Se posso permettermi – Capitolo II è il cortometraggio di Marco Bellocchio, realizzato nell’ambito del corso di alta formazione Bottega XLN – Fare Cinema di Piacenza e presentato nella sezione Fuori Concorso di Venezia 81. Nel cast, oltre a Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi nel ruolo dei protagonisti, compaiono nomi come Rocco Papaleo, Edoardo Leo, Fabrizio Gifuni e Pier Giorgio Bellocchio.
La figura di Fausto, tra Bobbio e le mura di casa
La storia di Fausto comincia nel primo capitolo di Se posso permettermi del 2019: il titolo deriva proprio dall’espressione con cui Fausto introduce le sue osservazioni non richieste e spesso inopportune. Questa è la caratteristica principale dell’uomo: per tutta la durata del corto lo vediamo aggirarsi per le strade di Bobbio intento a osservare e a dispensare consigli.
Fausto conosce l’animo umano e riesce a capire con uno sguardo cosa si nasconde dietro un volto triste, una camminata incerta, un gesto involontario. Ma è anche un uomo molto introverso e impacciato, incapace di comunicare con gli altri senza risultare bizzarro e fuori luogo.
In Se posso permettermi – Capitolo II Fausto non gira più per le strade del paesino: sono passati tre anni ed è rintanato in casa, intimorito dal mondo esterno che bussa alla sua porta con insistenza. Dalla morte della madre l’uomo e subissato di debiti: con il farmacista, con il fruttivendolo, con l’edicolante, e perfino con la signora Barbara, la domestica che si prendeva cura della madre e che adesso bada a lui.
Ma le responsabilità aumentano, e la realtà insiste nel fare breccia alla sua torre fatta di sogni e di libri: tutti vogliono che Fausto si sistemi e si trovi un lavoro. A partire dalla stessa domestica, poi il comandante dei carabinieri, il prete, persino un uomo bizzarro che gli propone di trasformare quella casa in una dimora per i defunti della famiglia sfrattati dal cimitero. Tutti arrivano alla porta del protagonista con proposte di lavoro (o di matrimoni riparatori). Ma c’è un piccolo problema: Fausto, in fin dei conti, non è proprio «nato per lavorare».
Il gioco delle parti
«Se posso permettermi – capitolo II è un commiato triste e divertente (spero che lo sia) da una casa in cui ho vissuto tanti anni della mia vita (dall’infanzia) e dove ho girato tante volte (è la casa dei “Pugni in tasca”). Dove ritrovo ancora una volta le fotografie degli zii morti giovani. Pascoli incombe. Un commiato definitivo (lo sarà?) di un uomo, Fausto, che sono un po’ io, mio fratello Alberto, mio fratello Piergiorgio, tutti i miei fratelli e sorelle e i miei figli Pier Giorgio ed Elena. Diversamente dal pascoliano Fausto abbiamo però tutti bene o male lavorato e lavoriamo ancora, pur avendo abbondantemente superato l’età di pensione.» – Marco Bellocchio
Se posso permettermi – Capitolo II è velato da un’ironia malinconica tipica del cinema di Bellocchio, un «commiato triste e divertente» come definito dal regista di Esterno notte: il personaggio di Fausto è il ritratto tragicomico di un uomo incapace di cambiare la sua esistenza, prigioniero inerme della casa materna popolata dai volti degli antenati. Fausto non guarda al futuro e non vuole farlo: si rifugia nel passato, affidabile e immutabile, nei libri di Dante, Petrarca e Boccaccio.
Una figura che suscita risate ma in cui possiamo anche rispecchiarci: la sua inettitudine, il suo sentirsi inadeguato, il suo voler vivere solo di quel che ama e il rifiutarsi di accettare il mondo cosi com’è, seppur portati al parossismo, sono sentimenti molto comuni che lo spettatore riconosce e può comprendere.
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