Venezia79 fa lunari, e come una finestra azzurra concede rifugio all’errante temerario. F. Wiseman, classe 1930, veterano documentarista, azzarda nella cornice del Lido una fiction ragionata e scritta in solitaria, circondato dalla campagna francese nei temibili mesi di pandemia. Un couple, presentato in concorso nella 79ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il 1° settembre, è la scommessa del cineasta giocata sul complesso, anticonvenzionale rapporto affettivo tra lo scrittore Lev Tolstoj e sua moglie, Sòf’ja, interpretata da Nathalie Boutedeu.
Marito e moglie dal 1862, il marcato divario anagrafico non ne frena lo slancio, lo esalta e condensa piuttosto in una prole affollata, di tredici figli, frutto del sentimento carnale di lui, e dell’ambizione spirituale di lei. A legarli, l’ossessiva, retroattiva gelosia di lei, custode di libidinosi segreti, e quella di lui, sospettoso di ogni frequentazione.
Con ricerca maieutica, l’opera di Wiseman è a tratti nostalgicamente documentaristica nel conferire nitidezza alla conversione di consapevolezza di Sòf’ja, unica protagonista (Boutedeu è anche co-sceneggiatrice), ritratta mentre vaga sulla costa della Bretagna.
Distribuito in Francia, A couple uscirà il 19 ottobre, con Météore Films, e sarà distribuito internazionalmente dalla The Party Film Sales.
Sòf’ja Tolstoj, il disamore oltre la sensualità
Consapevole e maturo è l’amore che muta, si osserva, si redime dall’errore e lenisce l’anima di chi ne condivide il magma. Sofia Tolstoj (Nathalie Boutedeu) è seduta, nella mano destra una penna, fioca al bagliore della candela eppur nitida nell’esplorazione del suo sentimento alla cesura. Nella compassione ragionata della propria relazione, ora logora, Wiseman ritrae la consunzione dell’amore tra Lev Tolstoj e sua moglie, Sofia, coniugi da trentasei anni, padre e madre di una prole numerosa. Complici redattori di un diario di vita, le lettere scritte durante la convivenza diventano sottotesto narrativo per la presa di coscienza di Sofia, memorie a cui la donna, ormai anziana, riporta il pensiero nella vivisezione analitica di un sentimento appassito.
La disfunzionalità del rapporto, exemplum contemporaneo quanto universalmente umano, emerge nel racconto di una vita spesa alla ricerca del compromesso, distillato tra incompatibilità e necessaria riconciliazione. Dal monologo di Sofia si innervano immagini senzienti, diapositive di un legame edificato sulla condivisione, di rado empatico, condotto al disamore nella metaforica rappresentazione di una fiamma al suo torpore.
Incipit ed epilogo si ricongiungono nel climax ascendente di una donna ora consapevole, all’apice ossimorico del declino sentimentale, immersa nella bucolicità di una natura indulgente, lontana dall’inumanità.
Wiseman documentaristico: una conversazione
Il soggetto di Un couple è la risultante di una conversazione, un dialogo che Wiseman e Nathalie, co-sceneggiatrice del lungometraggio, hanno condotto attorno alle condizioni d’esistenza della vita di coppia, alla condivisione della libertà, degli spazi, della legittimità della creazione autonoma propria di ciascun essere umano: i diari di Sofia hanno condensato e delineato i contorni di questa relazione, carnale quanto epistolare, rivelando – oltre la caratura letteraria di lui – l’inclinazione artistica e creativa di lei, autrice di memorie per oltre sessant’anni, dalla maggiore età alla morte.
L’esistenza di Sofia è rimasta confinata al suo linguaggio, al suo racconto, all’impressione della sua penna non divulgata, finestra sulla condizione di una donna, compagna in ombra di un coniuge di fama. Sofia non rinnega la sua presenza, costante supporto all’eccedenza del marito, piuttosto si fa emblema di una disfunzionalità sentimentale, fin troppo contemporanea, che vira indiscutibilmente in favore della dittoriale oscurità umana.
Tradurre visivamente un monologo riflessivo concorda con la squisita predilezione del cineasta al taglio documentaristico del lungometraggio (solo 64′), nell’esaltazione della sola figura di Lei, avversa al giudizio degli indifferenti, unica protagonista di uno stream of consciousness che è riscatto per l’insoddisfazione del compromesso.
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