A distanza di tre anni dalla seconda stagione, la penna di Lisa McGee torna a ritrarre la rocambolesca quotidianità di Derry attraverso gli sguardi di Erin (Saoirse-Monica Jackson), Clare (Nicola Coughlan), Michelle (Jamie-Lee O’Donnell), Orla (Louisa Harland) e James (Dylan Llewellyn). Dal 7 ottobre, infatti, Netflix lancia una terza stagione di Derry Girls che non ha nulla da invidiare alle precedenti e che, anzi, ritrova i volti protagonisti in una nuova fase di crescita ancor più intessuta della cronaca turbolenta del sogno irlandese. Alle porte dei 18 anni, i nostri cinque possono infatti contribuire con il loro voto elettorale a cambiare per sempre il destino di una nazione.
Il referendum del 22 maggio 1998, successivo a quello conosciuto come l’Accordo del Venerdì Santo (Good Friday Agreement), chiude una stagione intensa e commovente, seppur proiettata nell’onnipresente ironia cinica e brillante che è marchio di fabbrica di Derry Girls. Nonostante il pubblico più affezionato non sia ancora pronto a lasciar andare il microcosmo di surreale quotidianità di Derry, Lisa McGee ha dichiarato che questa sarà l’ultima stagione della serie TV, così da completare quello che aveva sempre immaginato come un arco di tre stagioni. Come lei stessa ha dichiarato in un comunicato stampa:
Derry Girls è una storia di formazione che segue cinque adolescenti mentre lentamente… molto lentamente… iniziano a diventare adulte, mentre intorno a loro il posto che chiamano casa inizia a cambiare e l’Irlanda del Nord entra in una nuova fase di speranza. Derry Girls è una lettera d’amore per il luogo da cui vengo e per le persone che mi hanno formato. È stato un onore scriverla e sarò per sempre orgogliosa di tutto ciò che ha realizzato.
Derry Girls 3: nessun posto è come casa
Ciò che appaga lo spettatore che torna sulla giostra dell’assurdo di Derry è la gradevole impressione di sentirsi a casa. I personaggi già conosciuti tornano ad essere catturati nella loro dimensione intima e familiare, con una rinnovata attenzione all’approfondimento delle personalità. Scopriamo che Mary (Tara Lynne O’Neill), madre di Erin, ha un desiderio nascosto, che Sorella Michael (Siobhán McSweeney) è affezionata alle sue studentesse più di quanto lasci trapelare e che Michelle deve affrontare una complicata scelta familiare.
Per la prima volta, le disavventure degli adulti vengono raccontate parallelamente a quelle dei ragazzi. Derry Girls 3 intraprende una narrazione a due direzioni, che converge nel referendum finale. Come sempre, l’elemento distintivo del prodotto è una narrazione del quotidiano indipendentemente dalla guerra civile. Quest’ultima è sottesa, tangibile, imprescindibile, ma così perfettamente incastonata nella routine di tutti i giorni che lo spettatore ne assorbe l’essenza attraverso lo sguardo di chi la vive.
Ne risulta un puzzle di eventi sorprendenti ed esilaranti che offrono una narrazione disincantata di cronaca. Siamo alla fine degli anni ’90, il mondo sta cambiando, il conflitto armato depone le armi e l’Irlanda del Nord avverte con più forza il sogno dell’unificazione, ma per le derry girls i problemi da affrontare sono altri: gli esami scolastici, il concerto del dj FatBoy Slim e l’insopprimibile desiderio di evadere dalla noia della città di provincia.
Il sorriso disincantato tra religione e geopolitica
Trent’anni di guerra civile a bassa intensità denotano l’ambientazione calda di Derry, cuore dei Troubles nordirlandesi che videro fronteggiarsi unionisti protestanti e repubblicani cattolici in un botta e risposta di attentati terroristici. Sin dal pilota della terza stagione di Derry Girls le parole di Clare denotano un immaginario chiaro: “Siamo ragazze, siamo povere, siamo nordirlandesi e siamo cattoliche”. Le nostre protagoniste (e l’ignaro James, abbandonato dalla madre a Derry dall’Inghilterra) ironizzano sul futuro instabile e indefinito che le aspetta.
Da questo punto di vista, uno dei momenti più efficaci e divertenti della stagione è l’interrogatorio a cui sono sottoposti i cinque nel primo episodio, quando per un fraintendimento si trovano alla stazione di polizia davanti a un commissario interpretato da Liam Neeson, attore originario di Ballymena, nell’Irlanda del Nord, e cameo di punta di Derry Girls 3. Questa è l’occasione per ironizzare su quanti pochi agenti di polizia cattolici ci siano e sulla discriminazione dei protagonisti perché feniani.
Il termine traduce l’espressione più estrema del desiderio di unificazione delle due Irlande, legata all’organizzazione politica del Fenianismo. Ecco, dunque, che i pochi minuti dell’interrogatorio diventano terreno di confronto arguto e dinamico tra cattolici e protestanti, traducendo in un momento di frenetica comicità una riflessione politica. Così la terza stagione di Derry Girls si differenzia per la sua pervasiva impronta politica, dettata anche dall’inserimento di filmati d’epoca nella narrazione finzionale.
Un incastro di generi filmici a sfondo pop
In ogni stagione di Derry Girls, la musica è sempre stata un elemento narrativo imprescindibile. Dai Take That a Dolores O’Riordan, la natura combinatoria di musica e parole della canzone riesce ad accompagnare e a descrivere semanticamente quello che vediamo sullo schermo. In questa terza stagione l’impronta pop è ancora più vibrante, con un talent show scolastico organizzato dall’aitante Padre Simon e il cameo nel penultimo episodio di Bronagh Gallagher, una delle protagoniste del cult del 1991 The Committments e originaria di Derry.
Ogni passaggio decisivo della storia è quindi accompagnato da una canzone, che ne scandisce il ritmo e l’essenza sull’onda del binge watching con cui si divorano i sei episodi da trenta minuti, ciascuno rappresentativo di un particolare genere cinematografico riletto attraverso un’intelligente parodia. Si passa quindi dall’horror dell’episodio di Halloween al family drama onnipresente al canonico teen accompagnato dal ballo di fine anno, fino a un dinamico tocco alla Guy Ritchie, con tanto di scambio di zaino su un treno. Insomma, Derry Girls è una piovra di riferimenti pop pepati dallo humor irlandese.
Uno spiraglio di speranza
Il centro focale di quest’ultima stagione è però il già citato Accordo del Venerdì Santo, accettato dalla maggior parte della popolazione nordirlandese. Il desiderio di un cambiamento si instilla così nella piccola comunità di Derry, roccaforte cattolica in una maggioranza nordirlandese protestante. Com’è, per i nostri protagonisti, essere dalla parte di coloro che hanno iniziato gli attentati terroristici in nome del nazionalismo e avere, come nel caso di Michelle, familiari che hanno militato nell’IRA?
Proprio su quest’ultimo punto, riguardo cui l’Accordo prevede il rilascio dei paramilitari, si scontrano alcuni personaggi di Derry Girls. Sulle note di Sunchytime di Dario G, il balletto di Orla per ritirare la sua scheda elettorale da maggiorenne apre l’ultimo episodio, approdo di una riflessione perfettamente integrata nelle tre stagioni necessarie per ritrarre la storia recente di una nazione incompiuta. Così, forse, siamo davvero pronti a dire addio ai volti di Derry, familiari compagni di un viaggio nel tempo. Derry Girls è un gioiellino in scrittura, un pacchetto imbevuto dello humor d’oltremanica che ci affascina.
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