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Alcuni personaggi di English Teacher durante una lezione

English Teacher, brave persone per buoni insegnanti

5 minuti di lettura

Brave persone per buoni insegnanti, a patto di rimanere sempre fedeli a se stessi. Premesse che sembrano prefigurare un fioccare di retorica, eppure English Teacher è tutto fuorché retorico. La nuova serie di casa Disney+, infatti, entra nei corridoi di una piccola scuola di provincia al solo fine di subordinare l’esistenza dei suoi insegnanti alle derive rappresentative di un’ideologia woke piegata dalle faccende della vita quotidiana.

Brian Jordan Alvarez in una scena di English Teacher

Creata, scritta e interpretata da Brian Jordan Alvarez, English Teacher ciondola tra tutti i temi caldi della discriminazione e dell’inclusività, calmierando una comedy sul mondo scolastico che decomprime ogni possibile polarizzazione. Deliziosamente impertinente, la sitcom interpella giovani e giovani adulti nel suo ombelicale girovagare tra gag e imprevisti giornalieri, impaginando la morfologia di un’umanità alla ricerca di una propria semplificata autenticità. Che nel vocabolario di questa serie equivale al proclamare un’imperfetta spontaneità.

Otto episodi di aspirata normalizzazione tra differenti tipologie di rappresentazione, tutte svezzate dall’inedita pacificazione dell’essere, semplicemente, dignitose e fallibili persone comuni.

English Teacher, dentro un pepato microcosmo scolastico

Una scena di English Teacher che raffigura Evan (Brian Jordan Alvarez) che parla con alcuni studenti.

Partiamo da un assunto semplice: Evan (Brian Jordan Alvarez) è un insegnante gay. A scuola tutti lo sanno, senza nient’altro da segnalare. Non fosse che, quotidianamente, la tranquilla vita del professore viene disturbata per conciliare questioni che apparentemente lo riguarderebbero.

Muovendosi di scivolate in stereotipi, English Teacher procaccia per Evan situazioni superficialmente attinenti alla sua appartenenza alla comunità LGBT, mettendolo all’angolo nella necessità (non richiesta) di farsi sensibilizzatore di ragazzi già ampiamente sensibilizzati. In tal modo, e in questo incendiario focolaio di scorrettezze e comicità, la sitcom si serve di ogni istanza del contemporaneo per fare spirito su cosa siamo diventati.

Arricciandosi tra le crepe e la vocazione del mestiere di cui racconta, English Teacher si interroga continuamente su cosa significhi essere oggi un educatore, soprattutto dentro ambienti così politicizzati e con tutte le criticità che concorrono a inacerbire l’impiego. Dagli studenti ai genitori, dai colleghi ai superiori, ogni relazione interpersonale passa, in English Teacher, al vaglio di una professione che entra, straborda e si incaglia nel vespaio dei banchi di scuola. E da lì ogni volta astrae, sollecitando i detriti di una cultura alla disperata ricerca di alleggerimento.

English Teacher, provocatorio, formativo e squisitamente leggero

Un'immagine di English Teacher, che raffigura due degli insegnanti durante il pranzo.

E allora English Teacher alleggerisce, disinnescando la solennità dei temi toccati attraverso la raffigurazione di personaggi semplici, incespicati nelle complessità – e nelle trappole – della moderna ricettività. Ogni insegnante di English Teacher inciampa continuamente in azioni sbagliate o accidentalmente diseducative. Eppure, ciascuno ne esce pulito, ingraziato dal tono di una serie che dei loro errori ne fa impasto buffo, tutto da rimaneggiare.

Rimaneggiare ridefinendo le proprie regole, la saldezza friabile di qualsiasi principio morale. E se l’estremismo di una potenziale, rinnovata e auspicabile sensibilità rischia di eliminare qualunque sviluppo di pensiero critico, English Teacher elude tutte le micce, svirgolando verso ogni plausibile e mite mezza via. Dissacrare, per English Teacher, significa farsi amorevole rappresentazione di una praticità che spesso dirotta da ciò che sarebbe conveniente e consentito fare, pur mantenendo inviolata la propria genuinità.

Episodio per episodio, la sitcom mette in scena i deragliamenti del dibattito odierno, frugando tra femminismo, razzismo, sessualità, identità di genere, violenza e omofobia. E impartendo, ogni volta, una provocazione formativa su come fare sensibilizzazione senza predica, dialogo senza guerra, errore senza cancellazione e attivismo con tutte le sue più contraddittorie incrinature.

Con qualche intralcio nel ritmo e alcune storte qua e là, la comedy di Alvarez regala a queste feste una ventata d’aria fresca e riscatta al senso critico la sua innata libertà di rifiorire.


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Laureata in Cinema e Comunicazione. Perennemente sedotta dalla necessità di espressione, comprensione e divulgazione di ogni forma comunicativa. Della realtà mi piace conoscere la mente, il modo in cui osserva e racconta le sue relazioni umane. Del cinema mi piace l’ascolto della sua sincerità, riflesso enfatico di tutte le menti che lo creano. Di entrambi coltivo l’empatia, la lente con cui vivere e crescere nelle sensibilità ed esperienze degli altri

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