Stolen è un thriller indiano diretto da Karan Tejpal e già presentato a Venezia 80. L’intero film è basato sui frequenti casi di cronaca riguardanti i rapimenti di bambini in India: siamo in una stazione ferroviaria, una donna dorme su una panchina con la figlia, delle mani si avvicinano e le sottraggono la bambina. In questa stazione, terreno neutrale in cui si incontrano persone provenienti da diverse classi sociali, la donna, Jhumpa (Mia Maelzer), incontra due fratelli borghesi, Gautam (Abhishek Banerjee) e Raman, (Shubham) che alla fine la aiuteranno a cercare sua figlia.
Casi del genere sconvolgono continuamente l’India contemporanea, e Karan Tejpal vuole raccontarlo. In India, infatti, il rapimento di bambini è comune: scompaiono circa 50.000-60.000 bambini l’anno, e nelle aree rurali tutto ciò avviene letteralmente tramite app di messaggistica come WhatsApp o altri social media. Questo è quello che succede a Jhumpa. Con Stolen, Karan Tejpal si focalizza appieno sulla realtà del suo Paese, per afferrarne ogni criticità: la polizia negligente, violenta e corrotta, ma anche i video fake e le imputazioni online che mettono poi in pericolo i due fratelli e la giovane madre Jhumpa.
In Stolen, due indie diverse che collidono
Stolen adotta, in principio, uno sguardo più politico-sociale per esaminare la vicenda: i due fratelli rimangono impelagati nelle lente e reticenti indagini della polizia che non credono a Jhumpa. Se non ci fossero stati i due uomini, nessuno avrebbe indagato per conto di lei. Da notare che all’inizio Gautam è riluttante ad aiutarla, al contrario di Raman, che appare più propenso a capire cosa si nasconde dietro questo strano rapimento.
Ogni momento di Stolen riflette sulla suddivisione in classi e sul privilegio dei più abbienti, elementi che in India creano ancora una divisione netta fra le persone. In un Paese dove fino al 1947 esistevano ancora le caste, Jhumpa non viene ascoltata perché è povera. Al contempo, Gautam non si vuole immischiare nelle sue vicissitudini perché ricco, dunque privilegiato. In un territorio così eterogeneo e dove la giustizia non esiste, i tre diventano capri espiatori per gli abitanti delle zone rurali che, dopo aver visto un video fake sulla notizia, credono che i veri rapitori siano proprio loro.
Una violenza smodata e uno stile serrato
La violenza che Jhumpa, Raman e Gautam vivono è esorbitante e alienante per lo spettatore. Tejpal mostra chiaramente quanto l’intero Paese si mantenga in bilico su degli equilibri sottili, mostrando che cosa succede quando qualcuno cerca di ribellarsi per seguire la propria verità: tutto improvvisamente sprofonda nel caos.
La prima parte di Stolen ha un ritmo regolare: si scopre il rapimento e si segue il movimento dei poliziotti, svogliati e perditempo, che tutto fanno fuorché indagare seriamente sul caso. Poi, improvvisamente, ci ritroviamo catapultati tra sequenze action che si susseguono una dopo l’altra, rendendo il ritmo più veloce e il montaggio serrato. La macchina da presa si muove liberamente, mentre i tre protagonisti combattono per la loro vita perché sono diventati la valvola di sfogo per tutti coloro che vivono ai margini.
Karan Tejpal riesce a dare spazio a tutti i temi che decide di trattare, ma qualche volta si lascia andare e calca la mano durante sequenze d’azione. A lasciare un po’ l’amaro in bocca, il finale che svela un plot twist non necessario e fin troppo soverchiante, specie dopo tutto il caos a cui lo spettatore è sottoposto in precedenza.
Stolen è un film indiano, ma resta completamente estraneo al cinema di Bollywood che conosciamo un po’ tutti. Il thriller svela parti dell’India che di rado si vedono al cinema e – tra qualche sequenza pop forse ridondante – Tejpal riesce nell’intento di far conoscere un fenomeno poco noto a livello globale attraverso una storia esemplare. La storia di due fratelli che alla fine concordano nell’aiutare Jhumpa in modo che lei ritrovi sua figlia, ma purtroppo pagano con la scoperta di tutti i meccanismi nascosti dalle classi più ricche per mantenere i loro privilegi.
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