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Paprika e il potere del sogno (vent’anni dopo)

8 minuti di lettura

A quasi vent’anni dalla sua uscita, Paprika, l’ultima opera di Satoshi Kon, torna nei cinema italiani. Presentato in anteprima alla 63ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2006, questo film d’animazione rappresenta forse la summa del pensiero del maestro giapponese, un viaggio tra sogno e realtà che continua a sorprendere e affascinare.

Paprika, la visione di Satoshi Kon

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L’umanità rappresentata da Satoshi Kon, regista, sceneggiatore e fumettista, è sempre vista nei suoi aspetti più problematici; le paranoie e i traumi che le persone vivono nel loro intimo ricoprono un ruolo di primo piano nella narrazione, soprattutto nel modo in cui condizionano i loro pensieri, comportamenti e relazioni. La società giapponese è descritta in maniera molto critica, così come i media, di cui viene evidenziato il peso che ricoprono all’interno della stessa società e il potere che hanno di manipolare e influenzare le persone, oltre che di distorcere la realtà.

Attraverso un modo di narrare che non è mai lineare o scontato, ma al contrario sfidante, frammentato e sviluppato su più piani, sia temporali che mentali, Kon realizza narrazioni in cui la realtà, l’immagine mediatica, il pensiero dei personaggi, la loro fantasia, le loro ansie, paranoie e i loro sogni, si confondono e si sovrappongono in continuazione fino ad arrivare a non sapere più distinguere cosa sia reale e cosa sia finzione.

Paprika è l’ultima opera realizzata da Kon, forse anche la più facilmente approcciabile da parte del pubblico popolare, non perché meno complessa e strutturata delle precedenti, ma perché il tema centrale è chiaro da subito e da subito è dichiarata la mescolanza tra il mondo dei sogni e il mondo reale. In altre opere, come nello splendido Perfect blue del 1997, questa sovrapposizione è più celata e indecifrabile ed è difficile districarsi all’interno delle paranoie e allucinazioni della protagonista.

Ma proprio per questo, Paprika può essere l’occasione per molti di avvicinarsi al lavoro di questo autore e scoprire altri tasselli, come Paranoia agent, serie animata del 2004 composta da 13 episodi in cui, attraverso una rappresentazione introspettiva e a tratti surreale, viene esplorata la fragilità della mente umana, distorta dal potere dei media e dai pensieri oscuri di ognuno.

Paprika a parole

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Come accade per i sogni, cercare di spiegare Paprika a parole rischia di sminuirne la potenza. La trama è semplice e, anche se incuriosisce, non rende appieno la grandezza e la meraviglia che è davvero questo film d’animazione: un’opera totalmente visiva, che nelle immagini ha la sua forza più grande.

Tratto dal romanzo omonimo di Yasutaka Tsutsui, uno dei più grandi autori di letteratura fantascientifica giapponese, Paprika è ambientato in un futuro prossimo in cui un gruppo di scienziati ha inventato un dispositivo, il DC Mini, che permette di visionare, registrare e viaggiare all’interno dei sogni della persona che lo indossa; il dispositivo è stato inventato a scopo curativo, e messo a disposizione della psicologia, per poter sanare le paranoie e i traumi dei pazienti. Le cose si complicano quando uno dei dispositivi viene rubato da un terrorista che lo usa per fondere i sogni delle persone in un unico incubo collettivo capace di sostituirsi alla realtà stessa.

Paprika parla di sogni, e come i sogni è bellissimo e straniante. L’universo rappresentato non è reale e non è sogno, è un livello altro che risulta al contempo pauroso e orribile perché incomprensibile, terribile perché incontrollabile, e affascinante perché suggestivo e ammaliante. Solo Paprika, ragazza in grado di viaggiare all’interno dei sogni degli altri, può farsi largo nell’accumulo di immagini e suggestioni e condurre al loro scioglimento.

Paprika, Freud e l’inconscio

È impossibile non collegare Paprika alle teorie di Freud. Il filosofo austriaco, infatti, sosteneva che i sogni sono una manifestazione dell’inconscio, in cui desideri repressi e traumi possono emergere in forma simbolica, e che la rimozione dei filtri dell’Io, ossia della parte razionale, possa portare a psicosi o allucinazioni.

Kon porta questa idea all’estremo e crea un’esperienza cinematografica che sfida la percezione dello spettatore così come i sogni sfidano la logica della coscienza. La narrazione stessa sfugge alle regole tradizionali per immergersi nel linguaggio onirico delle immagini, rendendo per questo Paprika un film puramente visivo, perchè solo attraverso le immagini è possibile rappresentare tutto questo.

Paprika in immagini

paprika, frame del film

“C’erano anche cinque dame, che danzavano sulle note della musica delle rane. Il vortice di carta riciclata era veramente uno spettacolo! Sembrava computer grafica, altroché! A me non piacciono i budini in technicolor e i borghesucci snob, è un fatto risaputo anche in Oceania! Credo sia arrivato il momento di tornare a casa, a contemplare un limpidissimo cielo azzurro. I coriandoli cominceranno a danzare davanti ai cancelli del tempio, il frigorifero e la cassetta postale guideranno il corteo! I controllori delle date di scadenza non fermeranno la parata trionfale, niente e nessuno potrà fermarla! Dovranno inchinarsi davanti alla grandezza dei righelli a triangolo! Sì, perché questa parata è stata fortemente voluta dai bambini della terza elementare, quelli col teleobbiettivo! Presto, venite avanti tutti insieme, sono il governatore dei governatori!”

La sequenza della parata, delirante e grottesca, incarna perfettamente lo spirito di Paprika. Kon trasforma il linguaggio del cinema in un flusso visivo barocco e strabordante, in cui ogni immagine è carica di riferimenti nascosti e suggestioni psicologiche.

Il film è strutturato come un sogno, con un montaggio fluido ma discontinuo, con accostamenti surreali e una logica onirica che sfida la razionalità. Il risultato è un’opera che cattura e ipnotizza lo spettatore, immergendolo in un universo tanto affascinante quanto inquietante. Se da un lato Paprika può essere letto come un thriller fantascientifico in cui lo scopo è fermare il cattivo, dall’altro è un’opera d’autore che esplora la potenza dell’immagine.

Kon non si limita a realizzare un film sui sogni: Paprika è un sogno, un incubo stupendo in cui perdersi.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

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