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Mother's Instinct

Mothers’ Instinct, o di come la maternità si trasforma in incubo

10 minuti di lettura

Distribuito nelle sale italiane il 9 maggio da Vertice 360, Mothers’ Instinct è un thriller psicologico che gioca ambiguamente su un continuo scambio di sguardi, elemento chiave della componente hitchcockiana della pellicola. Opera prima di Benoit Delhomme, Mothers’ Instinct è un remake di Doppio sospetto, film del 2018 diretto da Olivier Masset-Depasse, a sua volta ispirato al romanzo Oltre la siepe di Barbara Abel.

Un thriller psicologico che gioca sui limiti dell’amore materno

Mother's Instinct, una scena tragica del film con due donne che stringono un bambino

Ambientato in un ricco centro suburbano dell’America degli anni ’60, le perfette vite di due amiche e vicine di casa, Céline (Anne Hathaway) e Alice (Jessica Chastain), vengono presto turbate da un tragico incidente. Alice e Céline sono migliori amiche, così come i loro rispettivi figli, Theo e Max, e vivono in perfetta armonia tra loro, apparentemente felici della realtà familiare che le circonda. Dopo la festa di compleanno a sorpresa organizzata a Céline, il piccolo Max non si sente bene e la mamma decide di non mandarlo a scuola; tuttavia, in pochi istanti succede il peggio e il piccolo Max, nell’arco di qualche minuto, non c’è più.

Da questo momento tutto cambia, Céline allontana tutti dalla sua vita, inclusa Alice in un primo momento, e il suo matrimonio inizia a presentare i primi cenni di cedimento, eco di un accumularsi di sensi di colpa, odio e non detti. Decide di lasciarsi aiutare da Alice ad affrontare il lutto e si avvicina sempre più morbosamente al piccolo Theo, destando preoccupazione nella madre di lui, inquietata da questo attaccamento dell’amica alla sua famiglia.

Nonostante i sospetti siano tanti e solo Alice sembra vederli, alla fine si convince anche lei dell’innocenza delle intenzioni di Céline e le dà la possibilità di avvicinarsi fin troppo alla sua famiglia, segnando così l’inizio della fine in un thriller carico di emotività, in cui ogni azione è giustificata dai “non limiti” dell’istinto materno.

Mothers’ Instinct, un rischioso tentativo

Mothers' Instinct, la madre con il bambino in pieno stile anni '60

È stata coraggiosa la scelta di Delhomme di riadattare una pellicola già di successo e ben accolta dalla critica, rischiando di produrre un risultato inferiore (tenendo anche presente che si tratta del suo primo film alla regia). Ciononostante, Delhomme, pur mantenendo quasi del tutto intatta la storia e gli stessi monologhi, è riuscito a fornire una nuova chiave di lettura a questa vicenda delirante, giocando su toni pastello ed elementi divistici dell’America degli anni ’60, che portano lo spettatore a interrogarsi sui temi della maternità, del ruolo materno, della realtà familiare e soprattutto sulla sottigliezza della linea che separa stabilità mentale e psicosi.

L’impronta artistica di Delhomme, che prevedibilmente è qui anche direttore della fotografia, però, non è la sola componente fortunata di Mothers’ Instinct. Due premi Oscar, Anne Hathaway e Jessica Chastain, hanno straordinariamente prestato il volto alle protagoniste di Mothers’ Instinct, attirando sin da subito l’attenzione sulla pellicola.

Un remake sì, ma con elementi di indiscussa originalità

Mothers' Instinct, Anne Hathaway e Jessica Chastain in una scena del film

Nonostante l’andamento sia molto più lento che in Doppio sospetto, è proprio l’attenzione ai dettagli a creare la suspence in Mothers’ Instinct. È quella cura del particolare che tiene alta l’attenzione dello spettatore, che si concentra su ogni colore, suono e sguardo per non perdersi neppure il più insignificante elemento che possa fornire una chiave di lettura dell’azione.

Ad esempio, una prima prima differenza tra Mothers’ Instinct e Doppio Sospetto risiede nella scena della caduta del bambino. Nell’originale, viene filtrata: non si vede il bambino per terra, né il sangue che cola tra le mani di Céline; anche il suo urlo, lì assente, diventa elemento emotivamente forte e di grande impatto nella resa angosciosa della scena in Mothers’ Instinct, merito anche della brillante Anne Hathaway che veste egregiamente il ruolo della madre spezzata dal dolore e in preda a una progressiva e crescente follia.

Altra componente distintiva è sicuramente l’ammissione di colpa, che Céline attribuisce subito ad Alice in Doppio sospetto, che invece rimane aleggiata in Mothers’ Instinct, creando un’atmosfera sempre più angosciante, carica di sensi di colpa, rabbia e paure soffuse. È proprio questo “non detto” a condensare perfettamente il sentimento angoscioso che pervade il Mothers’ Instinct.

È, però, soprattutto l’espressività degli sguardi che gioca un ruolo fondamentale: sono gli sguardi, di amicizia e affetto prima, deliranti e intrisi di paura e sospetto poi, che conducono il filo della storia e rivelano i diversi stadi di avanzamento della psicosi delle due madri.

L’impareggiabile espressività di Hathaway è, infatti, il vero tratto distintivo della pellicola: i grandi occhi scuri dell’attrice sono specchio di un dolore insormontabile che si traduce in follia violenta e psicotica; espressività che la precedente pellicola non era riuscita pienamente a trasmettere allo spettatore.

Anche i colori pastello, accompagnati da una musica sin dal primo momento angosciante e ansiogena, delineano un’atmosfera plasticosa e quasi allucinata, metafora del mondo divistico americano degli anni ’60, perfetto solo in apparenza, come la realtà famigliare delle due donne, che piano piano inizia a disgregarsi.

Il confine tra maternità e psicosi

Mothers' Instinct, Anne Hathaway in una scena del film

La scelta di spostare l’ambientazione della pellicola dal Belgio all’America degli anni ’60, forse, traduce ingegnosamente la volontà di invitare lo spettatore a interrogarsi, in maniera ambigua e angosciosa, sul ruolo delle donne in quella data epoca storica e soprattutto sul tema della maternità, il tutto incorniciato dall’ingannevole visione della vita familiare perfetta di due dive americane, circondate da ricchezza e apparente serenità. L’idillio, però, viene turbato sin dalla prima scena, che già insinua il dubbio che dietro quelle sgargianti tinte pastello ci siano anche delle sfumature ben più opache.

In questi primi minuti del film, Delhomme decide di collocare la riflessione sul ruolo della donna negli anni ’60. Qui il marito di Alice continua a chiederle un secondo figlio, mentre lei non desidererebbe altro che tornare alla sua amata carriera di giornalista, stroncata dalla nascita del primo figlio. Si scoprirà poi che Alice ha affrontato una grave depressione postpartum. La maternità, allora, non è sempre quel sogno patinato che sembra.

Céline, invece, è apparentemente felice della sua vita e soddisfatta del suo unico ruolo sociale di madre e moglie. Soltanto in seguito alla tragica morte del figlio cade preda di una follia psicotica, dovuta indiscutibilmente alla terribile perdita, ma che assume una duplice forma, traducendosi anche nella perdita di sé stessa. Una volta perso un figlio, Céline perde la sua utilità sociale, il suo posto nel mondo, e si sente vuota.

Ed ecco che inizia a elaborare un piano folle e malato che le permetta di recuperare quel ruolo che la rendeva donna agli occhi della società.

In Mothers’ Instinct maternità e il presunto istinto materno possono andare ben oltre il solo amore infinito per i figli, traducendosi in ossessione, malattia e morte.

Mothers’ Instinct convince, ma lascia con l’amaro in bocca

Mothers' Instinct, Jessica Chastain in una scena del film, in camera da letto col figlio

Delhomme riesce ad aprire un varco nella mente dello spettatore che comincia a domandarsi dove finisca l’amore materno e inizi la psicosi. Il thriller riesce, seppure senza troppi colpi di scena, a tenere alta l’attenzione puntando soprattutto sull’insinuazione di dubbi e sospetti che rendono lo spettatore partecipante attivo della pellicola.

Nonostante i tanti punti di forza, il finale di Mothers’ Instinct lascia un che di amaro e di irrisolto, come se non fosse la fine che i personaggi meritavano. La giustizia finale viene disattesa. Non c’è nessun rovesciamento dell’azione e la vittima rimane vittima.


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Classe 2001, studia attualmente Editoria e Giornalismo a Verona. Una grande passione per la letteratura e divoratrice seriale di libri sin dall’infanzia, scopre poi la sua passione per la scrittura e per il cinema durante gli studi universitari. Ama i tramonti, la montagna e il buon cibo.

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