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Satyricon, la cena di Trimalcione secondo Fellini

8 minuti di lettura

Nel mezzo della prolifica produzione di Federico Fellini, si pone un film assai chiacchierato al momento della sua uscita, nel 1969, ma ad oggi spesso dimenticato: Satyricon.

La sceneggiatura è stata scritta a quattro mani con Bernardino Zapponi, assiduo collaboratore al fianco del quale il regista riminese darà vita a film come I clowns (1970), Roma (1972) e La città delle donne (1980).

Testo di riferimento è il Satyricon, romanzo della letteratura latina scritto da Petronio, autore e politico attivo nel I secolo d.C.

La fonte letteraria: il Satyricon e la Cena Trimalchionis, tra Fellini e Petronio

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Come la maggior parte delle fonti letterarie antiche, il Satyricon di Petronio non è giunto a noi nella sua interezza, ma ne possediamo solo alcuni frammenti. Essi sono stati tuttavia sufficienti a stimolare l’attenzione degli studiosi, soprattutto a causa delle particolarità stilistiche e linguistiche. L’opera, infatti, si caratterizza per un’affascinante varietà di metri, voci narranti, registri espressivi, tanto da essere spesso stata definita un pastiche letterario.

Protagonista del romanzo è il giovane e raffinato Encolpio (nell’adattamento Martin Potter) di cui vengono narrate le mirabolanti avventure, vissute tra licenziosi triangoli amorosi e incontri con personaggi fantastici, eccentrici e misteriosi.

Il frammento più lungo e meglio conservato è quello della Cena di Trimalcione, in cui viene descritto un banchetto a dir poco singolare, tenuto da un padrone di casa altrettanto bizzarro. Mentre il Satyricon di Fellini si presenta in generale come (molto) liberamente ispirato all’opera petroniana, la trasposizione cinematografica di tale episodio mostra invece profondissime affinità con la fonte letteraria.

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Ricchezza figurativa

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Trimalcione (Mario Romagnoli) – come i suoi invitati – è un liberto (così venivano chiamati gli schiavi affrancati) che, entrato in possesso di una smisurata fortuna, non perde occasione per darne sfoggio. Ciò che tuttavia i soldi non possono comprare sono eleganza e buon gusto, e dunque la sua dimora, così come i banchetti da lui offerti, si presentano come una grossolana imitazione del lusso aristocratico.   

Nei 52 capitoli dedicati alla narrazione del convivio, Petronio descrive l’episodio con dovizia di particolari. Fellini si mostra abile nello sfruttare tale abbondanza per creare figure e visioni particolarmente suggestive. Le portate stravaganti dall’infallibile effetto-sorpresa, servite in una stanza pervasa dal fumo di cucine e incensi; i colori accesi delle vesti indossate dai commensali e i loro visi pesantemente truccati; i gioielli sfoggiati come trofei della propria novella ricchezza impreziosiscono la messa in scena, trasformando le parole di Petronio in immagini di pittorica bellezza.

Società tra realtà e sogno

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Fonte: tg24.sky.it

A causa della frammentarietà della fonte letteraria e della scarsità delle notizie biografiche riguardanti l’autore, le opinioni riguardo a quale fosse l’intento di Petronio non sono concordi. Da una parte c’è chi sostiene che scopo primario del Satyricon – e in particolare della Cena Trimalchionis – fosse la denuncia della decadenza sociale contemporanea allo scrittore; dall’altra si schierano quelli che considerano il singolare convivio una rappresentazione della realtà estranea a qualsiasi giudizio morale, nonché un mero, ricercatissimo esercizio di stile.

La Roma del I secolo d.C. era afflitta da problematiche che in parte si ritrovano, secoli dopo, nell’Italia raccontata da Fellini (si pensi alla Capitale rappresentata ne La dolce vita), come lo scempio della cultura (Trimalcione confonde i protagonisti dei miti e compone poesie scadenti), la fatuità degli uomini, la vacuità del lusso, la trasgressione che corrompe gli animi. Tuttavia, in Satyricon il regista – fedele alla sua poetica – nel rappresentare tali problemi, non rinuncia alla creatività e all’estro artistico.

Vi è, infatti, nella versione cinematografica della Cena di Trimalcione un’innegabile dimensione onirica – del tutto assente nel precedente letterario – raggiunta in primo luogo tramite l’intervento di “copia e incolla” operato dagli sceneggiatori. Tutto ciò che esce dalla bocca dei personaggi si trova nell’opera di Petronio, ma i dialoghi sono stati spezzati e ricollocati, apparentemente senza un ordine preciso, così che i discorsi si perdono l’uno nell’altro e viene a mancare un filo conduttore chiaro, che dia all’episodio un ordine logico.

Il fascino dello spettacolo in Satyricon

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Durante il banchetto del liberto, non mancano i momenti di svago. Ciò che però Petronio descrive in poche righe, Fellini – da sempre “vittima” della fascinazione esercitata dagli spettacoli – lo amplia, creando intere sequenze in cui musica, danza e teatro sono i protagonisti. Così lo spettatore si perde nel flusso melodioso dei versi greci recitati dagli omeristi e, un attimo dopo, assiste al ballo di Fortunata (Magali Noël), la moglie di Trimalcione, che si scatena come animata da un’energia primordiale.

Personaggi: tra singolo e collettività

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L’episodio della cena di Trimalcione si presta anche ad un’altra caratteristica dei film di Fellini: la pluralità. Il regista è infatti abile nel gestire inquadrature che comprendono numerosi personaggi, in cui i molti corpi si muovono in un’armoniosa coralità. Opposta ma intrinsecamente legata a tale coralità è poi la capacità di emergere del singolo personaggio, che sia esso protagonista o comparsa. Così in Fellini – Satyricon il regista esalta le peculiarità degli eccentrici commensali, che Petronio con le sue parole aveva suggerito, e regala dei ritratti volutamente grotteschi e inevitabilmente indimenticabili.

Il confronto pacifico e stimolante con la fonte letteraria

Non stupisce che nel Satyricon la Cena Trimalchionis sia il frammento dell’opera latina che meno è stato modificato da parte di Fellini e Zapponi. In esso, infatti, la fonte letteraria non rischia di costituire un vincolo limitante alla poetica felliniana, ma si fa anzi mezzo sorprendentemente adatto a veicolarne alcune delle caratteristiche essenziali.


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Classe 1996. Laureata in Filologia Moderna, ama stare in compagnia degli altri e di se stessa. Adora il mare e le passeggiate senza meta. Si nutre principalmente di tisane, lunghe chiacchierate e pomeriggi al cinema.