È ora disponibile su Amazon Prime Video una tra le serie tv più attese (grazie anche alla maestosa campagna pubblicitaria) di questo febbraio 2020: Hunters. Creata da David Weil, la serie può vantare la partecipazione di almeno due nomi importanti: Jordan Peele (nei panni di produttore esecutivo) e il premio Oscar Al Pacino, che va così ad allungare la lista delle star hollywoodiane sbarcate nel mondo della serialità televisiva.
«Hunters» la trama
New York, 1977. Il giovane Jonah Heidelbaum (Logan Lerman), in seguito all’uccisione della nonna – sopravvissuta ad Auschwitz – decide di unirsi a una squadra di cacciatori di nazisti, capitanata dal milionario ebreo Meyer Offerman (Al Pacino). L’uomo ha infatti scoperto che, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, migliaia di tedeschi si sono rifugiati negli Stati Uniti, talvolta con la complicità del governo americano. Scopo dei Cacciatori è scovare questi criminali di guerra e fare giustizia, vendicando le vittime della Shoah, ed impedire la fondazione di un Quarto Reich.
Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, David Weil a mano a mano se ne allontana per dar vita a una storia violenta, sregolata e paradossale, come i suoi protagonisti.
La giustizia morale della vendetta
È giusto uccidere un nazista? Questa la domanda attorno alla quale ruota l’intera serie. A chiederselo è soprattutto Jonah, che, vistosi privato della persona che più amava al mondo, si “arruola” nella squadra di Meyer prima di tutto per compiere la propria vendetta personale. Il ragazzo si mostra tuttavia titubante nell’aderire alla missione della squadra nella sua totalità. Soprattutto davanti alle crudeli torture a cui vengono sottoposte le prede dei Cacciatori (non mancano sequenze di una crudezza insostenibile), Jonah si interroga sulla legittimità di tali azioni così efferate, nonostante l’identità delle vittime. Ad un atteggiamento tanto concentrato sulla propria individualità, Meyer oppone un senso di giustizia “cosmica”, all’interno della quale lui si presenta come il «salvatore», mentre i suoi soldati sarebbero niente meno che i «prescelti da Dio».
Alla luce di ciò, risulta significativa la prima scena in cui appare Jonah, che lo vede affrontare un discorso sulla differenza tra buoni e cattivi e sulla labilità dei confini tra i due mondi; una labilità di cui sarà egli stesso testimone. Mentre Meyer sembra voler fuggire – o quanto meno semplificare – il problema morale posto dalle sue azioni, affermando: «Non lo facciamo perché lo vogliamo, ma perché non abbiamo scelta»; Jonah – come i personaggi dei suoi fumetti – capisce che saranno proprio le sue scelte a plasmare la sua identità.
Assenza di pathos e personaggi bidimensionali
In Hunters, ciò che più colpisce è la perpetua e a tratti straniante alternanza dei toni narrativi. Così mentre in un’assolata New York anni Settanta è in corso un’avvincente caccia ai nazisti dai contorni tarantiniani, un improvviso flashback catapulta violentemente lo spettatore in mezzo ai prigionieri di Auschwitz, vittime sofferenti di atroci e disumane torture. Il frequente avvicendarsi di scarti tanto marcati non fa altro che sottolineare la natura finzionale del prodotto televisivo, impedendo la totale immersione e il coinvolgimento emotivo di chi guarda.
Ad essere criticabile non è dunque la chiave dissacrante e a tratti ironica, che anzi avrebbe potuto costituire la forza di Hunters. Ciò che invece la rende una serie non del tutto riuscita è il suo voler essere troppe cose insieme: un po’ Bastardi senza gloria, un po’ Schindler’s List, senza raggiungere un’armonia tra le sue parti e valorizzare le caratteristiche di ognuna.
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L’unico personaggio davvero riuscito in questa prima stagione – grazie anche all’interpretazione di Al Pacino – è quello di Meyer Offerman. Leader carismatico, ma enigmatico e controverso, è la sua storia personale – più della trama principale – ad interessare lo spettatore e a convincerlo a guardare l’episodio successivo.
Si dovrà invece aspettare la seconda stagione per lo sviluppo di alcuni personaggi dal grande potenziale, rimasto fino ad ora inespresso.
«Hunters»: un buon potenziale, ma tante mancanze
Tenendo come propri punti saldi l’incantevole fotografia e la creazione di personaggi intriganti (anche se – per ora – solo in potenza), ad Hunters è richiesto di raddrizzare la rotta verso una seconda stagione che sfrutti al meglio le sue indiscusse potenzialità.
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