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Bad luck banging or loony porn

Bad luck banging or loony porn, il cinema osserva il mondo di oggi

7 minuti di lettura

La 71ª edizione del festival di Berlino ha premiato con l’Orso d’oro della manifestazione Bad luck banging or loony porn, coraggioso film del rumeno Radu Joe, già vincitore dell’Orso d’argento come miglior regista nel 2015 grazie al suo Aferim!.

L’aggettivo coraggioso è quanto mai adatto e significativo sia per quanto riguarda i temi trattati sia per lo stile con cui viene presentato Bad luck banging or loony porn; a metà tra una commedia nera e un’opera didascalica, lavoro che risulta finemente rifinito e capace di un’ironia tagliente, decisa a non fare prigionieri.

Tre parti, numerosi significati

Bad luck banging or loony porn è diviso in tre parti, estremamente diverse tra loro dal punto di vista del taglio registico e a modo loro tutte e tre utili a raggiungere il fine del racconto.

La trama sembrerebbe essere soltanto un pretesto per poter indagare la società rumena e più in generale quella globale, resa sempre più omogenea, metaforicamente e non solo, dal fenomeno di Internet.

Un’insegnante di una scuola prestigiosa finisce suo malgrado nello scandalo quando un suo filmino porno viene caricato online e capita sotto gli occhi dei suoi giovani alunni. La riunione con i genitori che ne consegue è il tratto d’unione tra la prima e la terza parte di Bad luck banging or loony porn, che narrano rispettivamente l’attesa preoccupata della professoressa e lo stesso faccia a faccia che avrà luogo, senza esclusione di colpi, nel cortile della scuola, in un luogo aperto così come richiesto dai protocolli anti covid.

Bad luck banging or loony porn è infatti uno dei primi lavori cinematografici che mostrano con forza le nuove abitudini e le restrizioni cui si è dovuto far fronte a seguito della pandemia, punteggiando, senza soffermarcisi troppo sopra ma con piglio preciso, le difficoltà e i conflitti che il nuovo stato di cose ha portato con sé.

Bad luck banging or loony porn tra metafora e modernità

La parte centrale del film rappresenta invece qualcosa di completamente diverso ed in qualche modo avulso dal resto della narrazione: attraverso una serie di filmati e di immagini vengono spiegati e raccontati concetti, metafore e pensieri che, proprio in quanto centrali nella modernità, continuano ad essere oggetto di propaganda e pregiudizi.

Nella prima sezione ci viene mostrato il viaggio a piedi dell’insegnante (Katia Pascariu) verso la scuola, costellata dalle soste e dagli incontri quotidiani del vivere di ognuno.  Attraverso dei brevi e lenti piani sequenza che si allontanano spesso dalla protagonista viene dato risalto alle contraddizioni della città e della società, in una nazione che vive ancora i postumi di un’economia post sovietica e divisa da forti differenze economiche che diventano per forza di cose motivo di contrasto interno.

Gli sfavillanti ed enormi cartelloni pubblicitari delle multinazionali fanno da contraltare ad edifici malridotti e ad una popolazione che sembra quasi abbandonata ed incapace di reagire al mutamento che consegue alla nascita di un’idea capitalista.

Forse volendo esagerare nell’interpretazione si può assimilare la visione d’insieme che ne consegue alle pagine internet che riempiono il web, troppo spesso povere di contenuti e significati quanto stracolme di banner e vetrine pubblicitarie per i prodotti più disparati.

Di razzismo e indignazione

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Immediatamente dopo, nella seconda parte, una serie di definizioni accuratamente scelte, raccontano, senza disagio o finto pudore, la radice che nutre le annose questioni legate al razzismo, al pregiudizio di genere e al classismo che imperano nel mondo contemporaneo.

Come per un’enciclopedia online viene resa accessibile e di banale comprensione l’accezione che, troppo spesso senza neanche pensare, attribuiamo a qualcosa.

Il terzo segmento è tutto incentrato sul dibattito voluto dai genitori indignati dalla pubblicazione online del video porno e preoccupati più dalla questione morale che dalle possibili ripercussioni sui figli della visione, presa come pretesto per esplicitare e far valere i propri pensieri e giudizi.

Qui il regista si diverte a prendere in contropiede lo spettatore cambiando luci e colori dell’ambiente e le disposizioni dei presenti, ponendo su tutto le opinioni degli stessi, espresse con arroganza e risolutezza dall’alto di un piedistallo su cui ognuno di essi sembra ergersi.

I primi piani, sfrontati nonostante le mascherine, sono lo specchio delle parole e degli atteggiamenti dei presenti e l’intero processo, perché a tutti gli effetti di un processo si tratta, somiglia sinistramente al mondo social in cui la libertà d’espressione diventa sempre di più soltanto sinonimo di prevaricazione, necessità di rivalsa e culla di ipocrisie utili per delineare una realtà di comodo che niente ha a che fare col mondo vero e con un’umanità che non dovrebbe essere disegnata con i tratti forti, netti e precisi di una bidimensionalità soltanto astratta ed artificiosa.

Tre finali per un importante monito

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I tre finali che ci vengono presentati sono l’ultimo pretesto per ricordare quanto sia difficile accettare di poter essere dalla parte sbagliata, di quanto i nostri giudizi spesso avventati possano pesare sugli altri e su noi stessi e di come prendersi troppo sul serio non sia necessario per esprimere un’idea, per quanto importante possa essere il concetto.

È un film coraggioso Bad luck banging or loony porn, e certamente è uno di quei film di cui si senta il bisogno, soprattutto in un momento in cui riflettere con lucidità, lasciandosi anche andare a qualche sorriso amaro, diventi importante per affrontare la complessità di un mondo veloce e ancora troppo infarcito di un falso moralismo che spesso straborda nell’intolleranza e nella divisione.


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