Luigi D’Angelo e Cristian Negretto sono due dei fondatori del Milan Shorts Film Festival, un giovane festival dedicato ai cortometraggi organizzato da giovani e pensato per giovani autori, con un occhio di riguardo agli studenti. Attivo da circa un anno, il festival è già cresciuto tanto, accogliendo opere da diverse parti del mondo.
Come e quando è nato il Milan Shorts Film Festival
Da quanto siete attivi e in quanti siete? In generale come siete organizzati?
Christian Negretto: Formalmente siamo nati a inizio 2023. L’idea è partita da Luigi, che aveva già in mente da un po’ l’idea di fondare un festival, un festival che includesse la nostra città e si rivolgesse al cinema indipendente, con un’attenzione particolare ai giovani. Così Luigi mi ha contattato e dopo 5 secondi di chiamata in cui ha detto: “Il Festival lo organizziamo noi” io ho detto sì. Non ho neanche aspettato di sapere la cosa, dove, quando: ho detto sì subito perché mi interessava tantissimo.
Siamo partiti da lì e, pian piano, si sono aggiunte altre fondamentali figure, prima di tutto amici, all’interno del Directors Board. La nostra idea era quella detta prima ma dovevamo capire un format, un qualcosa che lo identificasse, inutile dire che già il nome fa capire la nostra idea: Milan Shorts Film Festival, sono gli shorts, che abbiamo pensato fin da subito essere un prodotto artistico perfetto per l’idea che avevamo.
Luigi D’Angelo: Il direttore artistico di quest’anno sarà Gianni Russo, che è il fondatore e presidente di Piano B produzioni, la società di produzione che ha prodotto il documentario Ennio.
Perché avete deciso di iniziare l’esperienza del festival? Volete aggiungere qualcosa a quello detto prima?
CN: L’idea del festival è nata come un’occasione per tutti per rimanere a contatto con il mondo cinematografico. Noi tre facciamo lavori molto diversi, io ho così messo in pratica alcune conoscenze pregresse, come un corso di festival che seguì in magistrale alla Iulm, un’occasione per mettere in pratica quello che ho studiato. Ogni festival deve avere un tratto distintivo, che può essere la città in cui si organizza o tematiche particolari. Milano non è nuova ai festival ma, secondo noi, è carente in festival indie, in cui i giovani, e non solo, possano riferirsi.
Abbiamo fatto delle indagini di mercato e ci siamo accorti che nella nostra città c’era questa carenza verso i giovani: il dar voce a una categoria che troppo spesso rimaneva fuori dai festival della nostra città. A dire il vero ci siamo accorti che un festival di questo tipo non c’era in generale, non solo non c’era a Milano; infatti, per noi non era obbligatorio fare questo festival a Milano, abbiamo però avuto la fortuna di trovare un’opportunità.
La struttura del Milan Shorts
Il vostro festival ha una struttura particolare, più serate e non un periodo continuativo una volta l’anno. Come mai lo avete pensato così?
CN: Diciamo che l’idea iniziale era un festival organizzato in alcune più edizioni di 4 annuali, ma ci siamo resi conto di come andasse stretta questa programmazione al festival. Già dalla prima serata ce ne siamo accorti, la prima è andata molto meglio del previsto e l’impegno e il tempo che sono serviti per organizzarla in quel modo ci ha costretto a bruciare le tappe. Cioè: all’inizio dovevano essere tante edizioni all’anno, l’idea di farlo così era anche per dare visibilità ad un festival appena nato, perché facendolo una volta l’anno rischiava di cadere nel dimenticatoio anche se fosse riuscito benissimo.
Questo soprattutto per un festival come il nostro dove non abbiamo mai avuto sponsor, ne fondi ne altro, ma tutto di tasca nostra. Quindi l’impegno era di pubblicizzarlo il più possibile, però questo andava a scontrarsi con un’organizzazione che richiedeva più tempo. Ecco il motivo delle 4 volte all’anno.
Che poi, dopo la seconda edizione, ci siamo messi al tavolo e ci siam detti che anche le 4 volte rischiavano di essere troppo impegnative, perché 3 mesi di distanza possono sembrar tanti ma in realtà per nulla. Nella nostra idea iniziale poi non abbiamo mai neanche parlato di guadagni, è qualcosa che abbiamo fatto per passione e basta, all’inizio non c’erano motivi economici, poi ovviamente se una cosa va avanti e funziona anche noi dobbiamo essere un po’ più pragmatici e pensare ad un discorso economico. Tutti i soldi finora guadagnati sono stati reinvestiti nel festival stesso.
Ecco perché la quarta edizione di quest’anno, ad aprile, è stata particolare: non l’abbiamo inclusa come 4 edizione ma come sunto delle 3, un evento dove volevamo organizzare una festa tra vincitori e non solo, pensiamo che loro fossero i primi a meritarlo. Ecco perché fatta fuori dal classico cinema, ovvero all’Art Mall in via Torino, e organizzare una serata dove ci fosse una importante componente di networking. Nei nostri piani abbiamo letteralmente bruciato le tappe, cosa di cui siamo contentissimi, e ovviamente puntiamo a organizzarlo una volta l’anno in grosso come tutti i festival.
I successi, le sfide e il futuro del Milan Shorts Film Festival
Vi aspettavate questo successo?
LD: In generale all’inizio non ce lo aspettavamo. La nostra idea era partire da un territorio locale, in cui abbiamo notato che c’era una mancanza. Ma un successo così non ce lo aspettavamo e, in particolare dalla terza season, abbiamo capito che c’era qualcosa di importante. Capito soprattutto dal fatto che venivano in Italia, a Milano, artisti dall’India, dal Brasile, dal Canada, dagli Usa, per un festival nato da nemmeno un anno (9 mesi) ed erano persone che magari nemmeno venivano premiate.
Quindi venivano non solo per la competizione, anzi arrivavano a Milano poi ne approfittavano andando poi Austria e altri posti, facendo un percorso in cui conoscono talmente tante persone, vedono talmente tanti progetti (anche non del mondo del cinema) che tornano a casa con un bagaglio importante. Nella nostra idea iniziale c’era questo, ma è una cosa che deve accadere da sola. Secondo me il successo è nato da questo, dalla comunicazione che è stata costante, cosa in cui abbiamo messo molta attenzione. Poi la cosa importante è che la gente arrivava e andava via contenta.
Il nostro messaggio è un: “vieni al nostro festival che è, per ora, un festival di passaggi; per arrivare nel mezzo in cui poi puoi fare uno step successivo per la tua carriera”. Molti festival puntano magari sul premio in denaro e cose simili, noi diciamo vieni e conosci persone come te, capisci il livello del tuo percorso e poi eventualmente puoi fare un ulteriore passo in avanti. Questo è il nostro obbiettivo e spero che lo sarà sempre, poi non sono un ipocrita nel dire che se cresciamo rimarremo sempre così, è anche giusto cambiare.
Però, secondo me, ci sarà sempre un’attenzione al cinema indie, che per noi è ragazzi, studenti e adulti che hanno appena cominciato, persone che si sono lanciati per la prima volta, noi nel nostro piccolo cerchiamo di dargli una mano e fare rete tra queste persone.
Avete un traguardo particolare di cui siete fieri?
LD: Sì, c’è stato un documentario di una ragazza ancora studente alla Naba. Un prodotto che ha diviso le persone in sala, che a me è piaciuto tantissimo: raccontava di un ragazzo molto giovane che è andato a vivere nelle montagne abbandonando tutto. Ha vinto come miglior documentario in quella season, anche se la qualità non era eccelsa, ma ci ha stupito un talento che si notava, una ragazza che si capiva avere talento. Ma quello che mi è rimasto è che, quando la ragazza è scesa a prendere il premio si è commossa particolarmente.
Così abbiamo capito che, indipendentemente da quanto ci sembrava far qualcosa di piccolo, per lei era una cosa grandissima. E non per una particolare fama del Milan Shorts, ma perché si costituisce un piccolo traguardo come artista, ovvero che il tuo prodotto è stato visto al cinema, indipendente se è piaciuto o meno. Questo ci ha fatto capire che stavamo facendo qualcosa di bello per altre persone.
CN: Concordo, aggiungo un cortometraggio di un regista romano che ci disse che eravamo stati la prima sala a proiettarlo. Questo nonostante lui l’avesse fatto pre-covid, il corto fu un successo in sala, vinse come miglior corto italiano e so che ora il regista sta provando a proporre il corto a delle case di produzione per farci un lungo. Questo ci ha fatto riflettere su di noi, che insomma abbiamo dato un importante aiuto a questo giovane regista. Siamo i primi a volere che il festival diventi più grande, ma spero veramente che questa idea originale rimanga.
Invece qual è la cosa più complessa in cui siete incappati nell’organizzazione del festival?
CN: A livello generale sono i giorni che precedono il festival. La settimana prima è tosta, soprattutto se è da gestire in tre persone che hanno altri lavori. Qualsiasi cosa: dall’organizzare la scaletta, al passare tutti i file DCP al proiezionista ad altro. Nello specifico poi, in particolare per la prima edizione, ci siamo occupati anche della conversione in DCP dei file che arrivavano. Per esempio, i corsi studenteschi raramente in DCP arrivano, spesso in Mp4 o altri, così ho dovuto imparare a convertire.
Cosa vi aspetta il futuro? Avete collaborazioni importanti in arrivo?
LD: Abbiamo una collaborazione con Anteo e Fuoricinema. Quest’ultimi ogni anno scelgono un tema da approfondire con delle rassegne, quest’anno è la salute mentale. Noi abbiamo deciso di fare una serie di panel con l’associazione Art-Up di Milano. Sarà un panel interconnesso al cinema, faremo un percorso di benessere sulla salute mentale attraverso il cinema. Avremo un programma più ricco, spalmato su tre giorni. Presto uscirà, non vediamo l’ora di condividerlo. Il nostro è un impegno comunque poi che risulta costante su tutto l’anno. Stiamo girando i primi Student Roundtables in collaborazione con alcune accademie milanesi. Il nostro obiettivo è quello di mettere in comunicazione gli artisti indie e young, e speriamo di farlo su più larga scala possibile.
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