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Oscar 1973, 50 anni dalla cerimonia più scandalosa dell’Academy

8 minuti di lettura

I premi Oscar 1973 rappresentano nel bene e nel male un passaggio essenziale per non dimenticare l’ipocrisia di ieri e quella che permane tutt’oggi. Quella di ieri, il 1973 appunto, più marcata e rigorosamente meschina; quella di oggi camuffata invece da finto perbenismo, che va a intaccare in realtà scelte prettamente socio-politiche.

La 45a edizione degli Oscar presentava due forti contendenti, ciascuno con un grosso pacchetto di nomination: Cabaret di Bob Fosse, con 10 nomination, e Il Padrino, di Coppola, con 11 e dato per favorito. Ogni pronostico viene però ribaltato: a dominare è proprio il film di Fosse, che ottiene 8 premi Oscar, mentre il capolavoro di Coppola deve accontentarsi di sole 3 statuette, tra le quali però quella per il Miglior film e quella per il Miglior attore protagonista.

Oscar 1973, una serata da dimenticare

OSCAR 1973, Il Padrino

Il 27 Marzo 1973 è una data ormai ben impressa nell’immaginario collettivo dei cinefili, anche se l’Academy ricorderà quella serata come uno dei punti più bassi di tutta la sua storia. La cerimonia infatti è stata costellata di scandali di ogni tipo, la maggior parte riguardano proprio il capolavoro di Coppola:

  • Il primo tra tutti, e anche il più celebre ricordo dell’evento, riguarda la figura divistica di Marlon Brando, che vinse il premio come Miglior attore protagonista grazie alla sua interpretazione di Don Vito Corleone nel film Il Padrino. Brando tuttavia rifiutò il premio, motivando le sue azioni col trattamento discriminatorio riservato dall’industria cinematografica ai nativi americani e mandando sul palco al suo posto Sacheen Littlefeather, un’attivista di origini apache, con un documento di 15 pagine che però le venne impedito di leggere.

  • Sempre dello stesso film e sempre di assenza parliamo, nel caso di Al Pacino, che montò una polemica per la sua candidatura a Miglior attore non protagonista. L’attore infatti percepì tale candidatura come un’ingiustizia, poiché il collega Marlon Brando, che ha uno screen time inferiore al suo in Il padrino, aveva ottenuto la candidatura a Miglior attore protagonista. Al Pacino pensò così di non presentarsi alla serata degli Oscar del 1973, in segno di protesta per quella che era, a detta sua, una decisione presa solo ed esclusivamente come tributo alla carriera di Brando.

  • A concludere questa trilogia di scandali riguardanti il film Il Padrino, ci fu quello circa la colonna sonora. Particolare è la genesi del brano più famoso del film, Love theme: il compositore italiano Nino Rota aveva riutilizzato il tema da lui composto per il film Fortunella. La parodia, rallentata e riorchestrata rispetto all’originale, ebbe straordinario successo, ma questa sorta di autoplagio fece discutere e portò alla revoca della nomination all’Oscar per la Miglior colonna sonora. Rota vinse il premio l’anno successivo, con Il Padrino parte II.

  • Infine, il premio Oscar per la Miglior colonna sonora fu assegnato a Luci della ribalta, diretto da Charlie Chaplin. Il film, del 1952, fu proiettato a Los Angeles solamente dal 1972 a seguito delle accuse sulle presunte simpatie comuniste di Chaplin.

Oscar 1973, l’America dietro lo spettacolo

Oscar 1973, Piccola Piuma

La notte che per l’Academy si è trasformata in un incubo mediatico, rimase impressa nella memoria principalmente a causa del rifiuto del premio da parte di Brando, l’evento più risonante della cerimonia, che va a sottolineare gli atteggiamenti razzisti della bella Hollywood. Il rifiuto di Marlon Brando e il razzismo nei confronti dell’attivista apache restano, ancora oggi, monito di un’America dalla bella facciata ma che in realtà ha difficoltà a riconoscere le minoranze.

Piccola Piuma, è questo lo pseudonimo dell’attrice nativa americana apache Marie Louise Cruz che salì sul palco per volere di Marlon Brando, e che, davanti alla platea di Hollywood, rifiutò per conto del divo l’Oscar come Miglior attore protagonista. A Piccola Piuma era stato chiesto da Brando di non toccare la statuetta e leggere una lettera, ma dal produttore dello spettacolo Howard Koch arrivò il contrordine di non parlare per più di 60 secondi. Se lei fosse andata oltre quel tempo limite, Koch avrebbe allertato la sicurezza per farle lasciare il palco anche con la forza se fosse stato necessario.

Le reazioni alle dichiarazioni di Piccola Piuma non si limitarono ai fischi dalla platea. La giovane nativa americana venne anche insultata con finti ululati, offese che spaziavano dal razzismo alla misoginia. Venne anche minacciata di arresto e di aggressione fisica, e pare che tra coloro che avrebbero voluto aggredire fisicamente la ragazza ci fosse anche l’amatissimo e iconico attore John Wayne, trattenuto a stento dietro il palco. In seguito, in puro stile dittatoriale, il governo federale minacciò di chiudere qualsiasi talk show o produzione che intendesse ospitare o dare lavoro a Piccola Piuma.

L’episodio probabilmente più indecoroso (ma probabilmente più sincero) dell’Academy è stato poi “abbellito”, 50 anni dopo, dalla lettera di scuse scritta dall’ex presidente dell’Academy, David Rubin, nei confronti di Piuma. L’attrice, oggi 75enne, non ha potuto fare altro che riderci su: le scuse sono arrivate decisamente troppo tardi.

Di seguito riportiamo il contenuto della lettera indirizzata recentemente a Piccola Piuma:

Oggi, quasi 50 anni dopo, e con la guida dell’Academy’s Indigenous Alliance, siamo fermi nel nostro impegno a garantire che le voci indigene, i narratori originali, contribuiscano in modo visibile e rispettato alla comunità cinematografica globale. Ci dedichiamo a promuovere un’industria più inclusiva e rispettosa che sfrutti un equilibrio tra arte e attivismo per essere una forza trainante per il progresso. Ci auguriamo che riceva questa lettera in uno spirito di riconciliazione e come riconoscimento del vostro ruolo essenziale nel nostro viaggio come organizzazione. Sarete per sempre rispettosamente radicati nella nostra storia.

David Rubin, Presidente Academy of Motion Picture Arts and Sciences.

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