Dopo un mese d’attesa che pareva interminabile, The Glory-parte 2 è arrivata su Netflix con gli ultimi otto travolgenti episodi. Scopriamo i motivi per cui, nonostante il calo finale di adrenalina e un epilogo che potrebbe non convincere al cento per cento, la serie ha saputo appagare e intrattenere con stile senza mai snaturarsi e senza ricorrere a insensatezze.
Dove eravamo rimasti?
Grazie al supporto di pochi fedeli alleati il progetto di vendetta di Moon Dong-eun sembra procedere come previsto, mentre la misteriosa scomparsa di Son Myeong-ho desta i sospetti della polizia e mette in agitazione i suoi cosiddetti amici. Ma quando Park Yeon-jin scopre il suo nascondiglio e potenzialmente le sue prossime mosse, Dong-eun dovrà sforzarsi di non vacillare e sfruttare la situazione a proprio vantaggio.
The Glory-parte 2, l’euforia dell’atto finale
Tra ciò che le vittime hanno perso cosa pensi che possano riconquistare? Solo la gloria e la dignità, nient’altro.
Joo Yeo-jeong, The Glory-parte 2
Si ricomincia esattamente da dove eravamo rimasti, come dopo un lungo intermezzo precedente la ripresa di quel match di Go, e quasi senza accorgersi che un mese pieno è passato ci si ritrova ad assistere alle azioni decisive il cui peso grava sia sul corpo che sui nervi dei giocatori. Prova di questa perturbazione degli equilibri una Moon Dong-eun che più volte perde la sua freddezza e sopperisce alle mostruosità del passato, costretta suo malgrado ad ascoltare il ruggito delle ferite.
Rispetto ai primi otto episodi della serie, The Glory-parte 2 non rappresenta uno stravolgimento, ma qualcosa è evidentemente cambiato: sempre più carte scoperte e scheletri negli armadi, sempre più ombre che spingono le ante per liberarsi e un numero crescente di obbiettivi da colpire. Alcuni ben lieti di rispondere alle offensive, altri incapaci di controbattere e bloccati in uno stato di resilienza, altri ancora inconsapevoli di essere manovrati e ridotti a esanimi burattini del teatrino.
Si intuisce che la fine è sul punto di arrivare perché in The Glory-parte 2 i più deboli commettono passi falsi, si concedono piccole disattenzioni che potrebbero costare molto più di quanto non sembri, si abbandonano alla rabbia successiva all’errore; persino il piano perfettamente scritto risente della durezza del tratto di penna, di sbavature dovute al sudore e alla mano pesante.
In The Glory-parte 2 il concetto di vendetta assume tutto un altro spessore evolvendo in missione che non appartiene a uno solo, ma è quanto di più simile a un ideale collettivo che nasce dalla comprensione profonda e si alimenta assorbendo sangue e risentimenti. Proprio questo concetto trova conferma nell’evoluzione del rapporto tra Dong-eun e Joo Yeo-jeong, di cui la vendetta stessa è fonte di nutrimento e che solo alla fine di tutto si concede di sbilanciarsi senza mai privarsi di questa intrinseca, malata ambiguità.
L’amore mescolato a senso del dovere, tanto forte da impedire a The Glory-parte 2 di mettere in scena un atto finale spettacolare (per quanto ingiusto), dando spazio all’alternativa più favolistica, meno di impatto, ma comunque soddisfacente. Tutto per sottolineare come la vendetta di qualcun altro sia importante quanto la propria se alimentata da giuste ragioni, quasi avesse il potere di dare significato ad un’esistenza da tempo svuotata dei suoi perché.
L’espiazione e la gloria
La seconda parte di The Glory è decisamente all’altezza della prima, e si arricchisce di punte di terrore e scelleratezza che lasciano lo spettatore pervaso da un profondo, saziante senso si giustizia. La serie è un euforico percorso in discesa la cui destinazione, ovvia ma inevitabile, serve a validare un’idea ben precisa: la cattiveria annidata in profondità si aggrappa e prolifera come un virus, ma il bisogno di vendetta è più pervasivo e perseverante se nutrito con la giusta motivazione.
Perché quando un’anima è così nera non c’è pentimento che tenga, né bontà divina che possa cancellare la azioni deplorevoli compiute a danno di altri. A volte solo la vendetta riesce, se non a dare la pace, a confortare le vittime con la consapevolezza che se anche il destino non agisse in modo efficiente l’uomo potrebbe benissimo intervenire in sua vece.
Proprio in questo consiste la gloria di chi subisce, dimostrare che nonostante tutto non ci si spezza. Quale vita poi si conduca infondo è irrilevante, perché che si tratti di vendetta o misericordioso perdono nessuna scelta condurrà sulla via della guarigione.
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