Con Houria-La voce della libertà la regista Mounia Meddour è solo alla sua seconda opera, ma già appare chiaro il disegno di una personale poetica di fondo, una presenza costante di certi temi a lei carissimi che, già centrali nel primo film, ritornano anche in quest’ultimo, un ragionamento perseverante, una messa in luce di realtà tenace e fondamentale.
Houria, prodotto da The Ink Connection e High Sea Production, è stato presentato al Festival del Cinema di Roma 2022 e arriverà nelle sale italiane il 21 giugno 2023 distribuito da I Wonder Pictures.
Mounia Meddour, la battaglia femminile e Non conosci Papicha
Mounia Meddour è una regista algerina che ha esordito con il suo primo lungometraggio nel 2019, il film si intitola Non conosci Papicha e vince il premio César come migliore opera prima e quello per la migliore promessa femminile per Lyna Khoudri. Meddour torna al cinema con Houria, una conferma per la regista, che con due film all’attivo, più numerosi documentari, appare come una voce importante, uno sguardo essenziale, una testimonianza imprescindibile, per non dimenticare di porgere noi stessi il nostro sguardo al di fuori della nostra confortevole territorialità e prestare attenzione a realtà non così lontane ma molto diverse dalla nostra.
Meddour ci parla della condizione di oppressione delle donne in Algeria, delle battaglie e delle lotte che devono intraprendere per emanciparsi e ottenere un proprio ruolo e una propria libertà; Non conosci Papicha, ambientato in Algeria negli anni ’90, durante la Guerra Civile, è la storia di Nedjma (soprannominata Papicha) una ragazza con il sogno di diventare stilista che deve vedersela però con una situazione sociale e politica a lei del tutto avversa, peggiorata ulteriormente dal radicarsi sempre più fore del fondamentalismo religioso all’interno del Paese. Nedjma e le sue amiche cercheranno sempre nuovi modi per ritagliarsi uno spazio loro autonomo e libero, simbolo della resistenza e battaglia femminile.
Houria, una storia di resistenza
Meddour in questo film racconta la storia di Houria giovane ragazza algerina che sogna di diventare ballerina professionista, si allena tanto, di giorno fa le pulizie in un albergo e di notte scommette sugli scontri tra arieti per vincere i soldi sufficienti per poter regalare un’automobile alla madre. È una ballerina molto brava e appassionata, si impegna moltissimo e lo spettacolo prossimo del Lago dei cigni è in qualche maniera la grande occasione per farcela.
Ma un’aggressione violenta cambia il corso della storia di Houria che subisce un grave infortunio alla caviglia che le nega la possibilità di ballare in maniera consona, accompagnato da un trauma che le impedisce di parlare. Per Houria, dopo una morte simbolica, inizia il periodo della rinascita, deve trovare altri modi per vivere, un altro sogno, un altro ruolo da ricoprire. La storia personale di Houria si fa simbolo della moltitudine di storie personali delle altre donne senza nome che vivono in diverse parti del mondo, costrette tutte a dover fronteggiare un’ideologia e una società privanti e prevaricatrici.
L’Algeria in cui vive Houria è un territorio chiuso, patriarcale, corrotto e retrogrado, ma la storia raccontata da Meddour non è una storia di impegno politico e militanza, è una storia quotidiana, umile, in cui Houria, sua madre, la sua amica Sonia in ogni momento di ogni giorno devono fare i conti con una realtà a loro avversa. Ogni loro azione, pensiero e scelta è in qualche modo rivoluzionaria perché sono donne che desiderano la libertà, la parità, una normalità che a loro è preclusa.
La danza diventa quindi simbolo poetico di resistenza, dello slancio verso la libertà, un modo per esprimersi attraverso il corpo che acquista anche un valore politico di resistenza in quanto corrisponde, in un certo senso, a mettere il proprio corpo di donna al centro della lotta. Ed è il corpo di donna a essere sempre, costantemente in pericolo, l’oggetto dei desideri e della violenza, è quel corpo che viene ferito, abbattuto, reso inoffensivo. La pericolosità di Houria e delle altre donne è quella di non arrendersi, di trovare nuovi modi per vivere, rinascere e continuare a danzare.
Raccontare una storia per raccontarne infinite
Raccontando la storia di Houria, Meddour ci racconta molte altre esperienze a questa collegata: quella dell’amica Sonia, interpretata da Amira Hilda Douaouda che vuole fortemente trasferirsi in Spagna, un modo per trovare uno stile di vita più libero e sereno, disposta a tutto pur di andarsene dall’Algeria fino ad accettare un viaggio clandestino. Le due amiche sono entrambe qualificate come insegnanti di educazione fisica, ma il Paese in cui vivono ha stroncato la loro realizzazione professionale dal principio.
Le due cercano entrambe, in modi diversi, di autorealizzarsi, una lottando strenuamente per ritagliarsi un posto indipendente in un paese che la osteggia, l’altra abbandonando quel paese ma anche tutti i suoi affetti decide di rischiare la vita in mare per raggiungere un futuro migliore.
Quando Houria esce dal suo trauma e comincia il percorso di riabilitazione comincia a frequentare un istituto in cui entra in contatto con altre donne traumatizzate o che necessitano assistenza, donne che a vario modo sono vittime di uno Stato che le ripudia, che non le considera se non un peso, donne vittime della guerra, del terrorismo, di politiche senza scrupoli. La testimonianza di ognuna amplia il mondo raccontato da Meddour e ha il merito di restituirci un ritratto più sfaccettato di un’Algeria torbida e complessa. Il ritratto è reso ancora più cupo dalla presenza dell’aggressore di Houria, un terrorista pentito impossibile da condannare.
Houria possiede la leggerezza della sua protagonista, una ragazza giovane ancora piena di speranze, ma contemporaneamente ha il peso della complessità, la volontà di rendere una situazione reale difficile, spesso non considerata, ma di cui è sempre essenziale non dimenticare.
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