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L’Ultima Notte di Amore, il thriller-noir italiano che non ci aspettavamo

5 minuti di lettura

Alla Berlinale 2023 si fa silenziosamente strada il peculiare film dell’attore e poi regista Andrea Di Stefano. L’ultima notte di Amore percorre binari poco attraversati dal cinema italiano regalandoci un thriller neo-noir pieno di tensione e che ci mostra come sia possibile fare cinema di questo genere anche nel nostro paese.

Franco Amore è un poliziotto calabrese trapiantato a Milano in procinto di pensionamento. Tutto è pronto per la sua dipartita ma un’operazione al limite della legalità, l’unica in trentacinque anni di servizio nella polizia di stato, costerà all’uomo un prezzo altissimo. Perderà il suo collega in un trasporto illegale per la mafia cinese e si ritroverà in un continuo doppio gioco per non essere scoperto e per salvare la credibilità del suo collega Dino.

L’ultima notte di amore, la città come protagonista

L'ultima notte di Amore, Pierfrancesco Favino

L’ultima notte di Amore si apre con una veduta di Milano dall’alto mostrata come una città anonima e comunque caratterizzata ai nostri occhi: una città che sovrasta e ingloba chi ci vive. La veduta esterna si conclude all’interno della casa di Amore dove una giovane donna riceve una telefonata. L’azione si sposta poi completamente all’esterno e come nel più classico dei noir, la città e la strada, con le loro regole, diventano protagoniste del film; presenze fantasma che inghiottono ogni cosa.

Teatro particolare delle vicende è un segmento dell’autostrada dove si incontrano poliziotti, carabinieri e mafia cinese sospettosi gli uni con gli altri. Andrea di Stefano descrive la città di Milano come una peculiare zona incandescente dove esiste un perenne conflitto tra le varie anime che l’abitano. Tutto ciò è riportato nel suo film e descritto alla perfezione dalle due ore di tensione che viviamo con Amore.

L’ultima notte di Amore, personaggi in balia del destino

L'ultima notte di Amore

Una narrazione che si basa sulla tensione tra i diversi gruppi di appartenenza e quella interna di Franco Amore, un uomo onesto che in trentacinque anni di servizio non ha mai sparato a nessuno e che si trova invischiato in un affare decisamente più grande di lui. Una persona malinconica, essenzialmente buona, si fa convincere dal cugino della moglie a compiere questa torbida operazione e si ritrova in mezzo al fuoco incrociato perdendo il suo amico.

per tutta la vita ho avuto l’ambizione di essere una persona onesta

La sua onestà e rettitudine morale lo trasformano in un bersaglio perfetto nelle mani degli altri. Trentacinque anni passati a fare sempre la cosa giusta non bastano e l’uomo si ritrova nel posto sbagliato al momento sbagliato. La sua docilità lo rende debole, un agnello sacrificale in questa operazione ma l’uomo decide di sparare per la prima volta macchiando la sua promessa e non riuscendo a cambiare il suo destino.

Con un’eccellente interpretazione di Pierfrancesco Favino e Lidia Cariddi i personaggi sono vivi e ben caratterizzati. Viviana, la moglie di Franco Amore, non è la solita donna in balia degli eventi: fin dal principio osserva, capisce e agisce, diventando così una complice essenziale per il marito. Viviana è un personaggio che vive l’illusione di una possibile fuga da un destino che va in tutt’altra direzione. Purtroppo, Amore è predestinato a un triste epilogo, nulla lo ha salvato e la sua onestà gli si è mostrata come una strada non perseguibile.

Un film peculiare con grandi interpretazioni e una sceneggiatura che si incastra e gioca con lo spettatore. Andrea di Stefano unisce elementi classici del poliziesco con elementi moderni, garantendo una discreta originalità. L’ultima notte di Amore non deve però diventare un’eccezione nel panorama del cinema italiano e ci si augura che si ripresentino sempre opere del genere a vivacizzare il nostro cinema.


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Classe 2000, studio cinema e arti contemporanee. Sono interessata anche al mondo dell'editoria e della comunicazione e vorrei fare troppe cose nella vita. Per ora scrivo, un modo per guardare oltre la provincia in cui vivo.

2 Comments

  1. Se fosse stato sottotitolato si sarebbe potuto capire meglio.
    Eravamo aMilano ed era tutto parlato in dialetto che lo rendeva incomprensibile.In conclusione: recitato bene , ma parlato male.

  2. Concordo pienamente con la necessità di sottotitolare. Molti dialoghi, anche per la musica di sottofondo, risultano incomprensibili. Irritando gli spettatori

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