Presentato in concorso nell’80ma edizione della Mostra di Venezia, Holly di Fien Troch non raccoglie consensi in sala stampa. “Nel corso degli anni ho collezionato molte idee per scene che non ho potuto usare nei film precedenti. Così è arrivata l’idea di una comunità che reagisce a un incendio scoppiato in una scuola”. Holly è una ragazza ordinaria investita di un dono speciale dalla stessa comunità: l’intento della regista era quello di unire diverse storie per raccontare tutti i modi in cui è possibile reagire a un trauma.
Holly, il miracolo confuso di Fien Troch
La quindicenne Holly (Cathalina Geeraerts) non è molto popolare a scuola, i suoi unici amici sono la sorella e Bart, un ragazzo problematico che i bulli della scuola hanno preso di mira. Una mattina, Holly ha un brutto presentimento e chiama la scuola per informarli che resterà a casa. Lo stesso giorno a scuola scoppia un incendio violento in cui rimangono uccisi molti minori. La comunità si stringe per affrontare insieme il dolore, e intrigata dalle strane premonizioni di Holly – chiamata da tutti “la strega” – la investe di una responsabilità troppo grande da portare sulle spalle.
Sono infatti convinti che Holly sia, in qualche modo, collegata con l’aldilà e dotata di poteri curativi. Presto, però, quello che è un dono si trasforma nell’occasione per la ragazza di guadagnarsi una vita migliore, sfruttando la sua energia catartica per aiutare persone che pretendono molto da lei.
Una storia senza nucleo né struttura
“Cos’è il bene e cosa significa fare del bene”, questa la domanda che ha spinto la regista, Fien Troch, a raccontare una storia di carità e gentilezza. “Spesso mi sono domandata cosa posso fare nella vita per aiutare qualcuno”, dice Troch, soprattutto in una città grande come Bruxelles dove ci si confronta con la durezza tipica della strada. Il personaggio di Anna, a capo dell’associazione di volontariato che si occupa di organizzare iniziative per i più bisognosi, rappresenta la stessa regista, seppur con una deriva pedante.
Senza spingere eccessivamente sul taglio religioso, Holly è una riflessione sull’incidenza delle credenze popolari sulla collettività indagata in una situazione traumatica. Questo, purtroppo, solo nelle premesse, perché il film della Troch manca di intensità, empatia, nucleo e struttura, anche nella confezione. Non attecchiscono i protagonisti, i loro drammi personali, i loro bisogni. È una vetrina di dolore incapace di spaccarsi. Peccato, perché l’incipit suggeriva e prometteva forse un esito più convincente.
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