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Innamorati di Nanni Moretti: guida alla filmografia

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35 minuti di lettura

Nanni Moretti è autore, regista, attore, produttore, operatore culturale, è un intellettuale, un uomo di cultura impegnato anche politicamente, un personaggio che ha influenzato e interpretato gli accadimenti del nostro Paese sempre attraverso il mezzo che gli era più congeniale, la macchina cinema. Proviamo a offrire una guida alla sua filmografia, tenendo sempre ben chiari le costanti e i tratti più caratteristici, quel tipico morettismo ormai diventato canone, ma puntando l’attenzione anche sugli elementi di rinnovamento che ogni volta ha cercato di inserire all’interno dei suoi film.

Nanni Moretti, un cinema di parole

nanni moretti

Il cinema di Nanni Moretti è un cinema di parole, verboso, a volte addirittura logorroico, prolisso, però mai povero di intelligenza e immaginazione. Un cinema sintetico nell’impianto visivo, quotidiano nella scelta degli ambienti, povero nell’allestimento scenografico, quasi una presa diretta della vita stessa del suo regista. Questa maniera di intendere il cinema è per Nanni Moretti la possibilità di rappresentare la realtà così com’è, senza sovrastrutture, un modo per rispondere a una sorta di indole documentaristica, ma allo stesso tempo un’occasione di analisi psicoanalitica di sé stesso, della generazione a cui appartiene e per esteso dell’intera società.

Ogni suo film è la messa in scena di pensieri, dubbi, contraddizioni, vizi e virtù dell’Italia da lui abitata vista attraverso il suo sguardo che non è mai oggettivo, imparziale, anzi, è sempre il suo proprio personale che giudica senza remore il suo tempo, soffermandosi soprattutto sulla parte di società a cui appartiene, una certa borghesia romana di sinistra.

La sua arma è sempre un’ironia pungente che consente di mettere in atto una forte autocritica, di portare alla ribalta le contraddizioni di una generazione, la vacuità di personalità tutte italiane, mettere alla berlina l’intellettualismo reclamato, scavare nel profondo di sé e prendere in giro anche le proprie insicurezze, manie e ossessioni.

Nanni Moretti con il suo lavoro cinematografico ha attraversato la storia italiana dagli anni ’70 ad oggi, diventando e facendosi portavoce della crisi politica, culturale, istituzionale ma anche sociale e personale del nostro paese. Il suo inizio di carriera è segnato da un’indole fortemente polemica, quasi rivoluzionaria che lo porta a criticare la politica così come il cinema in voga in quel momento.

Gli idoli politici erano caduti, la sinistra a cui Moretti ha sempre dichiarato di appartenere era in crisi e lui ne contestava le decisioni e le azioni come disapprovava in maniera sprezzante il cinema della generazione precedente: Dino Risi, Mario Monicelli, Alberto Sordi, Lina Wertmuller. Negli anni dell’esordio Moretti rappresenta il giovane che disprezza il passato, vuole cancellare la tradizione per costruire dalle macerie un’Italia nuova, una sinistra nuova, un cinema nuovo.

E il cinema di Nanni Moretti sarà un cinema nuovo, ma rimarrà un unicum nel panorama italiano, la spiegazione sta probabilmente nel fatto che è legato in maniera molto forte, imprescindibile, alla sua persona, il cinema di Nanni Moretti è Nanni Moretti, anche quando, in pochissime occasioni, non vi compare in prima persona. Nasce Michele Apicella, alter ego del regista, che fa la sua prima apparizione nel film d’esordio Io sono un autarchico del 1976. È con Caro diario e Aprile che avviene l’abbandono dell’alter ego per una più completa e sincera presentazione e rappresentazione di sé stesso, fino a giungere con La stanza del figlio e Mia madre alla sparizione di Nanni Moretti a favore di altri personaggi che portano altri nomi ma che, però, a lui sempre rimandano e lui sempre ricordano.

Quello di Moretti è quindi sempre un cinema personale, egoriferito, una confessione, una messa a nudo di fronte allo specchio, un lavoro cinematografico che si sovrappone totalmente alla sua biografia. Molte sono le tematiche costanti che ritornano e rimangono presenti, ma probabilmente l’elemento centrale dell’intera filmografia morettiana è la parola, la sua celebrazione, la sua centralità, è lo stesso Moretti a dichiararlo: Le parole sono importanti.

Nanni Moretti si conferma negli anni un regista di monologhi, di dialoghi, di riflessioni interiori, un regista che ha riservato un’attenzione estrema nella scelta delle parole e nel loro utilizzo. Per ribadirne l’importanza basterà pensare alle moltissime citazioni che sono state estrapolate dai suoi film, una serie di frasi declamate una dopo l’altra che sono entrate direttamente nell’immaginario condiviso, talmente forti da divenire patrimonio comune, vivere un’esistenza autonoma al di là del film di appartenenza.

Da dove iniziare: Ecce bombo

ecce bombo nanni moretti

Titolo: Ecce bombo
Anno: 1978
Durata: 103′
Interpreti principali: Nanni Moretti, Piero Galletti, Maurizio Romoli, Giampiero Mughini

Ecce bombo attesta il successo di Nanni Moretti dopo il già acclamato esordio di Io sono un autarchico (1976) dove faceva la sua prima apparizione Michele Apicella, alter ego del regista che sarà il protagonista di tutti i film fino a Palombella rossa (con l’eccezione di La messa è finita, 1985). Michele Apicella è uno studente universitario e grazie a lui Moretti ha l’occasione di concentrarsi sulla nuova generazione di giovani di sinistra, quella post ’68, quella a cui appartiene lo stesso Nanni Moretti, ne esalta le contraddizioni, gli atteggiamenti da intellettualoidi impegnati ma al contempo sottolinea il vuoto intrinseco che ne pervade azioni, pensieri e riflessioni.

Evidenzia soprattutto la vacuità di questi giovani che hanno ormai perso la spinta rivoluzionaria della generazione precedente e che sono destinati a intraprendere solo azioni vane, come lo scimmiottamento delle sedute di autocoscienza in cui nessuno ascolta mai per davvero, simbolo dell’incomunicabilità che contraddistingue una generazione intera.

Film girato in 16mm e poi portato a 35mm per essere distribuito, segna l’inizio di un nuovo modo di fare e intendere il cinema, un cinema che si può facilmente definire essenziale, ridotto all’osso; Nanni Moretti propone una rottura generale con la tradizione, anche quella narrativa, del racconto: Ecce bombo, infatti, più che sembrare una storia assomiglia a una serie di episodi autonomi connessi l’uno all’altro da un sottile filo conduttore che è la tematica di negazione e critica del presente e della tradizione passata.

Le riprese sono soprattutto fisse, pochissimi i movimenti di macchina, un modo di riprendere e girare che sarà una costante anche nei film successivi, elemento utile a conferire l’importanza maggiore alle parole e ai dialoghi, il vero impulso al procedere dell’azione narrativa. È con Ecce bombo che nasce quello che successivamente è stato definito il morettismo, l’insieme dei tratti caratteristici di un autore che è subito riconosciuto come tale: la recitazione non naturalistica, la tendenza all’esasperazione linguistica, l’estetica semplice, un montaggio intelligente.

Ecce bombo è un coacervo di citazioni che hanno fatto storia e forse le due più iconiche sono il “giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose” pronunciato dall’amica di Michele Apicella, frase semplice ma in grado di rappresentare l’intera apatia e qualunquismo dei figli della media borghesia italiana, incapace di fare alcunché, o il “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?” che diventa frase simbolo di Michele Apicella stesso, perennemente ossessionato dalle sue insicurezze, paranoie e idiosincrasie.

Per innamorarsi: Caro diario

nanni moretti caro diario

Titolo: Caro Diario
Anno: 1993
Durata: 100′
Interpreti principali: Nanni Moretti, Renato Carpentieri, Antonio Neiwiller, Jennifer Beals

Il capolavoro riconosciuto di Nanni Moretti, il film della svolta ma anche quello in cui i suoi tratti più caratteristici, i suoi connotati specifici vengono più dilatati in profondità e spazialità. Con Caro diario gli attributi di Moretti diventano canonici. Moretti ha percorso un lungo viaggio che da Io sono un autarchico lo ha condotto a Palombella rossa in cui ha sviluppato la personalità di Michele Apicella, il personaggio di cui ha vestito i panni per 5 film e 13 anni, l’alter ego con cui si è identificato e si è fatto identificare, la maschera dietro cui si è nascosto, con Caro diario questa maschera viene abbandonata, i panni vengono dismessi, l’alter ego cessa di esistere e quello che rimane è solo, semplicemente, Nanni Moretti.

Il film prende la forma dell’autobiografia più pura, uno spazio, come sottolineato fin dal titolo, in cui esporsi in prima persona senza filtri, una confessione privata che assume una connotazione comune, condivisa, come sempre avviene in Moretti. Il merito del regista è sempre stato quello di riuscire a parlare di tutti parlando sempre e solo di sé stesso e in questo film è ancora più evidente essendo la dimensione personale così tanto enfatizzata.

L’idea iniziale era quella di realizzare un cortometraggio che diventerà poi il primo episodio di questo trittico, forse quello più identificativo di Moretti persona e personaggio, In vespa, in cui il nostro gira per le strade di una Roma deserta e assolata lasciandosi andare, come di consueto, a varie considerazioni e riflessioni, un lungo monologo in cui si racconta e disvela. La macchina da presa segue Moretti di spalle e la coincidenza con il suo sguardo è totale, così come la nostra identificazione col personaggio-autore.

Ma come detto Caro diario è un trittico (a rimarcare la struttura episodica sempre utilizzata da Nanni Moretti) una sorta di lungo saggio tematico diviso in tre capitoli: nel primo, In vespa, il regista esprime osservazioni quotidiane sulla città, sulla vita politica e culturale italiana e sul suo rapporto con il cinema; se nei film precedenti Moretti non si era trattenuto nel dare voce a invettive contro registi italiani come Alberto Sordi o Lina Wertmuller, ora si abbandona a un omaggio muto ma estremamente sentito, quello a Pier Paolo Pasolini, quasi un riconoscimento di appartenenza a un certo tipo di cinema.

Il secondo capitolo, Isole, è ambientato alle Eolie, emerge lo snobismo e l’insofferenza di Moretti che si abbandona a riflessioni sulla famiglia, i figli, il consumismo, la televisione.

Il terzo e ultimo capitolo dal titolo Medici affronta il percorso che Moretti ha dovuto affrontare dalla diagnosi alla guarigione della sua malattia, un tumore al sistema linfatico, un ricalco dell’esperienza realmente vissuta dal regista, in cui, per usare le parole dello stesso Moretti, nulla di questo capitolo è inventato.

Come al solito per i film di Nanni Moretti, anche Caro diario regala citazioni indimenticabili come “Spinaceto, pensavo peggio”, ma il suo valore lo si ritrova soprattutto nel lavoro di messa in scena operato da Moretti, nell’essere riuscito a realizzare un’opera narrativa che di narrativo ha ben poco, nella compresenza unica tra immagini e parole, nella messa a nudo di una personalità ben precisa che diventa specchio, come sempre, di una generazione, di una parte di società. Il film è stato premiato con il premio per la miglior regia al Festival di Cannes del 1994.

Per andare sul politico: da Palombella rossa a Il caimano, fino a Santiago, Italia

nanni moretti palombella rossa

Titolo: Palombella rossa
Anno: 1989
Durata: 89′
Interpreti principali: Nanni Moretti, Asia Argento, Remo Remotti, Silvio Orlando, Alfonso Santagata, Claudio Morganti, Mario Patanè, Mariella Valentini, Imre Budavári

In Palombella rossa Michele Apicella, giovane che frequentava i centri sociali, è diventato un funzionario del PCI che a causa di un incidente stradale ha perso la memoria. Ma Michele Apicella non è solo un politico, è anche un giocatore professionista di pallanuoto, ed è proprio una partita di pallanuoto che si dispute per l’interezza del film, una partita lunghissima, infinita e surreale. Il film è del 1989, anno cruciale per la storia del mondo e della sinistra, è l’anno della caduta del muro di Berlino e l’anno della crisi del PCI che dalla svolta della Bolognina (di quell’anno) porterà allo scioglimento del Partito e alla sua confluenza nel Partito Democratico della Sinistra.

La perdita di memoria del protagonista è allegoria della crisi d’identità del Partito Comunista Italiano, del suo aver dimenticato le proprie origini e la propria storia. La critica mossa dal regista verso la sinistra italiana fin da Io sono un autarchico diventa con questo film una denuncia dichiarata a un Partito che ha perso la propria identità, così come il protagonista stesso. La riflessione di Nanni Moretti ha radici profonde esemplificate nel film attraverso flashback, spezzoni presi dal suo primo cortometraggio girato in Super8, La sconfitta, del 1973, come la spiegazione del perché sia diventato comunista.

Ad essere sottolineati ora sono le contraddizioni e gli aspetti più ambigui e deboli della sinistra, i conflitti tra le diverse fazioni interne, le lotte per il potere, i compromessi a discapito della fedeltà all’ideologia originaria. Ma la crisi (e la conseguente fine) di un grande partito, di un’ideologia, in fondo, non riguarda solo la politica ma anche la persona singola, l’uomo che da quella ideologia e da quel partito si era visto rappresentato e a cui aveva legato in maniera molto forte la propria identità, un individuo senza più certezze, senza più fiducia nel presente o nel futuro perché tradito dal proprio passato.

In Palombella rossa Moretti riesce quindi a unire le tre passioni principali della sua vita: il cinema, la pallanuoto e la politica. Il film è importante perché oltre ad avere al centro la tematica politica e la pallanuoto è anche un film sul linguaggio, vera costante di tutte le opere di Moretti, qui sottolineata da un’altra delle frasi entrate nella memoria collettiva: “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!”.

Il caimano nanni moretti

Titolo: Il Caimano
Anno: 2006
Durata: 112′
Interpreti principali: Nanni Moretti, Silvio Orlando, Margherita Buy, Jasmine Trinca, Michele Placido, Elio De Capitani, Paolo Sorrentino, Paolo Virzì, Tatti Sanguineti, Jerzy Stuhr, Matteo Garrone, Valerio Mastandrea

Nel 2006 Moretti realizza un film dichiaratamente politico fin dal titolo, Il caimano. Moretti sente il dovere morale di realizzare il proprio film su Silvio Berlusconi, tema già parzialmente affrontato in Aprile, del 1998, ma che qui acquista maggior completezza. Lo schieramento di Moretti è noto fin dall’inizio e non viene mai nascosto. L’espediente narrativo è quello di fare un film che parli della realizzazione di un film su Berlusconi, questo consente a Moretti di riflettere e parlare anche sullo stato del cinema contemporaneo, destreggiarsi tra diversi livelli di realtà, immaginazione, film nel film e sceneggiatura che si mischiano e si confondono.

Ovviamente, però, il vero focus del film è la figura del politico impersonato da quattro attori diversi: Elio De Capitani, sosia berlusconiano che rappresenta il momento dell’ascesa del politico soprattutto nei momenti di immaginazione della sceneggiatura, Michele Placido, attore che dovrebbe rappresentare Berlusconi nel film che si sta realizzando, che si dedica soprattutto al lato più frivolo e vanesio, lo stesso Silvio Berlusconi fa la sua comparsa attraverso spezzoni di interventi reali pubblici inseriti nel film (si sono scelti alcuni tra i momenti più iconici e controversi che hanno scatenato diverse polemiche). Infine è Moretti stesso a vestire il ruolo di Berlusconi scatenando spaesamento negli spettatori, quasi timore per questo lato più calcolatore, populista e manipolatore senza scrupoli.

Il caimano è sostanzialmente una riflessione sull’era Berlusconi, una riflessione sull’Italia del tempo, sul fenomeno personale, sociale e mediatico di un personaggio che nel bene e nel male ha segnato un intero periodo, e non solo politicamente.

santiago italia nanni moretti

Titolo: Santiago, Italia
Anno: 2018
Durata: 80′
Interpreti principali: testimoni cileni

Santiago, Italia è un documentario realizzato da Nanni Moretti nel 2018 che fin dal titolo traccia un percorso che si dipana, non solo nello spazio ma anche nel tempo, tra due coordinate precise, Santiago, in Cile, e l’Italia, nel 1973 e nel presente. Moretti parte dal triennio 1970-73 in Cile, ricorda attraverso filmati d’epoca e testimonianze l’elezione democratica del marxista-leninista Salvador Allende, dei suoi tentativi di istituire uno stato socialista, per arrivare, infine, al colpo di stato militare che destituì e portò alla morte di Allende e alla conseguente instaurazione del regime totalitario di Augusto Pinochet.

I protagonisti delle interviste, tutti sostenitori di Allende più due ex-militari, ricordano le persecuzioni che sono seguite al colpo di stato, le torture, la prigionia e gli omicidi che vennero commessi a Villa Grimaldi e nello Stadio. Sempre affidandosi alle parole degli intervistati il documentario punta l’attenzione anche sul ruolo di aiuto e sostegno rivestito dell’Italia. Molti perseguitati, infatti, trovano rifugio all’interno delle mura dell’Ambasciata Italiana che li ospita e li protegge per poi farli fuggire dal Cile e farli arrivare in Italia. Le persone ricordano l’accoglienza che hanno ricevuto, la solidarietà e l’appoggio che hanno trovato.

Nanni Moretti realizza un documentario dall’apparenza semplice, basato totalmente sul montaggio delle testimonianze e dei ricordi delle persone intervistate, a volte inserti di filmati d’epoca e qualche domanda da lui posta fuori campo, un documentario che parla di un tempo passato ma che è in grado anche di parlare dell’Italia di oggi. Rievocando il ruolo rivestito in passato, spontaneo è il confronto con il presente in cui è assente la partecipazione verso i problemi e le difficoltà che colpiscono altri Paesi, in cui non viene dato aiuto e supporto a chi lo chiede e ne ha estremamente bisogno.

Parlando sempre al passato Moretti insiste sul presente, lo critica fortemente e prende posizione di denuncia. Nel documentario compare solo una volta, durante l’intervista a uno dei due ex-militari che si dichiara innocente e vittima perché convinto di sostenere un’intervista imparziale, “Ma io non sono imparzialerisponde Moretti, ed è sufficientemente eloquente.

Per andare sul personale: Aprile

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Titolo: Aprile
Anno: 1998
Durata: 78′
Interpreti principali: Nanni Moretti, Silvio Orlando, Silvia Nono, Pietro Moretti, Agata Apicella Moretti, Daniele Luchetti

Nanni Moretti realizza Aprile nel 1998, dopo Caro diario e i due film vengono spesso accostati per vicinanza di intenzione, di strumenti e di tematiche. Moretti impersona ancora sé stesso ma fa un passo ulteriore andando ancora più a fondo nell’ambito intimo e personale. Aprile è quel tassello che unisce i film autobiografici di Moretti con quelli più politici, è il film in cui questi due aspetti, sempre presenti nelle opere del regista, raggiungono un equilibrio e una compresenza perfetta.

Moretti si concentra sul periodo tra il 1994 e il 1996, periodo che inizia con la vittoria politica di Berlusconi e la conseguente sconfitta della sinistra, continua con la crisi della sinistra (vero leitmotiv della sua filmografia) per concludersi con la vittoria del centro-sinistra di Romano Prodi nel 1996.

Nel frattempo il regista Moretti pensa alla realizzazione di un documentario sulla situazione politica e sociale dell’Italia, progetto che verrà alternato a quello di un musical su un pasticcere trotzkista (idea già preannunciata in Caro diario). Quindi personale e politico si alternano e influenzano, Moretti sempre attento partecipatore e commentatore della politica italiana sente il desiderio di riflettere sulla situazione di crisi e incertezza del suo Paese, ma al contempo è lui stesso a essere incerto, in crisi, tanto da accantonare il progetto di un documentario, quindi un’opera di ripresa fedele del reale, per un’opera totalmente di finzione, un musical, un artificio, una via di uscita dalla realtà.

Ma la vita personale di Moretti prende ancora di più il sopravvento sull’aspetto politico, l’attesa e la nascita del figlio assorbono il regista in maniera totale, ribadendo quanto il tratto autobiografico, il racconto del sé, sia sempre più prevalente sulla riflessione socio-politica. Aprile è Nanni Moretti concentrato, è un distillato dei suoi tratti migliori accostati, anzi mischiati, per creare un equilibrio perfetto. C’è la sua solita caustica ironia, il sarcasmo, le paranoie, le ossessioni, le manie, i dialoghi e i monologhi memorabili.

La vita privata e quella pubblica (quindi politica) si intersecano non solo all’interno del film, Aprile è opera del suo tempo a tal punto che ci ricordiamo gli avvenimenti politici in relazione alle scene del film e quindi con il commento di Moretti stesso. Iconica in questo senso la scena iniziale, l’annuncio della vittoria di Berlusconi alle elezioni del 1994, dato in televisione da Emilio Fede, Moretti che assiste alla trasmissione con la madre e deluso, amareggiato, si accende una canna enorme, parallelo evidente con il barattolo di Nutella gigante presente in Bianca.

O ancora l’inettitudine e l’incapacità di agire della sinistra racchiusa in maniera estremamente brillante e significativa nella supplica sofferta rivolta a D’Alema: “D’Alema, di’ una cosa di sinistra! Di’ una cosa anche non di sinistra, di civiltà! D’Alema, di’ una cosa, di’ qualcosa, reagisci!“.

Per sperimentare: La stanza del figlio e Mia madre

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Titolo: La stanza del figlio
Anno: 2001
Durata: 99′
Interpreti principali: Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Sofia Vigliar, Silvio Orlando, Stefano Accorsi, Claudio Santamaria

Titolo: Mia madre
Anno: 2015
Durata: 106′
Interpreti principali: Nanni Moretti, Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini

Nel 2001, dopo il duetto Caro diario e Aprile, Moretti cambia di nuovo registro, una svolta che è davvero notevole, il cui tratto più significativo è la scomparsa di Moretti persona e la presenza unicamente di Moretti attore. È la fine dell’autobiografismo, della narrazione diaristica, del racconto in prima persona, Moretti ora propone solo storie di finzione e non un racconto della propria esistenza.

La svolta avviene con La stanza del figlio, un successo di pubblico e di critica che gli valse anche la Palma d’oro a Cannes e prosegue con Mia madre del 2015 (in mezzo ci sono Il caimano e Habemus Papam, due film ancora diversi ma in un altro modo ancora). È in Mia madre che troviamo davvero il senso di questa coppia di film, nelle parole pronunciate da Margherita Buy, alter ego femminile di Moretti, quando invita i suoi attori a far sentire l’attore accanto al personaggio, invito di brechtiana memoria.

È un gioco nuovo quello messo in opera da Moretti in questi due film, una sfida e un esperimento; fino a quel momento, infatti, il suo cinema si era identificato con lui, lui era il suo cinema, la sua persona, fisica e proiettata, era il fulcro, ora, seppur lui sia presente fisicamente, non impersona sé stesso, non è Michele Apicella e non è Nanni, è un’altra persona, un personaggio inventato, ma pensato e creato su di lui. Accogliendo l’insegnamento di Bertold Brecht, Moretti propone una riflessione, o metariflessione: accanto al personaggio noi riconosciamo l’attore (Moretti) e siamo quindi continuamente portati a chiederci dove finisca uno e dove inizi l’altro.

L’attore non si identifica più completamente con il personaggio, cosa che nei precedenti film di Nanni Moretti avveniva in maniera totale, ma gli sta accanto, appunto, consentendo a noi spettatori di riconoscere l’attore e il personaggio. Ma se Brecht pensava che lo spettatore non dovesse entrare nel dramma e immedesimarsi col personaggio, ma dovesse osservare il dramma, confrontarlo con la vita e operare un ragionamento critico, Moretti va in un’altra direzione.

Raccontando due storie fortemente emotive riesce a catturare il coinvolgimento dello spettatore che si trova a riconoscere sé stesso e la propria esperienza nelle storie raccontate. L’esperimento tentato da Moretti era rischioso e complicato ma si può dire conseguito, ha tentato di smarcarsi dal suo solito ruolo e porsi accanto al suo personaggio senza scomparire del tutto stimolando una riflessione nello spettatore che allo stesso tempo si ritrova coinvolto emotivamente grazie a due storie dal forte portato emotivo.

Da non dimenticare: Bianca

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Titolo: Bianca
Anno: 1984
Durata: 96′
Interpreti principali: Nanni Moretti, Laura Morante, Roberto Vezzosi, Remo Remotti, Vincenzo Salemme, Dario Cantarelli

Bianca è un piccolo gioiello nella filmografia di Nanni Moretti, perfettamente in linea con gli altri per le tematiche quali la difficoltà di integrarsi nella maggioranza, l’impossibilità alla felicità e l’incomunicabilità perenne, ma contraddistinto da un tratto surreale estremamente spiccato. Il protagonista è il solito Michele Apicella che questa volta è un professore di matematica del liceo affetto da assurdi comportamenti voyeristici e maniacali: è solito infatti osservare vicini e amici, coppie che stanno insieme per studiarne i modi di fare e le abitudini registrando per iscritto i risultati.

Ciò che sta a cuore al nostro sembra essere la felicità e stabilità di queste coppie, si arrabbia molto, infatti, quando un rapporto finisce e vuole ossessivamente sapere le motivazioni; il perché è presto spiegato, Michele Apicella vorrebbe innamorarsi e vivere un rapporto sano, felice ed appagante ma ne è incapace. Quando, infatti, incontra Bianca rinuncia alla possibilità di quel rapporto per la paura di soffrire.

È ovvio che Moretti si sia divertito a giocare con citazioni cinefile e approfondire tratti fantastici per dare vita a una grande metafora surreale sull’incapacità dell’uomo moderno di vivere in maniera completa la sua vita, tema che ritorna spesso anche in altri film di Nanni Moretti. Bianca riprende la struttura episodica costruita su scene autonome concatenate tra loro dei film precedenti di Moretti, anche la negazione di una narrazione continua e fluida contribuisce a dare profondità al tema affrontato. Tra le scene più iconiche del film ricordiamo un Michele Apicella insonne intento a mangiare da un barattolo di Nutella assurdamente grande per cercare di compensare la mancanza di affetto.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

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