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Itaca-Il ritorno, l’Odissea umana di Uberto Pasolini

14 minuti di lettura

Ultimamente si sta facendo molto rumore attorno al progetto di Christopher Nolan su The Odyssey, la sua trasposizione cinematografica dell’Odissea che debutterà nelle sale cinematografiche nell’estate del 2026 con un cast stellare che vede coinvolti, fra i tanti, Matt Damon nel ruolo di Ulisse, re di Itaca, Zendaya, Tom Holland e Robert Pattinson. Fra il cast e l’impiego della tecnologia IMAX per regalare agli spettatori un’esperienza immersiva, questo film – le cui riprese sono appena iniziate – si preannuncia essere l’ennesimo capolavoro del regista britannico dopo il grande successo di Oppenheimer.

Tuttavia, nelle sale è arrivato recentemente un film che senza queste grandi tecnologie, ma comunque con un cast molto valido, che vede il candidato ai prossimi premi Oscar come miglior attore protagonista per Conclave Ralph Fiennes, Juliette Binoche e Claudio Santamaria, che si è confrontato con il viaggio di Ulisse in maniera molto valida. Si tratta di Itaca-Il ritorno (The Return in lingua originale), film diretto da Uberto Pasolini e scritto insieme a John Collee e Edward Bond, scomparso lo scorso anno.

Itaca-Il ritorno, la trama

Itaca-Il ritorno si apre con uno schermo nero con delle scritte bianche, atte a contestualizzare la storia che già conosciamo. Ci troviamo in un tempo remoto alla fine di una guerra, c’è una donna che attende il ritorno del marito e un figlio che cerca il proprio padre che non ha mai conosciuto. Stiamo parlando naturalmente di Penelope (Juliette Binoche) e Telemaco (Charlie Plummer), che vivono in un’Itaca occupata dai Proci pronti a impossessarsi dell’isola sposando la moglie di Ulisse (Ralph Fiennes) – re di Itaca partito anni prima per la guerra di Troia – che fa e disfa la tela cercando di tardare il momento di questa scelta difficile sperando in un ritorno del marito.

Ralph Fiennes in una scena di Itaca-Il ritorno

Nel mentre, assistiamo alla vista di un naufrago nudo, logoro, con delle cicatrici in volto: si tratta di Ulisse, qui chiamato Odisseo. Quest’ultimo, a differenza del poema omerico, non è travestito da mendicante, bensì è invecchiato, è sporco, non recita nessun ruolo e non deve ingannare nessuno. È un uomo che si affaccia su una nuova vita, la vita di un reduce di guerra che torna a casa, ma la vede cambiata e non la sente più sua.

Come nel poema omerico, ad accogliere Odisseo è il custode dei maiali Eumeo (Claudio Santamaria), che accoglie quello che inizialmente percepisce come un vero straniero e che, a differenza del poema, riconoscerà ben presto essere il suo vecchio re. Odisseo si rende conto che la guerra lo ha profondamente cambiato, che “la guerra è ovunque, in tutto ciò che tocca e vede” e “aspetta che le dia di nuovo vita“. In questa Odissea senza eroi e divinità, il protagonista compirà un viaggio e un ritorno interiore che mette alla prova quel barlume di umanità che ancora gli è rimasto dopo la guerra di Troia.

L’Odissea della mente di Itaca-Il ritorno

A leggere le note di regia di Uberto Pasolini, Itaca-Il ritorno nasce non soltanto come omaggio del regista all’epica omerica, ma anche per fare qualcosa che la cinematografia prima d’ora non è mai stata in grado di fare, ovvero rendere giustizia alla storia del ritorno di questo soldato alla sua terra, a sua moglie e a suo figlio. L’intento di Pasolini qui è preciso: regalare una visione umana e toccante di un uomo che torna da un viaggio che lo ha segnato per sempre.

Sempre nelle note, Pasolini parla di un’Odissea della mente che consegna agli spettatori il lato più umano della vicenda omerica: “Trattandosi di una storia di ritorno e di redenzione dalla guerra, il mio interesse è sempre stato non tanto per l’elemento del fantastico delle peregrinazioni di Odisseo, quanto più per il ricongiungimento dei personaggi alla fine del viaggio. Quindi, pur conservando alcuni dei momenti più iconici dell’epopea di Omero, la nostra è un’Odissea della mente, senza viaggi, senza mostri, senza dei, il percorso di una famiglia che trova il modo di riunirsi contro gli ostacoli esterni ma, soprattutto, contro quelli del proprio cuore.”

Ralph Fiennes come Odisseo in Itaca-Il ritorno

Il regista romano, dunque, ci presenta una storia di verità umana che si cela dietro quell’antica storia ereditata, trovando nelle figure mitiche esseri umani come noi. Dietro a Odisseo, Penelope e Telemaco ritroviamo, dunque, chi ha vissuto gli orrori della guerra in prima persona e coloro che hanno subito indirettamente la guerra per l’assenza e la perdita dei propri cari e che cercano di fare i conti con lo smarrimento che quest’ultima ha procurato loro.

Significativo in questo senso è l’uso che Pasolini fa della cinepresa, che quasi spesso inquadra il volto di Odisseo in primo piano, alle volte di profilo con lo sfondo sfocato, alle volte che guarda in camera. Quest’ultima ripresa coinvolge direttamente lo spettatore, quasi ad avvisarlo del fatto che Odisseo sia uguale a chiunque altro, e che la vicenda che ha vissuto lui la vive, l’ha vissuta e la potrà vivere chiunque.

In ogni caso, gli occhi malinconici e stanchi di Odisseo ci chiedono di ascoltare e di osservare attentamente questa sua Odissea interiore in quanto è un viaggio universale per ogni uomo e ogni donna che è rimasta coinvolta da qualsiasi conflitto.

I parallelismi fra Itaca-Il ritorno e l’Odissea

Sono tanti, dunque, gli aspetti che Pasolini ha cambiato rispetto all’epopea omerica. In primo luogo, è del tutto assente l’eroismo di Odisseo: qui non c’è nessuna divinità che lo guida, si trova da solo ad affrontare i propri demoni e i propri pensieri, a ricucire il suo rapporto perduto con la propria famiglia e a riacquistare la fiducia del suo regno.

Ci ritroviamo, pertanto, di fronte a un misto dell’Ulisse omerico che si è spinto oltre i suoi limiti e ha conosciuto gli orrori della guerra e il vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge. Anche l’Odisseo di Pasolini è un sadder and wise man, un uomo più saggio, più triste e dunque smarrito – e il paragone è calzante se pensiamo a quanto detto sul volto di Odisseo- al punto tale da non ricordare più i volti dei suoi vecchi compagni. Quando si sopravvive agli orrori è il vuoto che rimane dentro di noi.

Ralph Fiennes in una scena di Itaca-Il ritorno

L’Odisseo che ci presenta Pasolini non usa travestimenti, non ha il favore degli dèi e non è più l’uomo di carisma di una volta: è un uomo invecchiato dalla guerra e reso estraneo alla propria isola, al punto che deve ingurgitare la sua terra per ritrovare un contatto con essa. È un uomo che, una volta che rivelatosi al proprio figlio, trova iniziale diffidenza e odio da parte del ragazzo, a causa dell’abbandono dovuto alla guerra che di eroico non ha avuto nulla.

Altri importanti parallelismi riguardano gli altri personaggi dell’Odissea. Il più evidente è quello di Eumeo, che nella fonte originaria non riconosce subito Odisseo e che qui assume una profondità insolita che non troviamo nel poema omerico, diventando una sorta di voce della coscienza di Odisseo e mediatore del rapporto con suo figlio Telemaco. Quest’ultimo, invece, è un ragazzo che, se nel poema omerico si dimostra comunque risoluto nella ricerca del padre, qui è mostrato in tutta la sua fragilità, dovuta all’assenza di riferimenti paterni e crisi di identità.

Al contrario del poema omerico, una certa profondità l’assumono anche i personaggi di Laerte e Penelope. Il primo, ad esempio, va incontro al suo tragico destino all’inizio di Itaca-Il ritorno invece che alla fine del film, quasi a voler rappresentare come la guerra da un lato diventi devastante perfino per i propri affetti, e dall’altro non abbia timore a disfarsi di ciò che appartiene al passato.

Penelope, che continua a tessere e disfare il sudario per il suocero, assume anche lei grande profondità psicologica, lacerata fra la protezione di un figlio, l’incertezza del ritorno del proprio amato e il bisogno di voltare pagina una volta per tutte.

Itaca-Il ritorno, ricordare e dimenticare

Proprio Penelope è il personaggio che porterà Odisseo alla ricerca del perdono per aver abbandonato la propria isola per una guerra senza senso. Non avendolo in primo luogo riconosciuto e credendolo un veterano di guerra compagno del marito, Penelope consegna al marito le riflessioni più struggenti di Itaca-Il ritorno: “perché gli uomini vanno in guerra, perché bruciano le case altrui, perché stuprano, perché massacrano donne e bambini, non sono felici con le loro famiglie?”

Ralph Fiennes come Odisseo e Juliette Binoche come Penelope in Itaca-Il ritorno

Penelope viene vista semplicemente come donna priva di ogni potere, simbolo di tutte quelle donne che a causa degli orrori della guerra hanno perso tutto e tutti. Odisseo, invece, che non ha il coraggio di controbattere subito alle domande della moglie, è simbolo di coloro che hanno paura di non essere mai perdonati, che sanno di dover convivere con i fantasmi dei morti in guerra e trovano difficile liberarsi dagli sbagli commessi e dagli errori vissuti, in quanto la guerra continuerà ancora a essere parte di loro.

Penelope, dunque, da semplice regina e moglie devota al proprio marito diventa espressione del dissenso di chi non vuole la pace attraverso la guerra e il sangue, di chi non ritiene giusto che si faccia il male per restaurare il bene. La donna, inoltre, è colei che è disposta a perdonare, a porgere l’altra guancia, a intraprendere un cammino di riconciliazione, in cui riconosce il travaglio del marito e quest’ultimo, così come noi spettatori, riconosce la sua sofferenza. Solo così si può sperare nella pace: nel riconoscere l’universalità della sofferenza.

Itaca-Il ritorno: un Ulisse che si fa umano

Per riprendere le parole usate da Uberto Pasolini nelle sue note “I miti sopravvivono perché sono storie avvincenti, credibili e incredibili allo stesso tempo. I loro personaggi sono più grandi della vita ma anche, in sostanza, umani”. Itaca-Il ritorno ci dimostra ancora una volta quanto siano ancora attuali e contemporanei i miti, riscrivendo un’Odissea piena di vinti impegnati a muoversi fra le macerie della propria anima.

Odisseo potrà pure riprendersi il trono di Itaca, ma di eroico non avrà più nulla: alla fine sarà un uomo come tanti, che ha creduto sarebbe stato dolce e decoroso morire per la guerra e la patria, per poi notare che in fin dei conti la guerra è solo disumanizzante, al punto da coinvolgere anche chi ci sta attorno, e da riempirci il corpo di cicatrici sia esterne che interne, ferite dell’anima che non guariranno più.


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Laurea magistrale in Lingue e Letterature Europee ed Extraeuropee presso l'Università degli Studi di Milano con tesi in letteratura tedesca e allievo dell'edizione 2021 del Master "Il lavoro editoriale" della Scuola del Libro.
Crede fortemente nel fatto che la letteratura debba non solo costruire ponti per raggiungere e unire le persone, permettendo di acquisire nuovi sguardi sulla realtà, ma anche aiutare ad avere consapevolezza della propria persona e della realtà che la circonda

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