Per quasi tutto il mese di agosto questo legal drama sudcoreano è stato tra i contenuti più visti su Netflix, e per più di una buona ragione; diretto dall’acclamato regista di Dr. Romantic, Yoo In-shik, Avvocata Woo è una di quelle serie che tutti dovrebbero recuperare, un gioiellino capace di far emergere il buono del mondo. Diamo uno sguardo a ciò che ora come ora più si avvicina a un sospiro di sollievo su schermo.
La straordinaria Avvocata Woo
Essendo affetta da un disturbo dello spettro autistico, l’aspirante avvocato Woo Young-woo (Park Eun-bin) fatica a trovare lavoro nonostante si sia laureata con tutti gli onori e sia, detto semplicemente, un vero genio; finché la CEO di un prestigioso studio legale di Seul le offre un impiego e l’opportunità di costruire una carriera si fa sempre più concreta e a portata di mano.
Nonostante le difficoltà legate alla sua condizione e al comune atteggiamento di diffidenza nei confronti delle persone con disabilità, a Young-woo non mancheranno alleati e sostenitori; e proprio grazie a loro e alle sue doti innate lavorerà instancabilmente per essere un eccellente avvocato, senza immaginare cos’altro la vita ha in serbo per lei.
Avvocata Woo, incantevole il giusto
Raccontare la disabilità non è mai semplice, tantomeno quando si assumono molteplici punti di vista. Ciononostante, Moon Ji-won scrive di autismo padroneggiandolo a dovere e quasi a volerlo accarezzare, stando ben lontano dall’intento di suscitare pietà ma provando a risvegliare un innato istinto di protezione.
Tra dispute legali intricate e risolutivi lampi di genio, Avvocata Woo ribadisce come dei propri limiti chiunque sia consapevole, indipendentemente dalla disabilità e spesso a causa di questa perfino di più.
Una consapevolezza spesso sottovalutata e quindi nel caso di Woo Young-woo esplicitata direttamente, che porta lo spettatore a interrogarsi più volte su quando sia giusto esprimere un giudizio e quando sia invece opportuno tacere.
In un modo o nell’altro, ogni episodio di Avvocata Woo lapida la concezione del diverso come inferiore, presentato invece come qualcuno da cui poter imparare tanto; in tal modo, a trasparire è un pervasivo e trepidante bisogno di amore che ognuno merita e a cui ognuno ha diritto, a prescinde dalla disabilità così come da tutto il resto.
Ciò non significa che tutto ciò che Woo Young-woo dice e pensa sia buono e giusto: la serie non difende a spada tratta i suoi atteggiamenti ma piuttosto li comprende e li sa contestualizzare, in modo che per il pubblico sia più semplice comprendere alcune dinamiche. Un modo delicato e indiretto di condannare l’ignoranza più fiera e becera di chi non prova a empatizzare con il prossimo, neanche per sbaglio.
Avvocata Woo tende a ricadere nel fiabesco più di quanto un legal drama dovrebbe fare; ma quando il tutto sembra tingersi troppo di rosa, la serie bilancia con qualche tocco di realismo per ricordarci che viviamo nel mondo reale in cui non tutto è bello e non tutti sono buoni. Lo fa proprio ricorrendo alla legge e ai tribunali, che purtroppo non sempre riescono a fare giustizia, e ben riescono a smorzare i momenti idillici diluendo il rosa con un pizzico in più di grigio; come quando la vita stessa si accorge che sogni troppo e allora fa di tutto per riportarti coi piedi per terra, anche a costo di non farti atterrare comodamente.
Pur essendo nel complesso così ben soppesato, qualcosa manca, e per quanto si tratti di un K-drama adorabile disattenzioni nei confronti delle storyline secondarie potrebbero saltare all’occhio del pubblico più attento. Di contro, la caratterizzazione un po’ riduttiva di alcuni dei personaggi rispecchia la percezione che Woo Young-woo stessa ha di loro, e quanto più profondo è il loro rapporto tanto più la serie sembra indagare a fondo a riguardo; un criterio piuttosto sensato che non lascia pensare alla noncuranza.
Voglia di tenerezza
Avvocata Woo decompone pezzo dopo pezzo l’idea dell’autismo come insieme di mancanze per poi riproporlo come mancanza di artifici e sovrastrutture. Così facendo, la serie si schiera a favore della trasparenza e della pazienza e suggerisce al pubblico di occupare del tempo, tra una corsa e l’altra, prestando attenzione a chi ci circonda e soprattutto a chi sembra non avere molto da dire, perché spesso coincide con chi ha molto da offrire, in compenso.
Simile a una fiaba nella sua versione più reale e tangibile, solo apparentemente lontana dal nostro fare quotidiano ma verissima al di fuori di convinzioni radicate e limitanti, Avvocata Woo combatte tra le mura dei tribunali un mondo in cui l’efficienza assume il ruolo di unità di misura, e ne propone una nuova versione, non troppo utopica, ben più comprensiva, più altruista e compassionevole. Un tentativo di far rendere conto, insomma, del fatto che tra una convenzione e l’altra ci stiamo perdendo, dimenticando che le maniere si possono insegnare e l’umanità no.
Avvocata Woo è un grido di aiuto alla gentilezza levato a suon di obiezioni e di pianoforte, un ode alle doti che stiamo vedendo scomparire e che se viste trasposte su schermo suscitano tanta, tanta emotività; l’ideale da gustarsi in solitudine per nascondere gli occhi rossi a chi, di contro, ne riderebbe. Non è detto che rientrerà in ogni lista dei preferiti, ma un posto sul podio per la categoria K-drama che rendono felici istantaneamente non glielo toglie proprio nessuno.
Seguici su Instagram, Tik Tok, Twitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!