Il 12 maggio è uscita su Apple Tv+ la Serie TV crime thriller Città in Fiamme (City on Fire), prodotta dai creatori di Gossip Girl e The O.C. e tratta dall’omonimo romanzo di Garth Risk Hallberg.
I creatori della Serie, Josh Schwartz e Stephanie Savage, hanno però scelto di cambiare il periodo storico della storia rispetto al romanzo, trasportandolo dagli anni ’70 al 2003, un paio d’anni dopo l’attacco alle Torri Gemelle e quindi un periodo nel quale ancora serpeggia la paura. I produttori, invece, hanno messo in pratica la loro bravura nel tessere ed intrecciare trame e sottotrame, questa volta cambiando ambientazione e genere rispetto ai loro precedenti successi.
New York, la Città in fiamme che inghiotte la verità
Città in Fiamme posiziona l’incidente scatenante già nei primi minuti del primo episodio: durante la notte di Capodanno qualcuno ha sparato ad una ragazza, Samantha, piantandole una pallottola in testa e mandandola in coma. Nel corso degli episodi non solo si cerca di ricostruire cosa sia accaduto quella notte, ma anche chi fosse veramente Samantha: una punk con la passione per i concerti, la fotografia analogica e le droghe che intratteneva una relazione con un preppy guy, cioè un privilegiato dell’alta società.
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La città in fiamme di cui stiamo parlando è New York, nella quale i personaggi, che si muovono dai bassifondi alle ville di lusso, sono tutti indissolubilmente collegati tra loro e ovviamente a Samantha e alla sua macchina fotografica analogica. Così, nel corso di otto episodi, punk scapestrati, piromani, ricchi snob, artisti maledetti e investigatori apparentemente senza una vita, si avvicendano per risolvere il mistero: ognuno segue la propria pista senza parlarne con i compagni, giungendo a conclusioni che ai nostri occhi svelano man mano i rapporti che intercorrono tra i piccoli ingranaggi di un meccanismo ben più grande di ognuno di loro.
Il mistero come un caleidoscopio
Il primo episodio parte con una buona dose di confusione, giustificata però dal mistero che connette vari strati sociali e anche metafora di Samantha, che è come uno specchio andato in frantumi, nel quale ogni personaggio vede il suo riflesso e la sua versione della storia. C’è quindi un disegno molto più grande, che percepiamo come se fossimo immersi in un caleidoscopio di persone e fatti di cui ognuno ha una personale visione. Man mano che si prosegue negli episodi, però, tutto comincia a prendere una forma, o meglio, a svelare la vera natura coperta di strati di bugie.
Qualcosa è prevedibile e verso la fine ci sono un po’ di “spiegoni”, ma altre dinamiche non lo sono per nulla ed è questo uno dei punti di forza: costringere lo spettatore, che conosce tutto di tutti, a mettersi in moto per riuscire a risolvere il puzzle prima dei personaggi. Un puzzle che, però, forse tarda un po’ troppo ad assumere una forma e completarsi.
I personaggi di Città in fiamme tra lusso ed estetica punk
Se anche i personaggi fanno la loro prima apparizione in modo confuso e purtroppo un po’ stereotipato, nel corso della storia acquisiscono maggiore profondità, probabilmente per lo stile dell’autore del romanzo che, con frasi brevi e mirate, ci fa avvicinare a loro – o meglio, ad alcuni di loro – gradualmente. Tutti hanno però fascino persino nella loro bruttezza o semplice “normalità”, sono magnetici, con un’indole che non solo li caratterizza, ma che li fa agire e reagire fedelmente al loro proprio e personalissimo carattere.
Città in Fiamme: noi come William
Nota di merito per William (e alla performance dell’attore Nico Tortorella), dal quale è impossibile non rimanere affascinati e grazie al quale anche noi spettatori diventiamo dipendenti dalla storia. Lui è come noi, un reietto che non appartiene a niente e nessuno, un genio incompreso fuggito dall’alta borghesia diventato frontman di una band punk, dissociatosi poi anche da quello stile di vita – che non è così fashionable come ce lo raccontano – per diventare un artista contemporaneo con un problema di eroina.
William passa dalla dipendenza dall’eroina a quella verso il caso di Samantha, trovandosi costretto a interfacciarsi nuovamente con i due mondi newyorkesi che ha ripudiato. Lui e Samantha sono i ponti che connettono i due universi ed è attraverso William, ma anche Charlie, che vengono svelati la maggior parte dei segreti.
Città in Fiamme è comunque una serie catchy che ha cercato di trarre il meglio da un romanzo non facile da adattare, rendendo tangibile l’ansia sociale scatenata dal tragico 2001 e portando in scena, con una regia di qualità, i contrasti sociali e di pensiero della tanto amata e idealizzata New York.
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