutto dopo lo spiazzante colpo di scena della seconda parte, forse quello che ha più deluso e spaesato il pubblico. L’interpretazione di Cage è, come sempre, sopra le righe e istrionica, e quasi stona con il tono sommesso del film, ma è proprio questa nota stonata a rendere il suo personaggio terrorizzante e ipnotico, fuori posto e alieno. Non funziona e allo stesso tempo funziona perfettamente, proprio per il suo essere grottesco e sgradevole, quasi comico nella sua depravazione.
L’horror iconico e atmosferico in Longlegs
In Longlegs Perkins crea inaspettatamente una mitologia tutta sua, originale e molto personale, per raccontare non tanto una caccia al serial killer, quanto un dramma mascherato da horror, che tocca temi e paure universali, rivelando che il Male si insidia anche nei posti più sicuri e inaspettati. Anche se si tratta di un termine ormai più che abusato, al punto tale da perdere significato, bisogna dire che l’horror di Perkins è iconico, nel senso letterale del termine, ovvero che è profondamente legato all’immagine e ai simboli.
Innanzitutto gioca con gli aspect ratio (il convenzionale 2:39 e il vintage 4:3), alternando tra riprese in digitale e in pellicola, non solo a scopo narrativo, ma anche ragionando sulla diversa composizione dell’inquadratura in questi due aspetti, su come sfruttare e riempire al meglio lo spazio dentro la cornice. Perkins non ragiona in termini di jumpscare (clicca qui per un interessante approfondimento sui jumpscare nel cinema, ndr), né insiste sul torbido o sul morboso, ma lavora sulle immagini, sulla composizione dello spazio, sull’impatto dell’icona: ci sono simboli ricorrenti, inquadrature che si ripetono con delle varianti, con dei significati ben precisi. È tutto giocato sull’equilibrio di una semiotica ragionata e attentamente calibrata.
Lo stesso si può dire sull’utilizzo del suono e sulla colonna sonora (composta dal fratello di Oz, Elvis Perkins, qui sotto lo pseudonimo Zilgi) che più che essere un accompagnamento musicale è un insieme discordante di suoni che contribuiscono a creare l’atmosfera, ad arricchirla di sfumature e di colori (o meglio, di ombre). Per tutti questi fattori, Longlegs rientra facilmente nella sottocategoria degli horror atmosferici, come Alien, Shining, The VVitch e It Follows (che non a caso ha lanciato la carriera di Maika Monroe).
Anche se all’inizio l’attrattiva principale di Longlegs è Nicolas Cage – e il suo volto storpiato dal trucco – il film sorprende e si rivela essere esso stesso l’attrazione principale, con le sue atmosfere criptiche e suggestive, e l’ambiguità del finale, che insidia nello spettatore una terrificante domanda, la cui risposta non lascia molte speranze.
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