Oggi compie 46 anni l’uomo che da clown si è trasformato in Joker, Joaquin Phoenix. In una carriera di alti e bassi, con il suo ultimo film è finalmente riuscito a raggiungere la definitiva sublimazione. Non è semplice da raccontare una vita così, anche se letta o ascoltata non lascia spazio all’empatia. Di storie come questa ne esistono poche e di gente che riesce a uscirne così bene ancora meno. Perciò, più che raccontare fatti si proverà a tessere un filo, che porti dal caos alla pace attraverso la recitazione.
Un’infanzia complessa
Joaquin nasce Phoenix a Río Piedras, in Porto Rico, il 28 ottobre del 1974, è il terzo di cinque figli, l’unico dei quali senza un nome che rimandi a Madre Natura, così a quattro anni decide di farsi chiamare Leaf (“foglia”), nome che utilizzerà fino all’età di 15 anni.
I genitori vissero fra varie comunità hippie sparse per gli Stati Uniti, divenendo poi missionari della organizzazione religiosa dei Bambini di Dio in America Latina. In questo periodo i bambini della coppia furono costretti a subire riti e pratiche di quella che effettivamente si rivelò una setta più che un gruppo nato per aiutare il prossimo. Delusi dai Bambini di Dio, i Bottom decidono di trasferirsi in Florida, e per suggellare la loro rinascita dalle ceneri, decidono di cambiare legalmente il loro nome in Phoenix.
Joaquin inizia a esibirsi per strada insieme ai fratelli, vogliono sbarcare il lunario, i genitori non riescono a mantenere tutti e questo è l’unico modo per tirare su qualche soldo, non era così inconsueto in quegli anni come potrebbe sembrare oggi.
Cry me a River
Riescono ad esordire nell’82’ grazie alla serie televisiva Sette sposi per sette fratelli, Joaquin rivestirà una piccola parte grazie alla presenza del fratello. È River la star, e sarà lui che negli anni a seguire manterrà la famiglia grazie al suo successo. Un peso che però con il tempo lo porterà a non essere in grado di gestire la pressione del successo, fino allo sfociare in alcool e droghe.
Come spesso accade a chi abbraccia la fama sin dalla più tenera età, in pochi anni le scelte sbagliate si accumulano, fino a rovesciare la barca in mezzo al mare. River Phoenix muore la notte fra del 30 ottobre 1993 all’età di 23 anni per un overdose di speed ball, e sarà proprio il fratello Joaquin a chiamare i soccorsi. La chiamata fu diffusa su tutte le più importanti reti televisive americane, riuscendo a peggiorare la già orribile situazione di Joaquin, che decise così di sparire per due anni. Un lungo periodo in cui si pensò che non sarebbe più tornato, ma forse sapeva che la recitazione era lo strumento al quale aggrapparsi e che in qualche modo gli avrebbe salvato la vita. Lo dirà lui stesso all’ultima notte degli Oscar, con in braccio il premio più prestigioso.
Torna così nel 1995 sul set di To die for, è qui che ricomincia, la carriera, ma anche la sua vita, rinasce dalle ceneri come avevano provato a fare i suoi genitori cambiando cognome.
La rinascita dalle ceneri
Trascorrono gli anni e si accumulano le critiche favorevoli fino al definitivo successo internazionale nel 2000 nel ruolo di Commodo ne Il Gladiatore di Ridley Scott. Negli anni a seguire si alterna fra film più leggeri e film di spessore ma senza mai riuscire a fare quel passo in più che ti porta nell’Olimpo dei grandissimi. E un motivo purtroppo c’è, l’alcolismo lo avvolge, lo riporta al passato e gli ruba parte di quegli anni lasciandolo un po’ in disparte dalle dinamiche hollywoodiane.
Qualche perla non manca in quel periodo, come Walk the line nel 2005 in cui interpreta il ruolo di Johnny Cash e si merita la sua seconda candidatura agli Oscar.
In quel periodo le stranezze non erano mai troppo lontane dal suo nome, interviste a dir poco particolari, come quella al Letterman Show, discorsi strampalati e look da senzatetto lo hanno accompagnato per buona parte del primo decennio del 2000, fino a quella che può essere definita la sua seconda rinascita. Nel 2012 è il protagonista di The Master, film che racconta la storia di Scientology, e gli vale un’altra candidatura all’Oscar, da qui in poi finalmente la salita tende a diventare meno ripida e la sua vita sembra avvicinarsi alla tanto attesa discesa.
Si susseguono successi come, Her, Irrational Man, A Beautiful Day e tanti altri, fino alla sua più grande performance nel 2019. Solo la decisione su come interpretare un personaggio che non era mai stato visto al cinema ha richiesto 8 mesi, fra sfumature, risate e violenza, Joker è diventato un fenomeno mondiale.
L’arrivo di «The Joker»
Arthur Fleck è un uomo depresso e affetto da una rara sindrome pseudobulbare, questo gli provoca improvvisi attacchi di risate incontrollabili, spesso in situazioni di grande tensione. Sogna di fare il cabarettista ma la sua situazione gli impedisce di esibirsi, così decide di guadagnare qualcosa come clown alle feste. Vive a Gotham City con la madre Penny, non hanno di che tirare avanti, come la maggior parte della popolazione della città in quegli anni. Thomas Wayne è appena diventato sindaco e sono previsti grossi tagli al bilancio pubblico, in particolare all’assistenza sociale, del quale Arthur non potrà più godere.
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Durante una giornata di lavoro viene pestato da alcuni ragazzini, così un collega gli regala una pistola che sfortunatamente gli cade di tasca durante un’esibizione con dei bambini, questo gli costa il posto di lavoro. Così affranto dalla vita, si ritrova in metro sulla strada di ritorno a casa. Due uomini ben vestiti iniziano a prenderlo di mira per il suo abbigliamento, ma Arthur non ci sta più. Prende la pistola e fredda i due uomini per poi darsi alla fuga. Si scopre che i due erano impiegati del signor Wayne che in base all’identikit dell’assassino, definisce “clown” chiunque sia favorevole a queste morti. Fra le classi più disagiate nasce un nuovo mito da seguire e con il quale identificarsi attraverso maschere da pagliaccio, questo da il coraggio necessario ad Arthur per esibirsi come stand-up comedian e fare un tentativo con la vicina di casa Sophie.
L’inizio della fine
Tornato a casa, trova una delle tante lettere della madre indirizzata proprio a Wayne nel quale rivela che Arthur è suo figlio ed è nato dalla loro storia segreta nel periodo in cui lavorava come segretaria per lui. Arhur prova a confrontarsi più volte con lo stesso Signor Wayne il quale sostiene che sono tutte invenzioni e che la madre è una psicopatica. Purtroppo recatosi all’ospedale psichiatrico di Arkham, scopre che le parole del sindaco erano vere e che la madre lo aveva adottato con la semplice scusa di convincere Wayne che fosse loro figlio, scopre inoltre di aver subito gravi abusi da bambino e che la sua condizione mentale è dettata da quegli episodi.
Così torna in ospedale e decide di soffocare la madre con il cuscino del letto d’ospedale. Tornato a casa va da Sophie ma si rende conto che la loro relazione era frutto delle allucinazioni e che in realtà sono due estranei. Il giorno seguente riceve una telefonata nel quale viene invitato al programma di Murray Franklin (Robert De Niro), il suo idolo, per parlare della sua esibizione di stand-up.
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Arthur sa che è stato invitato solo per essere preso in giro, così decide di andare vestito da clown con l’intento di suicidarsi in diretta. Arrivato alla puntata accusa Wayne e tutte le persone al suo seguito di essere ingiusti e avidi nonché i responsabili del degrado della città; e decide che non è lui a dover morire, ma Murray, e così lo uccide in diretta.
L’incoronazione
Mentre è nell’auto della polizia accusato di tre omicidi le manifestazioni impazzano per la città, la macchina viene attaccata e viene liberato. Si risveglia dallo svenimento e con il sangue che sgorga dalla bocca si disegna un sorriso in volto, da quel momento non è più Arthur, è nato Joker.
Su Joker si è detto tanto, ma forse dell’uomo non molto, anche perché Phoenix non lo ha permesso; per quanto ai limiti la sua vita non è mai stata realmente pubblica, se non per qualche doloroso sprazzo. Non si può parlare di celebrità ma di personaggio famoso. Per quanto si possa ricamare Joker rimane un film eccezionale, forse però, la sua grandezza non sta nella forma ma nelle scelte.
L’attore giusto al momento giusto della sua carriera, nella quale ha subito tanto e ha raggiunto una maturità tale da potersi confrontare con ruoli intensi ma allo stesso tempo atipici, allora dalla cenere può nascere un capolavoro.
Così come in Her o in Walk the line la bellezza e il disagio sono legati dalla narrazione che per amore o disperazione convivono e vivono attraverso l’interpretazione di Phoenix.
La quiete dopo la tempesta
La notte degli Oscar del 2020 è la definitiva incoronazione ad una carriera che come molte altre è stata accompagnata dal tormento, ma se c’è un esempio di redenzione, a questo punto della sua vita, è davanti ai nostri occhi.
Nel discorso per il Premio di migliore attore protagonista spende parole importanti contro la discriminazione e per l’ambiente, temi nel quale si è sempre impegnato molto all’interno della sua sfera privata, e ci lascia con un frase del fratello: «Run to the rescue with love, and peace will follow».
Se la sua vita è stata un filo questo si è spezzato tante volte, ma sono i nodi più solidi a dettarne la resistenza, la pace sembra essere finalmente arrivata, anche grazie alla nascita del suo primo figlio, River.
Rincorri la salvezza con amore, e la pace seguirà.
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